OVERKILL – The Electric Age (Nuclear Blast)

Dopo le due cannonate udite il mese scorso come anticipazione, ovvero Electric Rattlesnake e Wish You Were Dead, ecco la tanto agognata nuova uscita dei redivivi Overkill. Dopo Ironbound (2010), che aveva segnato il definitivo ritorno a sonorità come Dio comanda, Bobby Ellsworth e soci si lasciano definitivamente alle spalle tutte le porcate che hanno avuto l’ardire di proporre da The Killing Kind in poi. Posso dire senza tema di smentita che chi ha apprezzato il platter succitato sbaverà anche per quest’ultimo, secondo me pure migliore, in quanto totalmente privo di lazzi e diretto come un Intercity in transito sul binario due. Ironbound, con il suo songwriting oscuro, ci riportava a tratti a quel capolavoro che è The Years of Decay; aveva delle soluzioni anche abbastanza ricercate che ci hanno messo un po’ a convincermi del tutto, in primis perché non credevo che potessero quasi (e ho detto quasi) tornare agli antichi fasti, dopo le delusioni a ripetizione rifilateci a partire dalla metà degli anni novanta. Sicuramente più immediato del suo predecessore, The Electric Age , invece, ricorda più i tempi spensierati del debutto Feel The Fire e di Taking Over, con i loro riff speed metal e le loro influenze più classiche.

Sentite pezzi come Good Night e godrete come mandrilli se il thrash è il vostro pane quotidiano (o come direbbero gli inglesi, la vostra tazza di tè). Ho ascoltato l’album un paio di volte facendo jogging e vi assicuro che è abbastanza dopante. Bobby sembra aver riacquistato la proverbiale cattiveria che l’ha sempre contraddistinto. E come dubitare che le esperienze allucinanti da lui vissute nel corso dello scorso decennio non lo rendessero più incazzato che mai? Da uno che è sopravvissuto ad un cancro ed ad un ictus non mi aspettavo altro.La potentissima sezione ritmica è sempre in evidenza, con il buon D.D. Verni che ci spara nelle orecchie quel suono distorto e molto groovy, che sappiamo essere nel suo DNA, come dimostrato dal suo assai meno famoso side project, ovvero i tetrissimi The Bronx Casket Co., che tutto sommato non erano affatto male (anche se l’album del 2011 mi ha fatto abbastanza cagare). Anzi, sicuramente meglio degli Overkill dei primi anni 2000.

Sono molto contento di vedere la band newyorchese in questa forma, a un paio di mesi dalla loro data in Sardegna, e spero che, essendo la prima volta che vengono da queste parti, facciano come già fecero i Motorhead nel 2005, ovvero una scaletta pregna di vecchi pezzi. Se poi ci mettete il tasso alcolico, che si prevede sarà alle stelle, più il fatto che la pronuncia di Feel the Fire si avvicina pericolosamente a quella di fil ‘e ferru, allora potrete immaginare quale sarà il clima in quello sperduto paesino dell’interno dell’isola più bella del mondo il 29 Giugno dell’anno del signore 2012. Devo dire che mi aspetto più da loro che dagli Exodus, che si esibiranno il giorno dopo, perché nel caso della band di San Francisco i superstiti dell’epoca d’oro sono sì quel genio di Gary Holt e quella bestia di Tom Hunting ma non poter vedere Steve Souza sul palco mi dispiacerà parecchio, devo dire. Dagli Overkill, invece, sarà più che lecito aspettarsi un massacro totale, visto il loro stato di salute attuale. Ma son già sicuro che le mie aspettative non verranno deluse.

E’ difficilissimo, se non impossibile, individuare punti deboli in un album che si candida già a entrare nella top 10 dell’anno. Sta roba qua c’ha il pepe ar culo, per dirla in modo elegante. Quindi, se potete, mollate ogni altra uscita del genere e buttatevi a pesce su The Electric Age, perché quando i maestri tornano a fare lezione dovete stare tutti zitti, altrimenti sono bacchettate sui dorsi delle mani… (Piero Tola)

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