La finestra sul porcile: BOHEMIAN RHAPSODY


Fra il 1990 e il 1992, e più o meno in coincidenza con l’uscita del secondo Greatest Hits, i miei mi bombardarono in maniera massiccia con le canzoni dei Queen. Nonostante non me li sia filati per molti degli anni più recenti, è soprattutto la band di Brian May e Roger Taylor che devo ringraziare se in questo momento mi sto ascoltando i Goatwhore. Sono stati i primi in assoluto a introdurmi alla musica rock, questo prima delle giornate davanti a MTV e di ogni possibile cassetta doppiata da amici o compagni di classe.

Non pochi anni fa hanno annunciato il film sui Queen, oppure su Freddie Mercury, non si capiva bene. C’era dentro Sacha Baron Cohen, effettivamente ci stava tutto ma era oggettivamente un po’ troppo alto per interpretare il loro frontman mantenendo un certo senso di credibilità. Ripensando poi alla caratterizzazione dei suoi personaggi in Borat o Bruno, e associando il tutto al cantante dei Queen, è ovvio che nel 2018 sarebbe tutto quanto andato a monte.

Il biopic sui Queen con Sacha Baron Cohen è come lo slogan che trovi alle casse di un noto supermercato per la casa: ti è piaciuta la busta gialla? Prendine una blu, o viceversa. Hai voglia di vederlo? Okay, te ne facciamo subito un altro, ma passeranno anni e nel frattempo potrete anche riprovare ad ascoltare The Cosmos Rocks (per il sottoscritto, due tentativi mai giunti fino all’ultima traccia). La faccenda saltò per motivi di sceneggiatura, anche se la produzione e gli stessi Brian May e Roger Taylor in un certo senso continueranno a negare all’infinito: la pellicola avrebbe potuto, oppure dovuto, porre come punto di partenza il Live Aid e quindi la formazione inglese all’apice della celebrità. Per poi affrontare la scoperta della malattia di Freddie Mercury – che comunicò agli altri tre solo nel periodo di The Miracle – e il suo lento declino fisico. Dunque la morte del cantante avvenuta nel 1991, e per una metà abbondante di film, i Queen rimasti privi del loro insostituibile punto di riferimento.

A Sacha Baron Cohen l’idea di crepare a metà film non piacque, insistette sulla possibilità di spostare l’ordine cronologico dei fatti in fase di montaggio, un po’ alla Tarantino diciamo, e il concetto non passò. L’altro motivo che ha messo in fuga il protagonista de Il dittatore (un filmetto molto politically correct e che ho sopportato a fatica), è che in pratica l’attore inglese voleva forzare parecchio la mano sulla vita privata di Mercury e sui suoi vizi: ripeteva che c’erano stati festini con nani che portavano su e giù, per le scale di casa sua, vassoi pieni di cocaina e insomma, figuriamoci se in un blockbuster celebrativo un produttore si prende la responsabilità di sollevare polveroni simili, su argomenti simili, nel 2018. Personalmente sarebbe stato interessante un film sui Queen che non conosciamo: impossibile soprattutto per la mancata affinità di John Deacon coi loro nuovi progetti, ma ancor più perché non avrebbe incassato. Non sarebbe stato il blockbuster di cui tutti avevano bisogno e che, devo ammetterlo, è fortunatamente uscito.

Ho idealizzato per mesi che avrei visto una merda di film: il protagonista non mi piaceva per niente perché era un po’ troppo magrolino, mentre Joseph Mazzello nella parte del bassista della band mi ricordava troppo il dirigente dell’ A.C. Milan, Leonardo, rammentandomi quanto stanno giocando male da un decennio abbondante. E la cosa mi fa male. In realtà gli attori sono stati scelti benissimo, anzi l’interpretazione di Rami Malek è sicuramente di buon livello. Il punto è che sono finito in sala letteralmente turbato da quelli che erano stati i giudizi, e gli spoiler dei miei conoscenti nei giorni precedenti la visione: Il signore degli anelli che si ripeteva, con i suoi “ma non c’è Tom Bombadil” o “hanno dedicato poco spazio agli Ent“.

Gente devastata dal fatto che il discografico che boccia Bohemian Rhapsody come singolo apripista di A Night At The Opera, in realtà non è mai esistito. Che poi si tratta di un fatto realmente avvenuto, perché un singolo di sei minuti pieni proprio non andava giù, ma il concetto è stato qui accentuato e romanzato con l’ausilio della figura immaginaria di un Mike Myers che scimmiotta una scena di Fusi di testa, e lo fa alla grande. E poi Mercury scoprì di avere il virus molto tempo dopo il Live Aid, e lo disse ai compagni di formazione solo due anni prima di morire. Qua glielo dice, punto, perché concludendo nel 1985 sarebbe stata tagliata fuori la drammaticità che ne è derivante. La band ci viene mostrata praticamente sciolta, dopodiché si riforma – altra cosa mai avvenuta – e Freddie conosce la sua fidanzata lo stesso giorno in cui incontrerà chitarrista, bassista e batterista, mentre in realtà l’avrebbe conosciuta quando era già piuttosto celebre. Ma esattamente, che cazzo ve ne frega di tutte queste cose? Bohemian Rhapsody è un ottimo blockbuster, anzi mi ha proprio risollevato il morale dalle varie paturnie derivanti dagli ottomila Marvel o DC Comics che escono ogni anno, e che prevedono alleanze per salvare il mondo e un perfido traditore che sappiamo quale fine farà.

La risposta al delirio dei fan dei Queen, che in parte capisco perché probabilmente volevano un documentario coi controcazzi e non un film, l’ho trovata sul web quando mi è effettivamente venuto il dubbio che Freddie Mercury non fosse a conoscenza della malattia quando era salito sul palco di Wembley per quei pochi ma indimenticabili minuti. Ho trovato un forum con un post di questo tizio, che ha indagato sul cantante per tutto il periodo compreso fra il 1983 e il 1987, e minuziosamente ne ha ricomposto gli spostamenti in lungo e in largo per l’Europa cercando di capire perché alcuni concerti fossero stati annullati, e chi l’avesse infettato. In poche parole uno psicopatico seriale, il cui post è stato acclamato da tutti coloro che gli avevano risposto, come se si trattasse di una di quelle sette religiose in stile Jim Jones che alla fine si suicidano ascoltando il tremendo Hot Space, tanto per rimanere in tema.

Bohemian Rhapsody è un film uscito bene nonostante le annesse difficoltà di realizzazione, su tutte il regista Bryan Singer (lo stesso de I soliti sospetti) licenziato in tronco dopo che, nel pieno delle riprese, a un certo punto era scomparso per circa una settimana. Gioca su un sacco di aneddoti reali, come il fatto che la celebre canzone che lo intitola Freddie Mercury avesse iniziato a idearla e comporla da molto tempo, oppure il concetto che i Queen fossero una band da singoli: scherzano sulle loro canzoni più brutte, quelle che mi costringono ancora oggi ad affermare che solitamente in un loro album, riesco a farmene piacere due, tre, forse quattro. Ma l’avete sentito per intero News Of The World? Non è lontanamente considerato fra i più brutti e parte con due colossali cavalli da battaglia, ma dopo c’è della roba agghiacciante la’ dentro. Eppure, tolti i singoli, le tournèe, la classe e la personalità delle varie individualità, sono dei Queen album pazzeschi come Sheer Heart Attack, o più in generale il periodo dei primi Settanta, ma anche i recenti A Kind Of MagicInnuendo. Ma quando avevano per le mani solo un paio di pezzi accettabili, non c’era niente che impedisse loro di tirar fuori un album.

Quali reali difetti ha la pellicola? Mi soffermerò su di uno soltanto: il Live Aid. Sì, il fattore donazioni partì parecchio al rallentatore specie al mattino, e Bob Geldof non sapeva più dove sbattere la testa da quel che ho capito. In Bohemian Rhapsody viene riprodotta parecchio bene la loro esibizione, e vedi che il Mondo intero inizia a donare quattrini come un vero forsennato proprio in risposta alle varie Radio Ga Ga o We Are The Champions. I Queen sono stati acclamati negli anni come il gruppo che in quel 1985 suonò meglio di chiunque altro sul palco di Wembley, mentre sul fronte americano lo show si tenne a Philadelphia (presenti i Judas Priest e pure i Black Sabbath con Ozzy Osbourne, il che fece gridare alla reunion un po’ tutti, ma alla fine fecero Seventh Star con Glenn Hughes!).

Andate a leggervi la lista degli artisti partecipanti, andate a guardarvi qualche spezzone di concerto: non c’erano gli ultimi degli idioti là sopra. Insomma, un sacco di artisti che personalmente non ho mai cacato di striscio, ma comunque Elton John, Bryan Adams, componenti dei Rolling Stones, Dire Straits, e perfino i Tears For Fears che diedero buca all’ultimo minuto. Giusto porre l’accento sull’importanza dei Queen, inizialmente nemmeno previsti in scaletta, ma una minima menzione per gli altri stronzi che hanno messo insieme qualche nota ci poteva pure stare. E infine, ci tengo a ribadirlo perché sono un cinico bastardo, subito dopo il Live Aid l’associazione Medici senza frontiere aveva messo in guardia Bob Geldof circa la situazione politica dell’Etiopia: occhio a mandare i soldi laggiù. Una buona parte di quei milioni, alla fine fu impiegata nell’acquisto di armi per le milizie locali. La cronologia di Bohemian Rhapsody si ferma al 1985, ma ogni volta che sento parlare di Live Aid e tante altre cose simili, mi si raggela il sangue. (Marco Belardi)

 

 

9 commenti

  • Concordo sul valore del film e tutto il resto..meglio così che una sorta di documentario!

    Due cose, però:

    – “News of the World” è uno dei loro album più dignitosi proprio togliendo i due singoloni
    – Si sentono i Dire Straits in sottofondo prima che loro salgano sul palco

    P.S.: Anche per me son stati la prima VERA band.
    P.P.S.: C’è già chi ipotizza che, visto il successo, verrà realizzato il seguito proprio partendo dall’idea iniziale.

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  • Bravo Belardi come sempre, però davvero, News of the world non lo puoi dire che sia brutto. Jazz è brutto forte, Hot space molto peggio.

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  • Io dopo il film mi sono visto un po’ di esibizioni del live aid: cazzo, quando i 3 led zeppelin rimasti sono apparsi sul palco lo stadio di philadelphia stava per venire giù. … è venuta la pelle d’oca anche a me…

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  • Lo sono andato a vedere iera sera quasi per caso, visto che lo facevano al cinemino sotto casa e fuori pioveva. Non sono un fan dei queen, sebbene sono stati l’unica cosa che ascoltavo nella mia infanzia, prima che i Metallica mi aprissero gli occhi nel 91. Il film e’ un blockbuster, ma tuttosommato piacevole e sentire un po dei loro pezzi piu famosi fa sempre bene. Niente per cui strapparsi i capelli, ma hi passato una buona serata.

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  • Carino, ma 4 Oscar sono troppi.

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