La Sardegna colpisce ancora: CALVARY – Path to Solitude. The complete recordings 1993 – 1995
Raccontiamo una nuova storia vera ambientata in Sardegna: nel 1990 due ragazzi, Mauro Pirino (voce) e Chris Scarponi (chitarra) decisero di fondare un gruppo metal estremo, che nelle loro intenzioni doveva avere anche qualche caratteristica nuova e interessante. Con altri due amici portarono avanti il progetto, poi nel 1993 arrivò un certo Walter al basso (non vi sto neanche a dire chi sia, per i nuovi lettori sia isolani che continentali raccomando di leggere qua). Incisero un rehersal, diffuso come Promo Reh 93, subito dopo ebbero qualche cambio di musicista e incisero il demo dal titolo fulciano …And You Die!, con il quale cominciarono a farsi conoscere sul serio, anche grazie a un’intensa attività live che svolsero sia in Sardegna che nel resto dell’Italia. Suonarono a fianco di Necromass, Opera IX, Mortuary Drape, Detestor, Ceremonial Doom e altri. Nel 1994 pubblicarono un vero classico dell’underground italiano: In Solitude, un EP in cassetta con la Necrotorture Record. Pochi mesi dopo, nel 1995, firmarono con la Polyphemus/Lollypop, la stessa etichetta dei Novembre, con cui incisero un EP intitolato Across the River of Life, che venne distribuito abbastanza bene sia in Italia che all’estero. Purtroppo si sciolsero pochi mesi dopo, troppo presto, come spesso accadeva, lasciando molti ascoltatori in sospeso e con tanti interrogativi.
Come gli Ass Ache, di cui ci siamo occupati qualche mese fa, anche i Calvary sono nati in Sardegna e sono rimasti attivi per pochi anni, dal 1990 al 1996, ma a differenza dei primi sono riusciti ad avere maggiore visibilità e notorietà, soprattutto all’estero. Uno dei motivi di questo diverso successo è da ricercare nel momento in cui arrivarono: si trattò di pochissimo tempo dopo, in realtà proprio qualche mese, ma ciò fu sufficiente per ritrovarsi nel pieno dell’ondata di nuovo metal che arrivava da tutto il mondo. Per capire di che periodo stiamo parlando, vediamo brevemente una selezione cosa stava uscendo fra il 92 e il 94: in Italia avevamo Excidium – Infecting the Graves (1992), Sadist – Above the Light (1993), poi Catacomb – The Return of the Ark (1993), dopo il quale sarebbero diventati i Novembre. Ricordiamo poi Electrocution – Inside the Unreal (1993), Sinoath – Still in the Grey Dying (1993) o Opera IX – The Call of the Wood (1993). A livello internazionale uscivano cose come My Dying Bride – As the Flower Withers (1992), Paradise Lost – Shades of God (1992), Amorphis – Karelian Isthmus (1992), poi gli At The Gates, che dopo l’esordio di The Red in the Sky is Ours del 92 pubblicarono a stretto giro With Fear I Kiss the Burning Darkness (1993); non dimentichiamo Rotting Christ – Thy Mighty Contract (1993) e Anathema – Serenades (1993).
Questi pochi esempi non sono scelti a caso: sono album che rappresentavano una parte di un generale moto di cambiamento che si stava verificando in tutto il mondo, che si sentiva chiaramente a livello underground e che poi si rifletteva anche nelle uscite ufficiali. Chiamiamola espansione, chiamiamola rivoluzione, sta di fatto che moltissimi gruppi metal stavano esplorando nuove possibilità, fondevano generi e creavano atmosfere inedite, originali. Tutto l’universo del metal era un big bang in espansione velocissima, nascevano stili e sottogeneri che erano impensabili fino a pochi anni prima. Fra le varie evoluzioni a cui si assisteva nel metal estremo, il death stava diventando sempre più multiforme e alcune sue correnti stavano diventando complesse e raffinate, pur mantenendone l’aggressività e l’oscurità di base. Riprendendo la storia dei due gruppi sardi, possiamo affermare che, così come gli Ass Ache colsero l’ondata di estremizzazione del nuovo grindcore alla fine degli anni Ottanta, i Calvary erano sul fronte dell’avanguardia metal dei primi anni Novanta, proponendo quella che all’epoca era una musica completamente nuova, fatta di death metal, black mediterraneo, melodia, unito a una tecnica evoluta e a una libertà compositiva non lontana dal progressive.
La definizione dello stile dei Calvary è stata a volte atmospheric death metal, altre death – doom, che vanno tutte bene, ma quel che conta è che riuscirono a creare uno loro stile molto personale, per quanto ispirato ad alcuni capisaldi del periodo, e in largo anticipo sui tempi. Era poi davvero ottimo il livello di tutti i musicisti, fra i quali va segnalato che Walter Garau proprio con i Calvary iniziò a suonare il basso fretless: fu il primo caso e, per molti anni, restò l’unico fra i bassisti italiani a usare e a concepire il suo strumento in questa forma, facendolo uscire dalla sezione ritmica ed elevandolo a elemento portante della sonorità di un gruppo estremo. Cose del genere si erano viste soltanto in generi come la fusion e il prog, per fare due esempi famosissimi nominiamo Jaco Pastorius e Percy Jones, mentre nel metal e nei generi affini all’estero si cominciavano a vedere Les Claypool nei Primus e Steve DiGiorgio nei Death. Anche in questo dettaglio i Calvary rappresentarono un primato di eccellenza per l’Italia e per il metal estremo in generale. Oggi il materiale del periodo storico del gruppo è stato riunito e ristampato nella formidabile raccolta CALVARY – Path to Solitude, pubblicata dalla End of Silence Records, dove troviamo tutta la discografia, insieme a materiale inedito e live, in un doppio CD. Interessantissima la presenza dei rehersal, ovvero delle incisioni in sala prove, e dei live, che restituiscono l’immediatezza e la grinta del gruppo, avvertibili anche al di là delle incisioni amatoriali. Ascoltando i due dischi si avvertirà che lo stile non è sempre omogeneo, ma questa è una cosa frequente, specialmente durante i primi anni di vita di un gruppo i cui componenti provenivano da esperienze precedenti.
Uno dei brani più rappresentativi dello stile dei Calvary è Path to the Fiery Stars, che si trovava su Across the River of Life, e che in realtà era il rifacimento di una canzone degli Ass Ache intitolata If I Said Torment. Articolata e ottimamente composta, riesce a essere complessa e narrativa in poco più di quattro minuti ed è davvero sorprendente ancora oggi. Simile il discorso per Answer for Yourself, sempre ripresa dal repertorio degli Ass Ache, dove si possono sentire gli echi del passato grind del gruppo. Sono molto belle anche le canzoni del materiale precedente, come Crychant for a Deathwish, oppure tutte quelle dal demo …And You Die!, ma data la varietà di stile, ciascuno potrà trovare un momento maggiormente interessante per sé. A conclusione, segnalo che nel 2012 i Calvary si sono riuniti con una formazione leggermente diversa e hanno pubblicato un demo di tre canzoni intitolato A New Beginning…, molto più orientato al death metal classico, che potete trovare su Bandcamp. Dopo di questo, però, non si è sentito altro di nuovo.
Path to Solitude è una testimonianza di un periodo che fu breve, passò velocemente e anche per questo fu straordinario: molte cose stavano finendo, mentre tantissime altre stavano iniziando e questi cambiamenti erano spinti soprattutto dalla creatività e dall’intraprendenza dei gruppi amatoriali. I Calvary sono uno dei più begli esempi di quella storia. (Stefano Mazza)



Articolo molto bello! Ricordo bene un concerto dei Calvary, negli anni novanta, a Torino.
Un caro saluto al mitico Mauro!
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che bel ricordo che mi avete sbloccato, ho ritirato fuori la cassettina di In solitude, presa -credo- insieme ad altre cose dalla Nosferatu records…
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