Quadrati, turriti e con buone mura: URAL – Psychoverse
Just For Fun uscì in questo stesso periodo, a cavallo fra estate e autunno, quattro anni fa. Ricordo un thrash metal privo di quel che solitamente chiamiamo fronzoli e questa copertina, un disegno, con una specie di lupo in t-shirt verdeoro che teneva in scacco due tizi minacciandoli con un fucile a canne mozze. Un buon motivo, a prescindere dalla musica, per acquistarne subito cinque copie. Ritenni avrebbero potuto evolversi e complicare un po’ la faccenda, oppure scomparire per sempre nel gorgo dei gruppi thrash metal odierni, con i pezzi di tre minuti, l’hardcore punk nel mezzo e le sviolinate a Ed Repka. Municipal Waste, Gama Bomb, Iron Reagan: tutto è molto divertente e tutto ha un limite, in palese assenza di personalità e argomenti.
La notizia dell’uscita di un nuovo album degli Ural mi ha scosso, e per prima cosa mi sono fiondato a guardare la copertina: una nutria alata che caca sulle piazze più gettonate dai turisti riversati su Torino? Niente da fare, amici, il protagonista è ancora lui; il lupo stavolta fuoriesce da una galassia nel bel mezzo di un improbabile conflitto stellare, manco fossimo nel mai concretizzato Machete III: in Space, e i tratti, lo stile, il mood di quella realizzazione grafica hanno quel non so che di Vektor. Mi sono domandato se si fossero davvero evoluti, nelle musiche, e la risposta è stata presto data.

Psychoverse è davvero un bel disco; certo, nel 2023 il salto avvertito non può esser lo stesso a cui si era sottoposti da pischelli transitando per i Bulldozer di IX e Neurodeliri dopo essersi filati i primi due, e quelli soltanto, per anni di fila. Chiaramente la continuità è maggiore, ma i pezzi acquisiscono ora un più profondo significato. Sono stratificati e non costituiscono una tracklist raffazzonata con le sembianze di una compilation. La voce di Andrea Calviello, ottima, è un continuo riferirsi a Death Angel e Anthrax – direi di John Bush – con in mezzo qualche raro urlaccio slayeriano. Sul palco mi risulta sia un animale e mi fisso l’obiettivo di approfondire la questione di persona, dalla prima fila e – perché no – macchina fotografica alla mano (come da consuetudine). Il resto è strutturato alla perfezione, con una batteria nitida e dinamica – il che non è tipico del 2023 – ma forse meno godereccia e martellante che in Just for Fun.
È la sagra del riff, in assenza di quel pasticcio che scaturisce dal connubio fra thrash metal e downtuning, con l’album che all’altezza di Uncanny Valley prende una stravagante piega hard rock e acquisisce una freschezza già percepita con gli ultimi Armored Saint, tanto per rimanere in tema di Bush. Nightmare e Fall of the One World le mie preferite, con gli Ural abili a giocarsela in velocità, sui mid-tempo oscuri e su qualsiasi altra cosa transiti per le loro mani. Questo è un buon segnale, e ci conferma che – qualora lo volessero, al contrario di quanto attuato dalla stramaggioranza dei colleghi del settore – i thrasher piemontesi avrebbero sufficienti argomenti per programmare i prossimi cinque album senza ripetersi e ristagnare. Uno degli album thrash metal più interessanti dell’intera annata. Avanti così ragazzi: dovessi scegliere fra loro e i più melodici Adversor, francamente, andrei non poco in difficoltà. Fortuna che per la poll di fine anno c’è ancora qualche settimana. (Marco Belardi)

Tutto giusto.
Visti dal vivo diverse volte i ragazzi hanno energia da vendere e sudano l’anima!
Bravi
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