Si fa presto a dire NWOTHM – Pendant ce temps, en France…

Aux arms, citoyens! La nouvelle vague del metallo tradizionale trova in Francia un manipolo di band dal potenziale davvero notevole e che è facile raggruppare in una scena, dati punti in comune come il suono tendenzialmente più gentile rispetto alla media dei nuovi tradizionalisti. E soprattutto per l’uso del francese, che i nostri avvinazzati cugini ancora memori di Azincourt tendono a preferire all’inglese. Ci stupisce la cosa? Nient’affatto. Oltre ai pazzeschi Trust, c’è un altro riferimento francese piuttosto ingombrante, ovvero i Sortilége, gruppo stimato anche da un noto compositore della Florida. Spettacolari Métamorphose e Larmes des Héros. Tra l’altro son tornati quest’anno con l’operazione discutibile di ri-registrare i vecchi brani, classica cosa che lascia il tempo che trova. Anzi, a giudicare da quanto scritto su Metal Archives, questi Sortilége non sono nemmeno i veri Sortilége, ma un’altra band chiamata Sortilége fondata dal cantante dei Sortilége che suona il repertorio dei Sortilége, però quegli altri. Fantastico. Non ho nemmeno voglia di indagare troppo, meglio passare alle nuove leve.
Gli HERZEL sono bretoni. Gente di Brocelandia, insomma. Le Dernier Rampart è l’esordio, ed è una discreta pezza di metallo cavalleresco e cortese, NWOBHM e danze gavotte. L’opener Maîtres de l’Océan si conquista già da sola tutta la credibilità del disco, tesa, malinconica, epica. La voce di Thomas Guillesser è la sorpresa, così come i bellissimi raddoppi di chitarra e la ritmica tosta. In La Flamme si sente poi tantissimo l’influenza del fato misericordioso nelle dinamiche dei rallentamenti improvvisi e delle ripartenza maligne. E negli acuti. Gran bel pezzo e belle chitarre. Poi arrivano appunto i pifferi celtici, ma il disco non perde minimamente credibilità, anzi ne guadagna perché qui il metallo cavalleresco si ammanta veramente di epicità antica e si schiva facilmente il rischio di finire a fare folk metal da azienda di promozione turistica. Anzi, a parte l’intermezzo puramente folk di Le Dernier Rempart, è la struttura ritmica e melodica tradizionale a compenetrarsi nella maglia d’acciaio, e con risultati davvero interessanti. Notevoli. Pubblica la romana Gates of Hell.
Andiamo indietro al 2020 che è il caso di recuperare allora anche l’ep omonimo d’esordio dei MEURTRIERES, da Lione. Il discorso non cambia molto, anzi le coordinate restano le stesse, ma senza componente folk, rafforzando invece la medievalità grazie al carisma guerriero e solenne della pucelle Fleur dietro al microfono. Sembra ora abbiano dovuto trovare una nuova cantante. Vedremo quando uscirà qualcosa di nuovo, ma Fleur già mi piaceva molto. Perché la scrittura ed il suono sono quelli urgenti dei primi Maiden, palesemente omaggiati nell’incipit (c’è pure un bel basso protagonista), ma è quando entra in scena lei in A la Spathe che le cose si fanno davvero trascinanti. E anche grazie ad un finale epico davvero riuscito. Sempre su alti livelli Alienor, e non dite che quando Fleur vi intima “En garde!” non vi viene istintivamente di cercare l’elsa di una spada per la paura di soccombere sotto i fendenti incalzanti della spadaccina. E si prosegue così, con storie di eroine leggendarie e un suono agile, duro quando serve ed elegante (“noblesse oblige”…). Esordio memorabile, ma vogliamo di più, e il prima possibile. Fra l’altro, che copertina, signori!
E chiudiamo con gli occitani TENTATION, che dell’infornata sono i più speed, veloci e metallici. Meno medievaleggianti, insomma. Peccato, che un concept sui catari ci sarebbe garbato moltissimo. Ma Le Berceau des Dieux è bellissimo così com’è, anzi non gli toglieresti una singola nota. A parte forse L’Enfant de Gosthal, che però è solo un cazzeggio tipo videogioco arcade. Il resto del disco invece è serio quant’è serio l’heavy metal. Anzi, il disco si chiude proprio con una canzone chiamata Heavy Metal (accento sulla “a”) con tre ospiti ad alternarsi al microfoni, tra cui il cantante dei Titan, se li conoscete (io no). Qui siamo quasi su territori thrash (eloquente il passaggio dall’intro alla strofa), testo da fratellanza metallara e coro contagioso. Ma anche le altre canzoni sono di livello alto: L’Exode, Le Couvent, Conquérants, Blanche, tutte veloci, innodiche e rocciose come le capocciate di Zidane. Trascinanti. Grande annata per la Francia, che dice la sua sul metallo tradizionale quanto su quello più scuro. Ed è sempre un piacere poi constatare che è ancora una volta Roma (versante Cruz Del Sur, questa volta) ad averci visto lungo. (Lorenzo Centini)
La parte più difficile, almeno per me, è andare oltre l’effetto ohlàlà al microfono. Che poi, per essere sinceri fino in fondo, mi succede lo stesso con le band italiane.
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