L’Italia migliore: HAUNTED – Dayburner

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A due anni dal debutto omonimo tornano i Catanesi Haunted, che nel 2016 gettarono la bomba su una scena ipersatura di stoner/toker/psych/occult/salcazzo/doom, meritando davvero i plausi di molti (ed entrando nelle playlist di alcuni di noi qua a MS) e ci deliziarono con un album genuinamente pesante e ispirato come non se ne sentivano da un po’. In un mondo in cui chiunque si sente autorizzato ad abbassare l’accordatura e suonare lento, pesto e fuzzed è talvolta difficile scansare il prodotto inutile e trovare la vera gemma, ma credetemi, date un ascolto a Haunted e vi troverete a scapocciare con un teschio in mano senza manco accorgervene.

E questa opera seconda non fa assolutamente eccezione. Gli elementi che avevano reso il precedente un gran bel disco ci sono tutti, ad iniziare dalla bellissima voce, spettrale e suggestiva, di Cristina Chimirri, non la solita voce femminile messa là per fare effetto ma una cantante dalle doti indiscutibili e con un’ottima tecnica. I riff? Che ve lo dico a fare. Sono la colonna portante dell’opera, e non vorreste mai che finissero nel loro incedere minaccioso e sinistro, anche in pezzi di una lunghezza importante, come le splendide Orphic e Vespertine.

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L’effetto del lavoro qua svolto è ipnotico e vi spinge ad ascoltare rapiti le liriche evocate da Cristina, come nella title-track, che dopo la suggestiva introduzione acustica ci regala una pietra tombale di riff che va avanti per i rimanenti nove minuti senza mai stufare ma incantando l’ascoltatore. E la differenza col debutto è proprio questa: laddove Haunted era molto pragmatico e decisamente riff-oriented, Dayburner si fa più evocativo e oscuro. Non fraintendetemi però, la fiamma del culto del riff è sempre accesa e le cadenze colpiscono laddove devono colpire in maniera più che efficace.

Di conseguenza la lunghezza è aumentata rispetto all’esordio ma non fa alcuna differenza, anzi, meglio. I pezzi sono più strutturati  e maturi e fatemi aggiungere che, ora come ora gli Haunted sono meglio anche dei Windhand. Pochi cazzi. Su questo ci siamo trovati d’accordo anche con l’esimio collega Ciccio, che condivide con me l’apprezzamento per gli etnei, e che scrisse quanto ribadisco io qua sopra in passato a proposito del debutto. Affermazione che sottoscrivevo anche allora, del resto.

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Sorprendente dunque il livello raggiunto, che fa al momento dei siciliani uno dei capisaldi del doom europeo, ed è per questo che meritano tutto il supporto possibile, perché una formazione come questa non può mancare nei grossi festival di genere come, per citarne uno a caso, il Roadburn. Che la voce arrivi al curatore della prossima edizione affinché il duro lavoro venga premiato e gli Haunted possano raccogliere sempre più consensi, che comunque meritano ampiamente.

L’album lo trovate su Bandcamp e vi invito calorosamente a dargli un ascolto e possibilmente a comprarne una copia fisica (che tristezza l’emmepitre da scaricare). Soprattutto perché gli Haunted meritano il vostro sostegno, come ogni band valida, al di là della nazionalità e del senso di appartenenza. É un discorso oggettivo, il mio.

Restate sintonizzati perché a giorni potremmo approfondire il discorso con i diretti interessati. (Piero Tola)

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