Chaos Horrific: i CANNIBAL CORPSE sono gli AC/DC del death metal

Mia nonna, buonanima, diceva sempre “bando alle ciance!”. Bando alle ciance, quindi: i Cannibal Corpse sono gli AC/DC del death metal. Un poker formidabile di album essenziali con il cantante originale, tutti diversi tra loro (in questo si differenziano un po’ dagli AC/DC) per suoni, percorso evolutivo e altro. Perso il loro Chris Barnes/Bon Scott hanno fatto un album mostruoso di ulteriore evoluzione con le idee che stavano sviluppando poco prima che Barnes se ne andasse sbattendo la porta e portandosi via il loro logo storico. Il nuovo cantante è un signor cantante (proprio come Brian Johnson) e la vita va avanti, pazienza se gli album successivi saranno uno la fotocopia dell’altro. Ecco, la differenza, se volete non da poco, è che con il secondo cantante i Cannibali un album brutto non lo hanno mai fatto, mentre gli AC/DC sono andati sempre a scendere in qualità durante il decennio successivo al cambio, per poi riprendersi parzialmente (ma questa è un’altra storia).

Le differenze, però, sono davvero minime tra un disco e l’altro. Qualcuno può essere più thrashone di altri, ma alla fine la solfa (e che solfa, non fraintendetemi) sempre quella è. Questo ultimo Chaos Horrific non fa molta differenza, ma forse rispetto al precedente Violence Unimagined, il primo con Erik Rutan all’altra chitarra al posto di Pat O’ Brien, c’è maggior estro compositivo, con qualche struttura o cambio meno canonico e qualche dissonanza in più qua e là. I suoni sono anche migliori rispetto al predecessore: meno sulle alte frequenze e più bilanciati e pieni, segno che anche in fase di produzione Rutan qualche accorgimento lo ha portato. Il suo stile chitarristico, molto personale, lascia il segno. Far parte dell’entità Cannibal Corpse, però, significa più che altro esserne assorbiti e assimilare alcune caratteristiche non alterabili, ed ecco perché anche una figura con il carattere e la personalità di Rutan non riesce a snaturare mai più di tanto la minestra. Per il resto mi rifarò a quanto scritto qua dal Messicano in occasione dell’uscita di un disco… Degli Ac/Dc.

Il discorso del collega calza a pennello anche in questo caso, e quanto ho detto sopra riguardo alle variazioni minime si può forse tradurre così: il nuovo Cannibal Corpse è come quella tipa che scopavi saltuariamente anni fa il cui numero hai sempre in rubrica, che non si sa mai. Quella tipa che di base aveva una tecnica solidissima nel sesso orale, con alti e bassi a seconda della giornata ma sempre e comunque mai degna di lamentele. A ‘sto giro hai chiamato la tipa e lei è accorsa ben contenta, e noti la differenza rispetto al boccaglio che ti ha fatto l’anno scorso perché sta volta ci sta mettendo tanti piccoli accorgimenti in più, tipo una nuova tecnica di stimolazione scrotale o una punta di lingua sbarazzina che va leggermente più in basso sulla zona perineale, per esempio. Tutta roba bellissima di cui non ci si può stancare mai. E alla fine si fa schizzare in faccia, ça va sans dire. Il che è esattamente quello che ti aspetti da lei.

Ecco, questa, come metafora, mi pare più degna al caso specifico di quella del dente di squalo. Quella, i Cannibal Corpse proprio non la meritano. (Piero Tola)

5 commenti

Scrivi una risposta a Alessandro Beni Cancella risposta