SAKIS TOLIS – Everything Comes to an End

Sakis non ce la fa proprio a restare fermo. Tra Rotting Christ, progetti paralleli, collaborazioni, produzioni e varie quest’uomo continua indefesso a vivere per creare musica, senza menzionare i tour. Solo considerando gli ultimissimi anni, nel 2022 ha fatto uscire il debutto solista e un due EP di inediti dei Rotting Christ, nel 2023 il debutto dell’altro progetto χξς’ più la versione per pianoforte del disco dell’anno prima, nel 2024 il nuovo Rotting Christ e ora, nel 2025, arriva pure il secondo lavoro solista, di cui si parla oggi. Peraltro per il 2026 ha già annunciato la ri-registrazione di Aealo, che potrebbe essere una delle pochissime volte in cui un’operazione del genere ha un senso.

Con una prolificità così spiccata potete immaginare che i confini stilistici tra i vari progetti siano abbastanza labili, anche perché si sta parlando di uno che è in giro da quasi quarant’anni e che ha scritto oltre venti dischi. Questo Everything Comes to an End, in particolare, si pone perfettamente in scia col predecessore, essendo quindi una specie di versione più lineare e morbida dei Rotting Christ del periodo gotico. Con questo si intende soprattutto un certo flusso di riff, ma allo stesso tempo lo stile è completamente privo di influssi black metal, anche meno di quanto accadesse in quei dischi. Dovrebbero esserci uno o due passaggi in blast beat, che però non spostano di un millimetro il discorso.

Esattamente come accaduto per il precedente Among the Fires of Hell, qui Sakis si è occupato di tutti gli strumenti a parte la batteria, sempre affidata a Fotis Bernardo (già in Necromantia, Nightfall, Nightrage, Septicflesh e svariati altri gruppi). Quello che ne viene fuori è un album lineare, liscio, che scorre sull’onda dei riff che si ripetono ininterrotti. Probabilmente lui ha avuto l’urgenza di scrivere musica simile perché negli ultimi Rotting Christ i riff sono ormai assenti, in favore di quell’incedere robotico e quadratissimo che divide così tanto gli estimatori della band. Ma lui è sempre stato eccelso nello scrivere giri di chitarra, e sarebbe stato un peccato cestinarli; inoltre qui la composizione è più vecchio stile, diciamo così, senza quel sovrapporsi di strati, barocchismi e sovraincisioni in cui i Rotting Christ si sono intrappolati recentemente. Tutto si fonda sulle melodie di chitarra, sorrette da una sezione ritmica semplice e da efficaci accompagnamenti di tastiera. Qualche fisima degli ultimissimi Rotting Christ si rintraccia anche qui – le parti narrate, ad esempio – ma non incide sulla struttura dei pezzi.

Non c’è molto altro da dire. Il disco non ha alcuna pretesa e nasce chiaramente da un’urgenza personale: è autoprodotto, è uscito solo in digitale e Sakis stesso, sui suoi profili social, ha invitato ad ascoltarlo in streaming e scaricarlo liberamente. Se vi era piaciuto il precedente, vi piacerà anche questo. Altrimenti vi piacerà lo stesso. Lunga vita a Sakis, per sempre uno di noi. (barg)

Lascia un commento