Radio Feccia #12

veroufakis-meme-twitter-breaking-bad-star

Bruce Dickinson conclude con successo un ciclo di cure per un tumore alla lingua

La diagnosi risale allo scorso dicembre e, dopo sette settimane di chemioterapia e trattamento radiologico, la prognosi è “estremamente buona”, dato che il cancro era stato rilevato nel suo stadio iniziale. Le condizioni di Bruce, secondo il comunicato, sarebbero “ottime, considerate le circostanze”. La fine della convalescenza è prevista a maggio. Il magone vero viene pensando che, più andrò avanti con questo blog, più sarò costretto a scrivere notizie del genere.

Rinasce la Music For Nations

Chi ha superato la trentina ricorderà bene il marchio di questa casa discografica inglese, fondata da Martin Hooker nell’83 e defunta nel 2004. La Music For Nations aveva nel catalogo gente come Entombed, Cradle Of Filth, Paradise Lost, Opeth e Anathema e si occupava in Europa dei diritti di tre Big 4 su quattro. Le prime pubblicazioni della rediviva etichetta saranno proprio riedizioni del vecchio catalogo degli Anathema. Charles sta già riscaldando la carta di credito. È comunque interessante vedere rinascere nel 2015 una label morta con l’esplosione della crisi del disco dei primi anni zero, dopo l’avvento del download selvaggio. Usando un paio di formule stronze del giornalismo economico (che poi sarebbe quello che faccio per campare), potremmo asserire che la suddetta crisi  “si è rialzata dal fondo” e che la Music for Nations è pronta “ad adeguarsi ai nuovi modelli di business”. Ovvero brani digitali, ristampe di lusso e streaming. A proposito di streaming…

Sapete a chi finiscono i 10 euro del vostro abbonamento a Spotify?

Do per scontato che siate abbonati perché ormai quasi nessuno compra più dischi e, se non volete manco più cacciare dieci sacchi al mese per l’abbonamento (due birre medie, dai), c’avete il senso morale di un janjaweed.

A quanto pare, non è cambiato un cazzo: la fetta più grossa della torta se la mangiano sempre le case discografiche. Un paio di settimane fa la società di consulenza Ernst & Young (non dei pisquani, quindi) ha diffuso uno studio  su come vengono divisi i proventi dei suddetti dieci sacchi:

td1

Al netto delle tasse e dei ricavi incamerati da Spotify, il grafico diventa così:

1bWsrRa

Pertanto se ascoltate sulla piattaforma il nuovo disco, che so, degli Archgoat, autore e artista coincideranno e la band si beccherà il 18% della torta, che è sempre pochino, per carità, ma adesso avete capito perché a scagliarsi contro il servizio siano soprattutto gli artisti pop, più che le band “indipendenti”.

THE PAPERHEAD @Sinister Noise, Roma, 14.02.2015

Arrivo tardi per la mia consueta sfiducia negli orari ufficiali degli eventi e invece molti locali di Roma si stanno dando una regolata, consci che c’è gente che magari il giorno dopo non si può svegliare a mezzogiorno. Benissimo. Però mi perdo il gruppo spalla, e i quattro di Nashville hanno già iniziato da un po’. C’è più gente di quanto mi aspettassi. Parecchie femmine e alcuni stranieri. La cartella stampa li paragona ai White Fence ma questi ultimi non sembrano in giro dal 1964 e ci hanno pure le chitarre postqualcosa. I The Paperhead (in giro con il nuovo Africa Avenue), invece, sembrano usciti dalla macchina del tempo (il bassista sembra uno dei Kinks) con il loro mix solare e deliziosamente passatista di folk rock americano anni ’60, svarioni beatlesiani e passaggi blues. Tutti si divertono, anche le turiste tedesche che sono capitate lì per caso muovono la testa. Chissà dove avrebbero rischiato di finire. Del resto anch’io, quando ho visitatori dall’estero, cerco sempre di portarli al Sinister Noise.

C’è un gruppo bielorusso che si chiama Eximperituserqethhzebibšiptugakkathšulweliarzaxułum

“Exi” per gli amici. La Bielorussia potrebbe essere meno peggio di quello che uno tende a immaginare. Ho un paio di contatti là (God bless couchsurfing) che non sono ovviamente grandi sostenitrici del regime ma viaggiano, portano avanti attività creative, fanno una vita edonista, bruciano la giornata lavorativa su facebook proprio come noi, eccetera. Tocca andarci a Minsk, prima o poi. Intanto ve li facciamo pure sentire ‘sti Exi, vah. Non sono affatto male, peraltro, death tecnico e brutale con una produzione fognaria alla vecchia. Entro l’autunno è previsto il full di debutto, intitolato, non sto scherzando, Prajecyrujučy Sinhuliarnaje Wypramieńwańnie Daktryny Absaliutnaha J Usiopahłynaĺnaha Zła Skroź Šaścihrannuju Pryzmu Sîn-Ahhī-Erība Na Hipierpawierchniu Zadyjakaĺnaha Kaŭčęha Zasnawaĺnikaŭ Kosmatęchničnaha Ordęna Palieakantakta, Najstaražytnyja Ipastasi Dawosiewych Cywilizacyj Prywodziać U Ruch Ręzanansny Transfarmatar Časowapadobnaj Biaskoncaści Budučyni U Ćwiardyniach Absierwatoryi Nwn-Hu-Kek-Amon, Uwasabliajučy Ŭ Ęfirnuju Matęryju Prach Ałulima Na Zachad Ad Ękzapłaniety PSRB 1620-26b.

EYEHATEGOD: tour a rischio, Mike Williams non sta bene con la capoccia

Secondo un comunicato apparso sulla pagina facebook del gruppo, “la stabilità mentale e la salute” del frontman sono diventate “un problema molto serio”, tanto che gli Eyehategod sono stati costretti a cancellare i concerti previsti in Australia e Messico. Le condizioni di Williams non gli consentirebbero di sopportare lunghi viaggi aerei e i medici hanno ordinato al cantante di prendersi un periodo di riposo, nella speranza che torni abile e arruolato per le date europee primaverili. La pietas è d’obbligo e speriamo che torni in forma per il Roadburn, dove gli americani dovrebbero esibirsi in una doppia performance alla quale mi dispiacerebbe davvero non assistere. Forza, Mike.

Diario romano

Dopo il troiaio di Piazza di Spagna (credo il questore sia l’unico qua a Roma a “non aver voluto il morto”), l’Olanda si riconcilia stasera con l’Italia grazie ad Anneke e Lucassen, che presentano dal vivo al Traffic il progetto The Gentle Storm, del cui disco circolano al momento solo un paio di anteprime. Vi farò sapere. Lunedì 23 tornano i Fatso Jetson al Sinister Noise, accompagnati dai Killer Boogie, dove ribecchiamo il chitarrista dei Black Rainbows e il batterista dei The Wisdoom. Giovedì 26, attenzione, Tygers Of Pan Tang al Jailbreak, mentre, per una serata più trucida e underground, ci stanno Endamaged, Forgotten Dust e Ozaena al Sinister, sempre il 26, e Murder Spree, Sumera e Biding The Reprisal al Closer il 28. Poi tutti caldi per il Romaobscura del 7 maggio, con i Moonsorrow headliner.

E, già che si parlava di Bielorussia, vi salutiamo con la prima puntata, sottotitolata in inglese, del clone made in Minsk di The Big Bang Theory. Ammetterete che non potevate continuare a vivere senza. Ovviamente la protagonista femminile è più fregna di Penny. Ciò era scontato ma ogni tanto va ribadita la supremazia estetica (almeno fino ai trent’anni) delle slave. Здравствуйте, друзья!

 

21 commenti

  • So a malapena cosa sia Spotify… e a me va bene cosi… per me internet è utile per farsi un idea… se vale la pena l’ acquisto.. e preciso che sono un under 40, non un pensionato…

    "Mi piace"

    • su spotify ascolti il disco gratuitamente e poi decidi se comprarlo. è una delle poche cose davvero buone che questo triste mondo malato ci ha regalato.

      "Mi piace"

      • Bhe, anche “lo ascolti e se ti piace lo metti nei preferiti”, magari solo i pezzi che valgono. Nessuno di noi è una onlus, Spotify è pagato, e gli accordi tra Spotify e i vari proprietari dei diritti pure. Io preferisco pagare un biglietto di concerto / maglietta o gadget.

        "Mi piace"

      • Io concordo con yukluk e trainspotting.
        E comunque quella di “spotify è pagato” è una scusa comoda, sostanzialmente. Già un paio d’anni fa un amico che sta in America mi parlò del problema dei compensi che là era stato sollevato. Disse che i Bon Jovi, per 5 milioni di ascolti di “Wanted Dead Or Alive”, avevano percepito circa 380 dollari. Con tutta la comodità che ha comportato, è evidente che è un sistema economicamente insostenibile per i musicisti, e infatti io non mi sogno di dare loro nemmeno un centesimo. E sì che gli svedesi (Spotify è svedese) dovrebbero avere interesse ad una adeguata remunerazione dei musicisti, visto che la musica è il loro principale prodotto da esportazione (non è una boutade. Anni fa, sul volume 8 della collana sulla storia del rock della Editori Riuniti, dedicata all’hard ‘n’ heavy, Maurizio De Paola scriveva che all’estero il catalogo degli Abba fattura più della Volvo…).

        "Mi piace"

      • Spotify si tiene il 20% e il resto lo gira alla casa discografica che, a sua volta, lascia le briciole agli artisti, quindi se il trattamento economico dei musicisti è inadeguato dipende soprattutto dalle etichette, il senso del mio articolo era sottolineare ciò. Ad ogni modo, dato che non ho, come quasi nessuno, la possibilità di acquistare tutti i dischi che vorrei, se devo ascoltare musica su internet preferisco farlo legalmente e pagando qualcosa, sia pure una cifra irrisoria. Certo, c’è Bandcamp che è più “democratico” ma c’è un sacco di gente, come me, che non acquista album digitali e, se deve spendere per un disco, continua a preferire il supporto fisico. E poi, sinceramente, di fronte a un colosso che fattura miliardi come Google, che sul suo Youtube tollera l’upload di una quantità spropositata di materiale illegale (perché le royalties che Youtube gira alle band, solo da un paio d’anni peraltro, valgono solo per i video guardati su Vevo e altri canali ufficiali), davvero ce la vogliamo prendere con Spotify?

        "Mi piace"

      • Ma io concordo con te sul fatto che se bisogna spendere soldi per un disco, è meglio prendere il supporto fisico. E infatti, per quanto mi riguarda, Spotify è buono solo per sentire se il tal disco vale o no, e nel caso comprarlo.
        E, a proposito di Google, saluta anche tu la NSA.

        "Mi piace"

      • Hai ragione è sensato, infatti non dico di essere normale ;-) ma così facendo mi perdo una cosa essenziale per me, il gusto della scoperta, quindi preferisco cercare su internet solo degli assaggi giusto per farmi un’idea..

        "Mi piace"

      • Chiaro, in questi casi è sempre questione delle dinamiche personalissime con cui ci si relaziona alla musica. Aggiungo un’ultima cosa e scusatemi se magari “volo troppo alto”: Spotify è l’unica e-company veramente globale che abbia sede in Europa. Salvo la Cina, che è un mondo a parte anche da questo punto di vista, internet è di fatto in mano ai giganti della Silicon Valley e, finora, le uniche cose che da questa parte dell’Atlantico siamo riusciti a opporre (a parte, appunto, Spotify) sono versioni “locali” di servizi made in Usa come Kontakte (il facebook russo) e Daily Motion (lo youtube francese), pressoché irrilevanti fuori dai confini nazionali. Vicende come la faccenda delle camionette di Google Earth in Germania o la diatriba tra i giornali online francesi e Google News hanno dimostrato che di fronte ad aziende come Google nemmeno uno Stato sovrano riesce a farsi valere o a trattare alla pari: Google lo subisci e non ci puoi fare un cazzo. Il fatto che l’Europa nell’economia di internet non conti quasi nulla è qualcosa che personalmente mi preoccupa molto e che, secondo me, ha un ruolo non secondario nella sempre minore rilevanza internazionale del vecchio continente. Infatti tu dici, giustamente, “saluta anche tu la Nsa”. Perché i nostri nuovi padroni stanno (anche) a Mountain View e Menlo Park.

        Piace a 1 persona

  • “Scusa comoda”? Di cosa dovrei scusarmi, di aver pagato legalmente un servizio, invece di ascoltare illegalmente su youtube?

    "Mi piace"

    • È una scusa comoda per chi non compra i dischi sostenendo che tanto l’ascolto è comunque legale e il musicista viene retribuito. Non mi riferivo necessariamente a te, ma a chi (e sono molti) la usa come, appunto, una “scusa comoda” per non supportare i musicisti che dice di apprezzare e seguire.

      "Mi piace"

      • Orgio, ma quale scusa. Ma davvero, siamo delle onlus? Fai conto che io non spenda altro in dischi: mi dovrei dolere di questo? Ma scusate, ad un vostro fornitore a caso, dopo aver concordato un prezzo, voi lo convocate e gli alzate la paga? Qui siamo nella semplice regolazione di mercato. Se c’è una offerta metal, e c’è Spotify, e ci sono i produttori e detentori dei diritti, è già stato detto tutto. Alla band non va bene? Autoproduciti e autopromuoviti. Tantissimi, grandi e piccoli lo fanno. Io ho partecipato per esempio ad un MusicRaise per un album di un gruppo classic italiano, coi soldi che ho dato loro (12 euro) ho avuto in cambio il cd (che mi avrebbero pure spedito, ho detto loro che sarei andato alla loro prima data live, così me li sono pure sentiti). Ma incolpare l’utente che paga solo tramite Spotify per me è una visione scorretta. E non entro nel merito delle disponibilità di portafoglio ovviamente, capitolo quanto mai dolente per tanti.

        "Mi piace"

  • sergente kabukiman

    siete forse l’unico sito italiano che ha dato i giusti tempi alla news su dickinson dicendo che è praticamente guarito (in altri siti lo danno già per malato terminale, non so da dove hanno preso la notizia), per spotify non so come funziona e mi annoia scoprirlo, preferisco sentire qualcosa su youtube e poi comprare l’originale, non riesco a comprare tutto quello che vorrei, ma è un rito che mi dispiacerebbe perdere

    "Mi piace"

  • La Penny biellorussa è decisamente fica! Ci sono stato a Minsk, vale la pena per rifarsi gli occhi, ma se non parlate russo è dura comunicare. Parlano inglese peggio di noi!
    Marcissimi questi Exi, comunque!

    "Mi piace"

  • francesco a proposito di bielorussia
    http://madeinby.net/

    la nuova fatica della nostra migliore amica!

    "Mi piace"

  • Pingback: Fatso Jetson/ The Yawning man/ Killer Boogie @Sinister Noise, Roma, 23.02.2015 | Metal Skunk

  • Pingback: DISILLUSION – Gloria (Metal Blade, 2006) | Metal Skunk

  • Pingback: Radio Feccia #14 | Metal Skunk

Lascia un commento