Look what Relapse dragged in #2
Dopo un lunghissima pausa di riflessione, i macellai californiani tornano a trapanarci i timpani con quello che è il loro primo full length in studio in otto anni, se si esclude l’amena raccolta di cover Garbage Daze Re-Regurgitated. Nel frattempo un minimo di evoluzione c’è stata, gli EXHUMED continuano a suonare come una cover band dei Carcass che si sia messa a comporre pezzi propri ma se un Anatomy Is Destiny non guardava oltre Necroticism questo All Guts No Glory, pur estremamente cruento e aggressivo, ogni tanto sembra ricordarsi che esiste anche Heartwork. Meglio così, le chitarre dal sapore svedese di Dis-Assembly Line, gli sprazzi di melodia (!) di Through Cadaver Eyes e gli assoli sorprendentemente puliti di I Rot Within spezzano a dovere uno spietato assalto death/grind che altrimenti avrebbe rischiato di risultare troppo monolitico. Nulla di imperdibile (nel genere ho trovato più divertente, ad esempio, l’ultimo dei Vomitory) ma un’efficace sagra dello sbudellamento che non potrà mancare nella lista della spesa degli appassionati di efferatezze sonore.
Può la urban jungle di New York essere grim come le dark winterforests alle quali siamo abituati? Certo è che – in assenza di band formate da apache incazzati che usano la danza della pioggia come intro, invocano il Grande Spirito nei testi e danno fuoco alle chiese evangeliche – se devo ascoltare del black metal made in Usa preferisco un gruppo come i TOMBS, che interpreta il genere in un’ottica che non è e non può essere quella dei capisaldi nordeuropei, piuttosto che copisti, magari anche talentuosi, come Xasthur. Il risultato, musicalmente parlando, è diverso ma il discorso è lo stesso che si può fare per gente come i Black Anvil. Le influenze dei maestri norvegesi, a volte virate anche in chiave avantgarde (To Cross The Land), sono fin troppo presenti. Ma questi vengono da Brooklyn e hanno lo stesso produttore degli Explosions In The Sky, quindi, oltre a un riffing che – al netto delle sporadiche movenze sludge – più frostbitten non si può, dovrete aspettarvi anche passaggi post-hardcore e svarioni al limite della psichedelia. Ed è giusto che sia così, dal momento che non si può impedire agli americani di suonare black metal almeno che facciano qualcosa di personale e coerente con il loro background sonoro e culturale. E quando il comune denominatore è un insopprimibile senso di angoscia un crossover così farà pure mugugnare i puristi (di quelli che poi magari pensano che pagliacci come Kanwulf siano la quintessenza della trueness) ma funziona dannatamente bene. Provare per credere.
Un avvolgente trip dal quale non verrete fuori tanto facilmente. Questo è l’esordio dei BLOODIEST, progetto inclassificabile ed affascinante che raccoglie alcuni pessimi soggetti della scena di Chicago, tra i quali Bruce Lamont, voce e sassofono degli scoppiatissimi Yakuza e turnista ai fiati per i Minsk, e altra gentaglia proveniente da 90 Day Men, Follows, Atombombpocketknife e Seep The Leg Johnny. Sono in nove. Tre chitarristi, due bassisti, due tastieristi, un batterista e un cantante. L’obiettivo è quello di creare musica ossessiva e ipnotica fregandosene delle barriere tra generi. Il risultato è dannatamente riuscito e conquisterà sia i fan degli Isis che quelli dell’heavy psych più disturbato. Gli undici minuti di Dead Inside partono con accenti post punk e reminescenze degli Swans, per poi lasciare spazio a dei riff sludge trascinati da un basso inesorabile seguiti da un duello tra un piano lisergico e delle chitarre ossessive alla Neurosis che erompono in un finale allucinato e industrialoide. La psicotica Slave Rule vede meste melodie da gothic metal anni ’90 appoggiarsi a un arcigno groove postcore. Coh potrebbe stare benissimo su una compilation della Cold Meat Industry, mentre il riffing funereo e gli arpeggi blackish di Pastures si accompagnano a un cantato salmodiante da post rock strafattone e sfociano in un vortice di rassegnata desolazione che può ricordare gli ultimi Anathema. Si esce dall’ascolto storditi e determinati ad approfondire la lucida follia che scorre tra le note di un ascolto obbligato per tutti gli amanti dei viaggi senza ritorno.
Orientamento religioso a parte (sono di quei cristiani duri che infilano i predicozzi nei testi), questo quartetto svedese non è malvagio. Se l’esordio The Severed Inception presentava ancora alcuni stilemi tipici del death metal delle loro parti, The Oculus mette insieme grind deviato alla Nasum, rasoiate alla Converge, accenni di melodia, riff simil-sludge e frangenti più incasinati e cerebrali alla Dillinger Escape Plane per farci vedere che sono bravi a suonare. Un gran casino? Manco troppo, i pezzi sono piuttosto diretti, considerato il genere, e trasmettono un furore genuino. Nulla che possa restare nel vostro stereo per chissà quanto ma considerando cosa si intende oggi per ‘metal moderno’ non me la sento di mettere in croce una band come gli INEVITABLE END, trascurabile ma tutto sommato onesta. In croce? Ops.
Non proprio un acquisto obbligato questo ep di cover risalenti a vari periodi della carriera della band di Baltimora. Oltre agli accademici tributi ai vari Bolt Thrower e Cannibal Corpse (dei quali viene ripescata la mitica Born In A Casket contenente l’immortale verso I love to fuck the dead/Demons in my head/ Tearing in my brain che da ragazzino mi faceva ridere tanto), spiccano la riproposizione di Fade Into Obscurity dei misconosciuti Dehumanized e un inedito scritto in quattro e quattr’otto, Rohypnol, appena 43 secondi di grindaccio old school. Approfittiamo di questa tutt’altro che indispensabile release per aprire il capitolo ristampe, campo nel quale la Relapse è sempre più attiva. Oltre alla strenna natalizia fuori stagione costituita dalla versione rimasterizzata con un sacco di bonus track inutili di Human dei Death vale la pena citare le più succose riedizioni di Necrology, capolavoro dei grinder svedesi General Surgery, e di Passage Throug Purgatory, esordio degli interessantissimi Black Tusk, tra le migliori formazioni nate sulla scia del successo dei Mastodon. Segnaliamo inoltre la reissue di We Will Destroy… You Will Obey!!!, debutto dei Dekapitator, ameno side-project thrash, attualmente in congelatore, di alcuni membri degli Exhumed, e Through The Eyes Of Death, raccolta delle prime demo dei da tempo defunti Morta Skuld, per la quale è stato girato il simpatico video di cui sotto. Arimortis. (Ciccio Russo)






Sarà che forse sono ancora troppo giovane e quindi per forza di cose molti nomi storici non li conosco, ma l’ultimo degli Exhumed a me è piaciuto un casino davvero.
Il disco degli Inevitable End l’ho usato come scusa per bestemmiare la mattina e per altro non mi ha fatto impazzire.
Grazie per avermi fatto scoprire i Bloodiest, non li conoscevo e sono assolutamente particolari, mi piacciono.
Kanwulf è un pagliaccio come tutti quelli che devono assolutamente recitare la parte del “true blackster”.
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