Avere vent’anni: IMMOLATION – Unholy Cult

Era assai difficile, dopo aver creato una pietra miliare del death metal come Close to a World Below (2000), mettere in pista un quinto disco che potesse proseguire sulla stessa strada, o comunque garantire un livello simile, ma gli Immolation non sono un gruppo qualunque: sono dei grandi musicisti e ci riuscirono senza problemi. Unholy Cult portò avanti il suono e il discorso estetico degli Immolation e fu chiaro che la loro carriera, come si è più volte avuto modo di osservare, sarebbe stata sempre dritta, senza compromessi, all’insegna del grande death metal.

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Quando si parla di gruppi di questa portata si rischia di dire solo banalità e di ripetersi, perché la verità è che gli Immolation non hanno mai sbagliato un disco fino ad oggi, quindi non c’è molto da aggiungere, vanno ascoltati e basta. Possono esserci momenti che interessano di più o di meno, oppure ci possono essere dubbi sulla qualità della produzione, come è capitato a qualche collega d’oltreappennino, ma il livello degli Immolation è sempre stato altissimo e ascoltare qualsiasi loro disco è sempre un piacere, per lo meno per chi ama il genere. Un piacere anche dal punto di vista della produzione: il suono di Unholy Cult è scurissimo, profondo, nitido, con gli strumenti e la voce tutti al loro posto, ciascuno udibile chiaramente nell’insieme. Perfino il basso si sente bene e possiamo quindi capire che grande bassista sia Ross Dolan, oltre ad avere una delle voci più malvagie di tutta la storia della musica. Il risultato è un death classico, tecnico, violento e atonale quanto basta, melodico e diabolico quando serve.

UC3Bill Taylor

Per la formazione di Unholy Cult cambiò il secondo chitarrista, da Thomas Wilkinson a Bill Taylor, proveniente dagli Angelcorpse. Cambiò anche la casa discografica, dalla Metal Blade alla francese Listenable Records, etichetta indipendente e specializzata in metal estremo, mentre negli USA venne pubblicato dalla Olympic Records.

Se proprio devo trovare qualcosa che non mi piace di questo lavoro è la copertina, che troverei più adatta ad un gruppo war metal della zona Asia-Pacifico, ma ci passo tranquillamente sopra. A proposito, è di Andreas Marschall, storico illustratore e disegnatore di copertine, che ha lavorato per tantissimi gruppi.

UClogo

Non ho poi mai saputo perché sia stato usato un lettering ordinario per il nome del gruppo, al posto del classico logo degli Immolation. Questa scelta era stata fatta già a partire da Failures for Gods (1999) e proseguirà fino ad Atonement (2017), quando il logo degli esordi dall’andamento ondolé tornerà finalmente sulle copertine. Ma di questo poco importa, questo disco va ripreso e riascoltato con urgenza. (Stefano Mazza)

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