Il modo di pensare l’artwork attraverso i decenni

La sostanziale differenza tra le copertine d’un tempo e quelle attuali risiede in concetti legati alla fotografia. Stando a ciò, un’immagine d’impatto avrà maggior probabilità di successo se basata su pochi elementi composti con criterio. Vi sono delle dritte generali che non debbono esser fraintese per regole di valore assoluto, come quella dei terzi o della spartizione in spazi eguali nel caso si vogliano esaltare dei riflessi. Inoltre un numero di elementi dispari (e non pari) è molto spesso indicato come funzionale all’immagine: mi sono sempre domandato il perché, e neanche una volta ho avuto modo di constatare che fosse dimostrabile il contrario. Detto questo, negli anni Settanta e Ottanta, al netto di pop-art e immagini che si tuffavano nella grafica figlia di quei tempi, le generalità “minimali” della fotografia furono generalmente più rispettate che in futuro nel senso stretto della sempiterna dicitura less is more.

Black-Sabbath

Pensate a un’immagine iconica ma comunque piuttosto caotica del periodo in analisi: Black Sabbath del 1970. Non ha dettaglio, presenta una dominante fredda quasi disturbante e, nel suo trambusto di vegetazione (in primo piano, a coprire il soggetto e sulla facciata della casa, che sembra venirne gradualmente divorata), riesce ugualmente a delineare i tre elementi principali. La donna misteriosa, la suddetta casa e il contesto del bosco che isola il tutto e aggiunge mistero. È proprio il presunto bosco ad aggiungere forza all’immagine.

Quel luogo si trova nell’Oxfordshire, si raggiunge tranquillamente da una strada e lì attorno vi sono un ampio corso fluviale e un piccolo centro abitato. La fotografia è tuttavia in grado di trasmettere altro, cioè un generale senso di isolamento. Ma non c’è alcun bosco lì, o meglio: il bosco è nei pressi, ma di sicuro non inghiotte la casa della presunta strega.

Sono molto appassionato alle copertine degli anni Settanta, perché sono semplici e forniscono una capacità di associazione pressoché istantanea, oltre a stimolare l’immaginazione. Pensate a Stormbringer dei Deep Purple, giusto per non citarne una con le “cinque facce” come assolute protagoniste, e anche perché, per il sottoscritto, è fondamentale soffermarsi su qualcosa con l’amato David Coverdale. Oppure, sempre per restare in tema, pensate a Rising dei Rainbow. Qui, due anni dopo Stormbringer, c’è un’altra immagine piena zeppa di nuvole che, anche se intravista da lontano, finirai per associare a quel titolo. È inconfondibile, è potente, anche se di base una mano che emerge dalle nuvole tenendo in pugno un arcobaleno è una delle cose più sbagliate che potrebbero venirti in mente. Per una vita ripenserai a Rising avendo ben in mente Tarot WomanStargazer e quella precisa immagine.

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Negli anni Ottanta il concetto è stato portato avanti e adeguato a canoni che non rappresentassero, in prima linea, soltanto l’icona della band come si poté pensare – forse erroneamente – nel caso degli Iron Maiden. Prendete i Megadeth e la loro mascotte raffigurata dall’allora ventiseienne Ed Repka. Ancor più che negli Iron Maiden, con l’Eddie calato in un contesto punk urbano e decadente, per mezzo di Ed Repka iniziarono a filtrare concetti legati al capitalismo efferato di quegli anni, ai più o meno azzeccati presagi nei confronti del futuro, all’America ed alla sua società corrotta e corruttibile che offriva, prometteva, ma ad un costo ben preciso. La politica entrò in queste immagini e lo fece con forza prorompente, e restò solo un futuro pieno di presagi da poter immaginare. Era tutto più chiaro e stava assumendo i contorni di una chiara denuncia.

Ed Repka, nel tempo, è diventato uno dei simboli assoluti del thrash metal, pur avendo lavorato con i Death di Spiritual Healing (e come paradossale conseguenza con i Massacre di From Beyond) oltre che coi Possessed di Beyond the Gates. Ma fu il materiale che ho descritto poco sopra a renderlo un’icona, lo stesso che oggi porta band contemporanee come Municipal Waste, Suicidal Angels o Toxic Holocaust a commissionargli i lavori. Perfino gli Hirax di Katon DePena, autentici veterani ed autori di Raging Violence e Hate, Fear and Power, si sono affidati a lui giusto una decina d’anni fa.

Dopodiché si è aperta una nuova strada nel pensare le immagini poste d’innanzi a un disco. Penso che in prima linea vi sia un influente ritorno in auge della letteratura di H.P. Lovecraft, il mio scrittore prediletto sin da quando, sui banchi di scuola, mi fu prestata una copia de Il richiamo di Cthulhu. Oggi vi è una netta tendenza alla creazione di mondi, visioni e inferni in immagini complesse a cui le dimensioni limitate del libretto di un compact disc non hanno mai saputo render giustizia. La tela di Paolo Girardi, come accennato nell’intervista che gli dedicai un po’ di tempo fa, è probabilmente la loro dimensione ideale, lo stesso motivo per cui in classe fui beccato con la lente d’ingrandimento a esaminare i personaggi di Supernatural Birth Machine e non ricevetti alcun provvedimento scritto. Mi si chiese, piuttosto, di chi si trattasse. Patchett offre la possibilità di prendere un libretto ed osservarlo per ore alla ricerca dei più disparati dettagli, al punto che la copertina di The Ethereal Mirror divenne quella espansa oppure quella che stringeva l’angolo di campo sull’ultimo personaggio in alto a destra, a sua volta bombardato da un qualcosa di mostruoso e volante. Vi suggerisco di dare un occhio approfondito alle sue opere, sarà un’oretta spesa molto bene.

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A proposito di Patchett, con buona probabilità già saprete di Dance of Death. L’artwork è sostanzialmente suo ma venne pesantemente modificato, alterando mano, stile e idee dell’autore che a suo tempo già aveva sul curriculum il debut degli Electric Wizard. In sostanza uscì fuori questo scempio, o trogolo disumano che dir si voglia, che dell’idea e del disegno originario finì col mantenere solamente Eddie e le figure in sfondo, inserendo ovunque personaggi ricavati da una abominevole computer grafica. Dave Patchett scelse di tirarsi fuori dai crediti a coronamento di una post-produzione che, dovunque si guardasse, alle immagini così come alle musiche, aveva lasciato non poche cicatrici insanabili. (Marco Belardi)

5 commenti

  • Io sono un appassionato di copertine e non mi vergogno a dire che se faccio un giro su youtube in cerca di musica nuova, non potendo ovviamente ascoltare tutte le migliaia di album proposti dall’algoritmo, la prima scrematura importante parte proprio dalla copertina. La cosa incredibile è che così facendo poche volte sbaglio, in barba a “il libro non si giudica dalla copertina”. Sbagliato. Il libro, o l’album, si giudica anche dalla copertina, è il biglietto da visita dell’opera ed è importantissimo.
    Detto questo, parlando di copertine anni ’70, le mie due preferite a parimerito sono quelle dei debutti di Black Sabbath e Blue Öyster Cult. Anche quella di Rising è bellissima e difatti tutte e tre gli LP di questi album sono appesi nel mio salotto assieme a 2112, Dark Side Of The Moon, Fragile (degli Yes) e altri non anni ’70.
    Quella di Dance Of Death è di una bruttezza indescrivibile oltre che piena di particolari tragicomici, come i talloni della bambina che compenetrano nel cane tipo glitch grafico da videogioco, o l’ascella disarticolata della tizia a testa in giù.

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  • Mamma mia dance of death. Non sono mai riuscito a comprendere come delle persone nel pieno delle loro facoltà mentali (immagino) abbiano potuto avallare una porcheria del genere. E, tralasciando l’artwork, la prima volta che lo misi su pensai che mi si fosse fottuto lo stereo. Parlando di artisti prestati agli artwork metal a me ha sempre fatto andare via di testa Necrolord, soprattutto il suo modo di disegnare le montagne, con quei segni netti, incisi e aguzzi che sono la quintessenza del black metal

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  • La questione degli elementi dispari proviene, molto probabilmente, da quel che insegna la psicologia della gestalt (forma, in tedesco). Senza ammorbare nessuno vado al sodo. La percezione umana tende a ordinare le forme secondo uno schema precostituito che predilige, per esempio, stagliare una figura dallo sfondo. Le eccessive simmetrie distraggono e non ti permettono di fare questa operazione che serve a catturare l”attenzione. Quindi presumo che un numero dispari di elementi serva a non omogeneizzare e ad agevolare questo processo di attenzione selettiva.

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  • Ricordo una leggenda metropolitana, letta su internet tempo fa, secondo la quale l’artista della copertina di Dance of Death era morto prima di finire il lavoro e la band aveva deciso di utilizzare l’opera incompiuta come tributo alla sua memoria. Questo per dire che storie circolano a volte.

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  • Beh io ho una mia teoria sicuramente sbagliata ma tant’è…e cioè che spesso si fa prima a scattare una foto senza perdersi in mille questioni tecniche e poi renderla iconica in quanto foto dell’album X. Voglio dire la foto dei Black Sabbath è sicuramente iconica ma non credo che abbiano perso troppo tempo per farla…se sbaglio insultatemi che non me la prendo. Altra questione sono le copertine moderne dove photoshop e altre mille diavolerie softwariane riescono a creare qualsiasi cosa. Ovvio che poi una merda come la copertina di Dance of death è frutto sicuramente dello scazzo più totale sia da parte dei grafici , sia da parte di Harris che immagino l’avrà guardata al volo 2 secondi e abbia detto scazzatissimo… si si va bene…

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