Recuperone death metal (e grindcore) 2025 – Parte 2
I DEFIGUREMENT sono una band americana di grindcore tecnico proveniente dalla California, ed esordiscono con questo Endbryo, che è una figata assoluta. Al suo interno troverete non solo grindcore, ovviamente, ma tutta una serie di influenze ben amalgamate, come death metal, black metal, passaggi slayeriani o addiruttura alla System of a Down (tipo la traccia di apertura Shogun of Sorrow). Il tutto con un gusto per il riff e il groove davvero superbo e tematiche fantascientifiche. Per varietà e inventiva ricordano i Cephalic Carnage di Anomalies e dei dischi successivi.
I DIABOLIZER esistono da ben tredici anni, ma non sono stati troppo prolifici. Alcuni dei componenti del gruppo sono attivi anche con progetti come Hyperdontia e Engulf, per cui quando si tratta di suonare death metal non parliamo di gente alle prime armi. Ad ogni modo, quest’anno i Diabolizer sono tornati con il loro secondo disco dal titolo Murderous Revelations, fatto di un death metal bello aggressivo i cui nomi di ispirazione sono Deicide, Morbid Angel, Hate Eternal e gente pestante. Niente di nuovo, però la band turca sa il fatto suo e l’album è godibilissimo.
Profanation of the Adamic Covenant è il poderoso esordio death doom degli americani RITUAL ASCENSION, formati da membri di Void Rot, Suffering Hour e Aberration. Come potete già immaginare, le tracce sono poche e molto lunghe (cinque per 48 minuti), e l’atmosfera è mefitica. L’album è interessante e sopra la media del suo genere, per il semplice motivo che mette assieme molto bene le influenze di Incantation, Disembowelment e Portal, per poi dimenticarsele tirando fuori qualcosa di abbastanza personale, specie se consideriamo che si parla di un esordio che non è stato preceduto da prove su EP o demo. Se esistesse una classifica di fine anno del death doom, questo sarebbe tra i migliori tre.
Pure gli svedesi RETROMORPHOSIS partono subito con un disco intero, dal titolo di Psalmus Mortis, senza aver prima stampato demo, split o altro. In questo caso però la situazione è diversa, perché in realtà si tratta degli Spawn of Possession rimaneggiati e con un altro nome (chissà il perché di questa scelta). Questa roba è quello che il mio primo insegnante di batteria definiva “sport metal”, cioè suonare il più tecnici possibili alla maggior velocità possibile. Vi accorgete che state ascoltando “sport metal” perché alla seconda traccia, cioè all’incirca dopo 10 minuti di musica, sarete già esausti. Voi pensate di aver ascoltato almeno otto, nove canzoni, e invece no. Avete ascoltato solo una miriade di note con sottofondo di doppia cassa in trentaduesimi, e avete perso la cognizione del tempo. I Retromorphosis d’altronde riprendono da dove avevano lasciato gli Spawn of Possession, quindi, se avete intenzione di procedere all’ascolto di questo disco, vedete almeno di avere a portata di mano una bella borraccia di acqua e prevedete l’assunzione di carboidrati semplici dopo che avrete concluso l’esperienza.
Oltre al reintegro degli zuccheri una volta finito il disco precedente, i nutrizionisti consigliano anche l’ascolto di un bel death metal senza menate e scapoccione, come quello delle CASTRATOR e del loro Coronation of the Grotesque. La band vede in formazione pure Robin Mazen dei Gruesome, e suona un death vecchia scuola che riprende da Cannibal Corpse, Deicide ma pure da certo thrash, tant’è che in chiusura troviamo la cover di Metal Command degli Exodus. L’album è ben fatto, ben prodotto e le canzoni sono tutte godibilissime.
Chiudo con l’album dal titolo più fico dell’anno. Loro sono i BLINDFOLDED AND LED TO THE WOODS e il disco si chiama, attenzione, The Hardest Thing about Being God is that No One Believes Me. La band viene dalla Nuova Zelanda e nel corso degli anni si è spostata da un iniziale deathcore, di cui si sente tuttora un po’ l’influenza, verso sonorità più tecniche, progressive e dissonanti, consolidando una reputazione nella nicchia del technical progressive death metal. La bellezza di questa lavoro, ormai il quinto, sta nel fatto che sa essere complesso senza mai dimenticarsi che, alla base di tutto, sta il riff e il groove. Quindi, sì, troverete il passaggio dissonante e intricato, ma subito dopo anche quello ignorante con un bel bomb blast a far da supporto. (Luca Venturini)
