Recensione quadrupla: IRON MAIDEN – Senjutsu

Marco Belardi: Senjutsu è un bel disco e me ne sono convinto perché sono riuscito ad ascoltarlo d’un fiato. Naturale che abbia innumerevoli difetti: Bruce Dickinson sembra più in difficoltà nel salire di tono e la produzione fa ancora una volta schifo, ma oggi Shirley è il suono dei Maiden, piaccia o no. Tanta è la sua capacità di donar naturalezza allo strumento – fantastica la batteria, dominata dal charleston – altrettanta è quella di ammosciare le canzoni. Alcuni brani funzionano benone nella veste pensata da Shirley, altri per niente (Stratego avrebbe vinto su tutti i fronti con un altro suono). Ne viene fuori un album estremamente vario.

Ho odiato i singoli sin dal primo momento, ora li conosco a memoria. Se una canzone ti entra in nel cervello, a parte certi tormentoni estivi, vuol dire che ti è piaciuta. The Writing on the Wall, con quell’attacco da telefilm western anni Novanta, è concettualmente da prendere a bastonate ma ha quel ritornello che si stampa in testa. Il meglio è il trittico centrale costituito da Days of Future Past, altro refrain vincente, The Time Machine, in odor di Brave New World, e la mia prediletta Darkest Hour, un sunto degli Iron Maiden fumosi, oscuri e spontanei di Piece of Mind e No Prayer for the Dying, ove Dickinson dimostra con abilità di sapersi risparmiare le corde vocali. Poi ci sono le tre mattonate finali firmate Harris. Hell on Earth è la più riuscita, con una ripartenza centrale che è tra gli apici emotivi del disco, mentre le altre due suite non tengono l’asticella dell’attenzione così alta.

Miglior album per distacco del dopo Brave New World: gli odierni Iron Maiden sono anziani signori che hanno svolto, per l’ennesima volta, il loro mestiere al massimo delle proprie capacità. Perciò, io che ho detestato Dance of Death, inconcludente a partire dalla faccenda della copertina, e che parzialmente salvo The Final Frontier, finalmente riesco a ascoltare un disco della vergine di ferro godendomelo. Sarà l’ultimo o il penultimo, sarà certamente uno degli ultimi granelli della clessidra. Stavolta non ho un cazzo da dirgli e sono contento così.

Barg: Non c’è bisogno che vi descriva nel dettaglio questo galattico Senjutsu perché tanto lo avrete già tutti sentito più volte; vi basti sapere che è meglio di The Book of Souls ma è comunque una rottura di coglioni mica da ridere. L’unica carina è Hell on Earth, ma viene mezza affossata dai quasi cinque minuti di tremendi arpeggini stracciapalle in apertura, in chiusura e financo nel mezzo. Il problema serio è che Steve Harris è convinto di riuscire a fare musica epica con sfumature progressive, quando in verità i suoi ultimi pastoni sono epici quanto un asino morto e non hanno assolutamente nulla di progressive. Fa i pezzi cadenzati in crescendo, con Dickinson che strilla con enfasi declamatoria, e pensa che siano epici. Fa i pezzi di dieci minuti, separando più parti al loro interno, e pensa che siano progressive. Mi verrebbe inoltre da chiedere se, secondo la sua logica, questi ormai ineluttabili tappetoni di archi che infestano le sue mirabili composizioni ricadano nell’ambito epico o progressive, ma avrei paura della risposta.

Senjutsu sembra la caricatura di The X Factor, ma concepito e realizzato in modo completamente sbagliato. Io ricordo le recensioni di Virtual XI nel 1998 in cui veniva spietatamente presa di mira la fissazione di infilare sti arpeggini all’inizio dei pezzi. Siamo qui ventitré anni dopo e questi ancora stanno in fissa con gli arpeggini. Oh, e basta, no? Ma dico seriamente: dai, cazzo, basta. Di solito i gruppi anziani e in crisi perenne di creatività riprendono stilemi tipici dei propri anni d’oro, gli Iron Maiden invece riprendono stilemi della parte finale e discendente della carriera. Non mi pare una cosa troppo furba, detta proprio sinceramente. E non vale neanche la pena insistere sulle solite recriminazioni, la produzione, gli arrangiamenti, la mancata valorizzazione delle tre chitarre, perché ormai abbiamo perso la voce a furia di ripeterle. Facciamo così: rileggetevi la recensione di Carrozzi, perché è tutto lì dentro e non c’è bisogno di aggiungere altro.

L’Azzeccagarbugli: Da Brave New World in poi, gli Iron Maiden hanno cercato sempre di fare qualcosa di diverso, con risultati alterni. In alcuni casi ci siamo trovati di fronte mappazzoni indigeribili con qualche pezzo convincente (A Matter of Life and Death), in altri casi dischi riusciti a metà (The Final Frontier), in altri ancora lavori che avrebbero necessitato di una significativa sforbiciata (The Book of Souls). Non si può tuttavia non lodare la loro voglia di mettersi in discussione.

Il  copione è quello degli ultimi due album: brani molto lunghi, articolati e non immediati, quasi tutti mid tempo. Senjutsu ha, però, due enormi punti a suo favore. A differenza di The Final Frontier, qui la qualità media è sempre quantomeno dignitosa. E, laddove The Book of Souls, ascolto dopo ascolto, perdeva di intensità, il nuovo disco cresce tantissimo e in modo esponenziale. Questo perché, a dispetto dell’apparente monotonia riscontrabile soprattutto nei brani più estesi, con un po’ di pazienza canzoni come Hell on Earth, la splendida title track o Lost in a Lost World riescono a esprimere tutto il loro potenziale, a coinvolgere e addirittura a sorprendere, grazie al ricorso a sonorità non immediatamente associabili agli Iron Maiden. I ritmi meno serrati consentono poi di rendere giustizia a Bruce Dickinson, autore di una prestazione maiuscola.

Non tutto è a fuoco: brani come The Time Machine o Death of The Celts sono effettivamente piatti e poco incisivi, il ritornello di Writing on the Wall è ripetuto 150 volte, la produzione è sempre troppo “bombastica” e harriscentrica, ma il risultato complessivo stavolta è davvero convincente e, finalmente, ispirato. Se ascoltato con la dovuta attenzione, Senjutsu lascia più che soddisfatti, indipendentemente dalle considerazioni sull’età anagrafica e dall’affetto per la band.

Charles: Messe da parte aspirazioni futuriste, tecnologia 3D, videogiochi nati vecchi e cantanti che non sapevano cantare, gli Iron Maiden affrontarono il nuovo millennio con una “nuova” formazione, una nuova estetica e un nuovo produttore: Kevin Shirley. La sua tecnica era molto diversa da quella di Birch. Kevin definiva insieme a Harris tutte le ritmiche di chitarra e le registrava in un’unica soluzione, tenendo da parte qualche sovraincisione che poi sarebbe stata sviluppata dagli altri membri, i quali, una volta in studio, potevano registrare in presa diretta riducendo i tempi morti. Prima del suo arrivo, invece, i nostri erano abituati a registrare ciascuno la propria parte in autonomia, inviarla e successivamente incontrarsi, trovare la quadra, incidere. Altro espediente di Shirley era fornire a ognuno un suo mixer con cui equalizzare a piacimento il volume e le tonalità non solo del suo strumento ma anche delle tracce dei compagni, in modo da sentirsi reciprocamente in cuffia e consigliarsi in tempo reale sulle migliori regolazioni.

Shirley, dunque, metteva in atto una tattica molto raffinata che prevedeva inizialmente una gestione accentrata in fase compositiva, al fianco del suo principale cliente (Harris), e poi optava per una modalità agli antipodi in cui ognuno poteva definire il suono che preferiva apportando le proprie idee al canovaccio di base. Così facendo si deresponsabilizzava totalmente rispetto alla seconda fase, quella di affinamento, così da non ingerire nelle scelte della band, nella scrittura dei brani, etc. Ora, posto che sto diventando sempre più sordo e non posseggo un impianto stereo da millemila euro con le valvole e le luci di Natale, non mi unirò al coro di critiche sulla produzione, però è abbastanza palese che tra Brave New World e Senjutsu questo meccanismo, inizialmente efficace, a un certo punto abbia smesso di funzionare.

Se, ciononostante, reputo Senjutsu un buon disco è perché, prescindendo dal discorso produzione, qui le cose funzionano decentemente da altri due punti di vista: quello compositivo e quello stilistico. È un album che si fa ascoltare con maggiore facilità rispetto ai polpettoni che lo hanno preceduto. Nemmeno i 4 lunghi pezzi finali trovo indigesti, anzi, li apprezzo ancora di più perché vi ritrovo un Dickinson che cerca una via diversa dallo strillare come un disperato. Senjutsu smonta molta di quella impalcatura che dopo Brave New World i Maiden si sono caricati sulle spalle, riavvicinandosi a quel concetto di “disco alla Iron Maiden” che in un mondo normale tutti dovremmo desiderare di ascoltare, come si riavvicina a quella ricetta, scoperta ormai vent’anni fa, che definiva il migliore standard per i Maiden del nuovo millennio.

21 commenti

  • Oh finalmente delle recensioni a modino…(si scherza eh ) 😉

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  • Largo ai giovani, daje.

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  • Le recensioni di Carrozzi dei nuovi album dei Maiden in realtà le scrive Barg, è evidente.
    Carrozzi viene pagato profumatamente per prendersi tutta la merda, ma in realtà a lui il disco è anche piaciuto.

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  • Direi proprio che farò come con The Book Of Souls. Un paio di ascolti tra due o tre mesi per non avere dibattiti del cazzo tra le palle, una bella risata e la vita va avanti. Ormai le nuove uscite loro e di altri vecchietti fuori forma le uso per riscoprire i vecchi dischi, tipo un bel Somewhere In Time sparato stamattina con buona pace di chi parla di “evoluzione” o altre ridicolaggini.

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  • Comunque ragazzi, su dieci canzoni solo tre hanno gli arpeggi iniziali (che vengono ripresi alla fine o meno, questo poco importa). Direi quindi di mettere da parte questa tiritera sugli arpeggini stracciapalle, almeno per questo disco, perché se no diventa un po’ idiota. I problemi di Senjutsu sono ben altri, in primis un songwriting che gira a volte a vuoto e che diventa ripetitivo, e poi la produzione incasinata. A dispetto però di questi limiti, il disco non è male, e come dice l’Azzeccagarbugli la qualità generale è quantomeno dignitosa. Senjutsu ha pochi paragoni con la roba fatta vent’anni fa (figuriamoci trenta o quarantanni fa), va ancora più a fondo nella vocazione drammatica, pomposa e da colonna sonora dei Maiden. Niente di nuovo, alla fine, solo che semplicemente il tutto risulta di un altro colore. Semplicemente diverso, che non significa automaticamente merdoso o da capolavoro. C’è a chi piacerà e a chi no, bisogna farsene una ragione. E no, dite al Carrozzi che i fan non c’entrano nulla: i Maiden sono ormai ad un livello tale che potrebbero incidere un disco di peti dissonanti e vendere caterve di dischi e portare folle agli stadi. Qualunque cosa facciano hanno comunque vinto

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  • Io sto provando ad ascoltarlo tutto di fila e niente, non ci riesco. Se sono in branda mi addormento, se ce l’ho che gira mentre sto facendo altro il mio cervello lo esclude. Perché non emoziona, non coinvolge. Non ha pezzi monstre che ti fanno perdonare i filler, è tutto moscio uguale. Per ascoltare almeno una volta ogni brano ho dovuto dividerlo, ed anche così il disco è elefantiaco, pesante, statico, inutilmente prolisso.

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  • Mi ritrovo appieno in quanto espresso nelle rispettive analisi da l’Azzeccagarbugli e da Charles. A quest’ultimo chiedo dove ha reperito le gustose info sul modus operandi di Kevin Shirley, mi piacerebbe approfondire.

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    • Nel corso degli anni ho accumulato parecchio sapere formulaico tramite varie bio e libri sulla band. Ora non ricordo questa dove la lessi ma se vuoi approfondire ti consiglio il libro di Canali e Gamba

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  • Produzione a parte il migliore da Dance of Death. Però cavoli so che non è la rece di Senjutsu la sede giusta ma non capisco come molti ritengano BNW l’apice post reunion, qualche invasato addirittura AMOLAD e TUTTI snobbino DOD, realmente l’ultima cosa degna fatta dalla band e migliore in assoluto dai tempi di FOTD. Ma qualcuno l’ha mai sentita MONTSEGUR????

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    • Sergente Kabukiman

      Io adoro DOD, non ho mai capito tutto le critiche o peggio, il fatto che tutti se ne siano dimenticati, maiden compresi.

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    • ecco uno degli invasati che venera AMOLAD, oh che vi devo dire a me piace da matti e lo risento piuttosto spesso. Cmq con Senjutsu ho deciso di metterlo un po a riposo e poi riprovare ad ascoltarlo tra un po. Cmq le prime 4 tracce, a forza di ascolti iniziano a crescere abbastanza, ma è il resto che non riesce ad entrarmi in testa, un po’ come dice Griffar.

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    • Vero, DOD meraviglioso, ottimamente arrangiato e con nessun calo vero e proprio. Purtroppo sta facendo la fine di No prayer for the dying, altro bellissimo disco e altrettanto snobbato da molti maideniani e non. E Montsegur è fra i loro pezzi più belli degli ultimi vent’anni. Però, se dobbiamo contare gli ultimi trent’anni, per me viene dopo The X Factor e, soprattutto, NPFTD

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    • Boh, veramente è pieno di gente che adora “Dance Of Death”, basta leggere in giro sul web…

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  • album spettacolare ..che cè da dire???

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  • Ma…e il ventennale di “Toxicity”?

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  • Un polpettone indigeribile con un suono osceno. I lavori solisti di Blaze Bayley sono meglio. A questo sono arrivati Harris e soci, e non penso ci sia bisogno di aggiungere altro.

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