Avere vent’anni: IRON MAIDEN – Dance of Death
Nel settembre del 2003 io facevo il chimico in un laboratorio di analisi della mia provincia e cominciavo ad essere impegnato su diversi fronti, ma una delle cose che continuavo a fare era ascoltare moltissima musica. Una notte di quel periodo ero in chat su mIRC quando un amico mi segnalò che era uscito un nuovo singolo degli Iron Maiden. Preso dalla curiosità me lo procurai “in anteprima”, perché all’epoca non c’era mica YouTube e neanche le varie piattaforme di adesso, per cui o si andava in negozio oppure a farla breve lo si scaricava senza tanti complimenti. Sentito Wildest Dreams non mi piacque, o meglio non mi disse nulla, ma l’amico insisteva: “A me è piaciuto, ha un ritornello orecchiabile e trallallerico”. Ecco, ricordo che usò proprio questo neologismo, nato per caso dalla tarda ora e dalla digitazione ad altissima velocità: trallallerico. Nelle intenzioni dell’amico nottambulo, voleva dire “che fa trallallà”, che si ascolta bene. Vogliamo dire che gli Iron Maiden adesso fanno trallallà? Non ero d’accordo con l’entusiasmo dell’amico, per cui cancellai il file maltolto, perché non c’era spazio sull’hard disk per ciò che non mi interessava, e mi dimenticai della questione. Devo dire però che per questo gruppo ho sempre avuto un riguardo speciale, come tutti i metallari dovrebbero avere.
Per me tutto cominciò da Killers, per la precisione sentendo l’assolo di Murders in the Rue Morgue, ma questa è un’altra storia. Era passato molto tempo dall’ultima volta che avevo ascoltato gli Iron Maiden: ero stato al mitico concerto a Milano del 99, dopo il ritorno di Bruce e di Adrian, c’erano stati The Wicker Man e poi Brave New World, che avevano riaperto una nuova epoca sia per il gruppo che per i fan. Poco dopo quei fatti, la voglia di stargli dietro mi era passata, ecco un altro motivo per cui sulle prime non consideravo Dance of Death: non per sdegno, ma perché semplicemente stavo dedicando il mio tempo alle mille altre cose che ascoltavo all’epoca. Inoltre, la copertina in computer grafica di dieci anni prima non invogliava certo l’acquisto. Perfino Dickinson, nella sua autobiografia, la definisce imbarazzante e siamo in molti ad essere d’accordo con questa affermazione. L’artista David Patchett aveva inizialmente realizzato una prima versione della copertina, più semplice, molto più onesta e anche molto più in linea con il solito stile Iron Maiden. Poi però Rod Smallwood ritenne che fosse troppo vuota e pensò bene di far aggiungere quelle figure in digitale a qualcuno della IronMaiden.com. Pare che il programma usato per lo scempio si chiamasse Poser, fate voi. Strano che Steve Harris non abbia detto la sua in proposito, comunque sono incidenti che capitano, l’importante è non ripetere gli stessi errori, per lo meno non troppo spesso.
La prima versione della copertina
Tornando alla mia vicenda col disco, passò qualche mese e la curiosità cominciò immancabilmente a fare breccia nella mia mente, per cui, superato il blocco dovuto al discutibile singolo e al non trascurabile trauma della copertina, me lo procurai e gli diedi un’opportunità. Trovai un disco non troppo memorabile: forse era manieristico, forse indugiava troppo su tempi lenti e dilatati, ma notai una qualche forma di ispirazione e di onestà artistica, per cui qualche cosa che mi piaceva c’era, in particolare Dance of Death, Rainmaker, No More Lies e Paschendale. Queste canzoni continuo di tanto in tanto ad ascoltarle e, se in un disco trovo quattro canzoni che mi piacciono e che riascolto anche a distanza di anni, significa che qualcosa di buono c’è. Per quanto mi riguarda, Dance of Death è quindi un disco da promuovere; non a pieni voti, ma oltre la sufficienza, sì.
Concettualmente trovo che Dance of Death sia suddiviso in due parti stilisticamente separate: la prima è quella “dei brani accattivanti”, seguita da un un breve intermezzo con due brani insignificanti, poi arriva la seconda parte che è quella “dei lentoni”, aperta dalla quasi-progressive Paschendale e che poi dura fino alla fine. Peccato che proprio uno dei brani della zona insignificante, New Frontier, sia l’unico a cui abbia mai ufficialmente contribuito Nicko McBrain.

Dance of Death è da prendere come un passaggio particolare nella carriera degli Iron Maiden: era un momento in cui, dopo il trionfale ritorno con Brave New World, che tutto sommato era piaciuto a molti e che aveva segnato la loro ripartenza di inizio millennio, dovevano farci vedere cosa sarebbero riusciti a combinare con l’uscita successiva: le soluzioni che si trovano in Dance of Death sono tipicamente maideniane, non saprei come altro definirle, ovvero quell’insieme di cadenze, di chitarre armonizzate, di batteria fantasiosa e della voce di Bruce Dickinson. Era proprio quello che volevamo sentire da loro: c’è qualche trucco di mestiere, per esempio l’eponima Dance of Death ricalca il modello di Fear of the Dark, senza raggiungerne la forza, ma comunque ne rappresenta un’ottima alternativa e si fa volere bene. Rainmaker e No More Lies sono canzoni energiche e ben composte, mentre Paschendale, scritta da Adrian Smith, riporta a galla la profonda anima progressive ed epica degli Iron Maiden. Le altre canzoni possono piacere o meno, io le ritengo poco significative, ma comunque in generale Dance of Death è un album che prosegue l’onda della ripartenza del millennio e, in virtù dei suoi pregi e dei suoi difetti, fu l’ultimo grande album degli Iron Maiden.
Salute a te, Adso, se mai mi leggi, amico trallallerico di mille nottate. (Stefano Mazza)

Ai tempi mi ricordo che non mi era dispiaciuto, a parte la produzione con quel suono floppo. Non credo comunque di averlo mai più riascoltato in vent’anni.
"Mi piace""Mi piace"
Mi fa uno strano effetto questo disco. Se ci penso, devo dire che non lo apprezzo particolarmente. Escluse “Rainmaker” e “Age of Innocence”, il resto è molto filler. “No More Lies” è urticante. Carina la title track. Journeyman piace tantissimo a mia mamma…
Detto questo, finisco per ascoltarlo più di altri dischi post reunion che sulla carta preferisco (“A Matter” e “Brave new World”).
Va a capire
"Mi piace"Piace a 1 persona
Age of Innocence piace un sacco pure a me. Che poi non è manco tutta sta cosa. Vai a capire perché?
"Mi piace""Mi piace"
Sembra un bel pezzo solista di Dickinson ma in realtà è stata scritta da Harris.
Ha un super ritornello!
"Mi piace""Mi piace"
L’inizio della caduta nel baratro. Mai riascoltato alcun pezzo.
"Mi piace""Mi piace"
Sì, assolutamente. È l’inizio di un modo “nuovo” di “(sotto)produrre” dischi un tanto al chilo, in casa Maiden. Una discontinuità che rompe in modo clamoroso con la loro tradizione storica, fatta di accuratezza, ricercatezza, tempo, fatica, arrangiamenti, stratificazioni, tracce su tracce di chitarra, voci, armonizzazioni.
Stava già accadendo col disco prima ma qua pare veramente di sentire un cazzo di live in studio alla “bonaaaa la primaaa, dajeeeee che se ne annamo a casa!!!”.
Lo posso comprendere umanamente che te sei rotto er cazzo di passare mesi e mesi lontano da casa, mentre tua figlia sta iniziando a farselo appoggiare da qualche sbarbatello e tua moglie te guarda de traverso e te dice: oh, ancora? Ma non avevi detto che tornavi prima la sera?
Però a quel punto pensaci bene. Hai fatto la storia, una sequenza di cose clamorose, leggendarie. Pensaci. Lascia perdere e vivi di rendita, fai altro. Tiè, concediti un tour all’anno riempendo stadi a nastro.
Perché se non ci pensi bene trasmetti pure una cultura, a chi guarda, ascolta, imita, che parla di cose fatte a cazzo de cane, tanto per farle. Che parla di incapacità di convenire con un produttore serio che te dice: pedala per dio!! Questa la rifai, qua taglia, da capo!!
Una cazzo di cultura orami imperante, non solo musicale, fatta di approssimazione e grossolanità a pacchi.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Guarda, io non te lo so dire. Ma la freschezza compositiva se n’è andata a favore di una pseudo capacità di gestire la complessità. Che non hanno, né qui né (peggio) avanti.
"Mi piace""Mi piace"
Per me finiscono con virtual IX che per quanto abbia dei difetti, rimane comunque sperimentale ed un buon album. Ed aggiungo che il sequel doveva essere silicon messiah… ah no sono troppo chiaviche per suonarlo
"Mi piace""Mi piace"
Per me finiscono con virtual IX che per quanto abbia dei difetti, rimane comunque sperimentale ed un buon album.
"Mi piace""Mi piace"
Dickinson voleva un disco in cui osare e in effetti nei pezzi migliori osarono eccome (sempre in rapporto all’ortodossia Maiden): le chitarre acustiche della splendida title track e di Journeyman, le melodie ariose di rainmaker e no more lies, la struggente Paschendale (pochi pezzi sono così cinematografici secondo me), l’altra metà del disco é davvero nella media, pezzi come age of innocence e Edge of tomorrow sono delle fetecchie e non mancano arrangiamenti discutibili, tipo il doppio pedale di face in the sand. Non brutto ma niente di che, certo che quei cinque pezzi in alto lasciavano ben sperare.
"Mi piace""Mi piace"
Ricordo che mi deluse molto dopo Brave New world.
Se paragonato a cosa fecero dopo questo è un mezzo capolavoro. Cmq ha tre-quattro pezzi che si salvano e a voler essere onesti non è che Fear of the dark ne avesse molti di più
"Mi piace""Mi piace"
L’ultimo che valga qualcosa. Riesco ad ascoltarlo nonostante le lungaggini.
Dopo, il nulla, i pipponi elefantiaci e senili, il tedio, l’irritazione, le canzoni di 10 minuti con idee per durarne 3 e gli handicappati che applaudiscono ogni nuovo parto fatto con quella formula come “capolavoro maturo”.
"Mi piace""Mi piace"
Ineccepibile.
"Mi piace""Mi piace"