E guardo ad Est dove (non) sorge il sole: i nuovi di Frightful e Toughness

I due gruppi che trattiamo oggi sono composti in totale da otto persone e anagraficamente, sommando le età dei componenti, non superano i duecento anni di vita. Non è tanto questo che stupisce però, dei Toughness e dei Frightful, di cui già vi parlai in passato e di cui sì e no venti lettori si ricorderanno. La cosa che colpisce è la dedizione smisurata verso il fare musica con il sangue ed il sudore. E il talento.

I Frightful di Danzica sono una vecchia conoscenza di Metal Skunk. Ne parlammo per la prima volta diversi anni fa, quando ancora registravano demo ed Ep di pochi pezzi, lasciando intravedere una passione e una furia che mi colpirono, pur avendone sentite di cotte e di crude nel corso della mia ormai più che trentennale esperienza con il metallo.

I Toughness, seppure fautori di uno stile assai diverso, mi colpirono ugualmente per la proposta talentuosa e intelligente, radicata in un death metal tecnico d’antan ma allo stesso tempo moderno ed imprevedibile.

What Lies Ahead, nuovo album dei Frightful, inizia dal primo secondo a prendere a schiaffoni l’ascoltatore con ritmi forsennati, ma non nella tradizione artificiale moderna dei trigger a tutto spiano, delle sovraincisioni e dei “miglioramenti” artificiali. Puro e semplice riff azzeccato, seguito da tempi serrati, qualche blast e un growl vecchia scuola, il tutto senza respiro e facendoci riscoprire il piacere di una “semplicità” e una fluidità nello scorrere dei pezzi che fa solo venire voglia di scapocciare o mimare la batteria. Un piacere che sembrava dimenticato nella marea di proposte pseudo-intellettuali di death/black sciamanico o a tema di questo o quell’argomento di cui non frega un cazzo a nessuno. Qua c’è semplicemente la nerchia dura e i Frightful ve la appoggiano in testa con la loro esuberanza che non conosce compromessi di sorta e se ne fotte di quello che va di moda. Dal vivo sono micidiali e vanno come un treno. Piccolo test: sentitevi il riff iniziale di Cathedrals of Creation e provate a dirmi che non rompe culi. Il precedente Astral Creator lo avevo a tratti descritto come un disco ispirato ai Dissection, ma attenzione: seppure le influenze ci sono nei suoni e nelle soluzioni melodiche a tratti, i Frightful hanno un’anima propria, e, dato, che siamo appena al secondo album, sono proprio curioso di vedere dove arriveranno, visto che stanno crescendo in maniera esponenziale.

Al secondo album giungono anche i Toughness, di Lublino, di cui non ho potuto fare a meno di parlarvi anche a proposito del precedente The Prophetic Dawn, che era un dischetto della madonna per tutti gli amanti di un death metal tecnico ma non portato alle estreme e pagliaccesche conseguenzeBlack Respite of Oblivion è una colata di pece nerissima e pesantissima, oscura come un buco nero che inghiotte tutto e non da scampo. Tutto è portato al livello successivo: la perizia tecnica in favore del pezzo singolo, la cattiveria e la voglia di svegliare i Grandi Antichi dal loro torpore dopo un fine settimana di bagordi per ricominciare una nuova, produttiva settimana di distruzione e follia. Sempre interessanti le soluzioni soliste, con il bassista Ziemowit che ci spiattella tutto il suo talento da musicista d’accademia negli assoli per nulla banali ma sempre perfettamente amalgamati allo spirito generale, prendendo sempre ispirazione da Demilich, Immolation, Morbid Angel e simili, in più aggiungendoci un tocco personale.

Entrambi gli album escono per Godz ov War, etichetta di Varsavia ormai lanciatissima nell’underground estremo e che nel corso degli anni ha dato voce a tante bellissime realtà. Datemi retta, procurateveli o ascoltateli sulle piattaforme di streaming quando volete sentire qualcosa che non siano i vecchi classici ma avete paura di sporcarvi troppo rimestando nella merda che si nasconde dietro ogni angolo ormai. (Piero Tola)

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