Tratteniamo il respiro e incrociamo le dita, è uscita la nuova dei BLIND GUARDIAN

L’uscita del nuovo singolo dei Blind Guardian mi è stata segnalata in tempi record dall’Azzeccagarbugli, uno che, per usare quell’orribile espressione in voga a Milano, è sempre sul pezzo. Il nostro fido avvocato mi ha inoltre specificato che in giro se ne parlava come di un ritorno alle sonorità di A Night at The Opera, cosa che ovviamente puzzava di cazzata lontano un miglio, dato che i Blind Guardian nell’ultimo decennio si sono impegnati con tutte le loro forze per mostrarsi al mondo come gruppo irrecuperabile.
Date le premesse mi sono messo all’ascolto di questa Secrets of American Gods con le stesse aspettative di quando vado a cambiare il pannolino di mio figlio neonato la mattina presto. E invece, amici, sono rimasto molto sorpreso, perché incredibilmente non fa schifo. Di più: il paragone con A Night at the Opera ha pure un senso, dato che, come quel disco fu il ritorno a una scrittura più semplice e diretta dopo la grandeur di Nightfall in Middle-Earth, anche qui Olbrich e soci scrivono un pezzo più immediato, concentrandosi sulle melodie portanti e spogliando la struttura compositiva dagli innumerevoli superstrati che avevano reso insopportabili e noiosissimi quei polpettoni pretenziosi degli ultimi loro ingiustificabili dischi. Qui invece le melodie sono semplici e riconoscibili, le chitarre hanno un senso, le orchestrazioni non sovraccaricano il pezzo e alla fine ritrovi una scintilla non dico dei Blind Guardian migliori ma quantomeno di quelli di A Twist in the Myth, il loro disco più normale tra quelli che vale la pena sentire. Sinceramente non avrei potuto sperare di meglio.
Questo pezzo va ad aggiungersi alle altre due anticipazioni uscite negli ultimi mesi, ovvero Violent Shadows e Deliver us from Evil, molto meno riuscite di Secrets of the American Gods ma che comunque confermano la direzione di immediatezza e linearità che sembra aver preso il prossimo album, ancora senza nome né data di uscita. Vedremo. (barg)
Delle tre l’unica che mi piace davvero è Deliver Us From Evil, perché almeno ha un ritornello molto piacevole che giustifica il sorbirsi le strofe dove Hansi non sta zitto un attimo.
American Gods non è male, ma non ha un chorus che valga la pena aspettare. Violent Shadows mi è sembrata abbastanza superflua
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A night at the opera un ritorno alla scrittura semplice proprio non si può leggere, quel disco é una ulteriore evoluzione di Nightfall, fra arrangiamenti e orchestrazioni ampollose (vedi la suite per esempio…). Detto questo, é l’ultimo grande disco dei Guardiani.
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Bah, sto pezzo non mi ha lasciato nulla, proverò a riascoltato altre volte ma da molto tempo non riescono più a colpirmi, ovviamente te dalla dipartita di Thomen..
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