Avere vent’anni: MORBID ANGEL – Formulas Fatal to the Flesh

Il motivo per cui a me è piaciuto Kingdoms Disdained e gli altri ne sono rimasti grossomodo indifferenti è probabilmente da ricercare nel mio amore folle verso i primi due dischi dell’era Tucker, cioè questo e il successivo Gateways to Annihilation. E nonostante mi piacciano chiaramente tantissimo anche quelli con David Vincent alla voce, alla fine è sempre a Formulas che torno. Tra Domination e Formulas c’è stato qualcosa nella storia dei Morbid Angel che non credo possa essere attribuito esclusivamente all’allontanamento di Vincent: l’approccio al death metal sembra essere radicalmente cambiato, fattosi più quadrato, marziale, ben definito; laddove prima i Morbid Angel erano per definizione un gruppo sfuggente, quasi più rarefatto. In conseguenza di ciò i rimandi lovecraftiani si fanno vere e proprie evocazioni, non più semplicemente vagheggiamenti onirici. La voce di Tucker è più cupa, il growl più ortodosso, e i riff si aprono e si chiudono con più decisione rispetto a prima; la musica ha un incedere plastico, parte da un inizio e va diretta e implacabile verso la sua fine, ha una coerenza interna tale che ogni cosa è strettamente funzionale al tutto; non sembra più appoggiarsi su una sensazione, un’atmosfera o un’ambientazione, ma le ambientazioni le crea dal proprio profondo, con un lavoro strumentale teso a provocare straniamento; riuscendoci perfettamente. Azagthoth era talmente concentrato nel creare un insieme omogeneo di liturgie cosmiche evocatrici di innominabili potenze ctonie da moltiplicare i simbolismi oscuri anche nel titolo. Formulas Fatal to the Flesh arriva con la lettera F, la sesta dell’alfabeto greco, che scritta tre volte rappresenta dunque il numero della bestia; peraltro il titolo andrebbe letto come Flesh to the Fatal Formulas, ma è stato scritto al contrario per qualche motivo che spiegarono all’epoca ma che ora proprio non ricordo.  

Se da molte parti si vuole vedere in Formulas un ideale seguito di Covenant, il discorso si potrebbe addirittura ampliare. È vero che Domination, a posteriori, può essere considerato una parentesi, più che una naturale evoluzione della band, ma è anche vero che, come detto, Formulas introduce elementi nuovi, sia a livello strutturale che di fascinazione. Formulas Fatal to the Flesh è un disco death metal. Direte voi, e quelli prima che erano? Quelli prima erano dischi dei Morbid Angel. Da qui vengono fuori le canzoni, in primo luogo: a parte i vagheggiamenti strumentali posti in chiusura, non c’è un pezzo che non sia assolutamente memorabile, spesso l’equivalente death metal delle canzoni da cantare sotto alla doccia. Le accelerazioni di Heaving Earth; i ritmi marziali di Prayer of Hatred; Bil Ur-Sag che è talmente avvelenata da sembrare black metal; gli echi slayeriani di Chambers of Dis; la continuità di Umulamahri, la più vicina nella forma e nella sostanza agli ultimi dischi con Vincent; Hellspawn – The Rebirth, con i suoi contrasti spiazzanti tra brutalità e la chitarra di Trey, quasi psichedelica; la palude malmostosa di Covenant of Death: non c’è nulla di sbagliato, e la produzione dei Morrisound fa il resto, differenziando Formulas dal resto della discografia dei Morbid Angel e dandogli esattamente il suono che necessitava. E poi c’è Nothing is Not, un capolavoro indecifrabile in cui Trey Azagthoth fa esplodere tutta la sua vena creativa con dei riff e dei suoni di chitarra che mai nessuno si sarebbe sognato di inserire in un disco death metal; un pezzo la cui seconda parte è totalmente strumentale e composta da un assolo ancora più fuori di testa del solito e da un climax in cui Trey e Pete Sandoval ogni volta cambiano tempo e linea di batteria. L’album vero e proprio finisce con Covenant of Death, dopodiché partono i suddetti cazzeggi strumentali inframmezzati dalla lunghissima Invocation to a Continual One, tratta da materiale risalente al 1984 e qui cantata direttamente da Trey Azagthoth. Non fate anche voi l’errore di sottovalutare questo capolavoro. (barg)

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