Avere vent’anni: LUCA TURILLI – King of the Nordic Twilight

Cesare Carrozzi: Questo è il disco più bello dei Rhapsody da sempre e per sempre, o almeno fino a quando ho proseguito ad ascoltarli, visto che ad un certo punto mi sono cacato il cazzo e li ho lasciati perdere, tranne per i vecchi dischi ma soprattutto per questo King of the Nordic Twilight che è, amici miei, perfetto: perfetto perché è più immediato di Legendary Tales e Simphony of Enchanted Lands, lavori fantastici ma stracarichi di arrangiamenti e barocchismi che, inevitabilmente, li appesantiscono; perfetto perché, quindi, rispetto ai primi due dischi dei Rhapsody suona molto più potente, più marcatamente power di estrazione tedesca però incrociato con l’impostazione compositiva di Turilli, riconoscibilissima alle prime due note di qualsiasi pezzo che porti la sua firma, col risultato di avere il meglio dei due mondi; e da ultimo è perfetto perché, a differenza dei dischi dei Rhapsody, non c’è Lione dietro al microfono.

Ora, a me Lione non è che dispiace totalmente, anzi nei Rhapsody ha un senso, perché ha un timbro ed un’impostazione vocale, una personalità se preferite, ben definite, che si poggiano perfettamente sulle strutture musicali di Turilli e Staropoli, completandole e arricchendole. Questo nei Rhapsody, appunto, perché fuori da quelli è piacevole ma fino ad un certo punto: nei Labyrinth preferisco di gran lunga Tiranti, con gli Angra vabbuo’ di che parliamo, e via discorrendo; solo che su King of the Nordic Twilight, che come abbiamo visto è migliore dei primi dischi dei Rhapsody già per qualche lunghezza, c’è il cantante perfetto, almeno per le atmosfere dell’album, ovvero Olaf Hayer, veramente superlativo in ogni singolo frangente di ogni singolo pezzo del disco, che peraltro conta solo canzoni fantastiche. Cioè, già solo Warrior’s Pride varrebbe il prezzo del biglietto, ma poi ci sono le varie Black Dragon, The Ancient Forest of Elves, LEGEND OF STEEL, e tutto il resto: questo è un capolavoro e basta. Se lo mettete su di domenica pomeriggio in questo periodo, che magari piove o nevica e fa freddo e buio presto, dopo un po’ vi verrà inevitabilmente voglia o di suicidarvi (ovviamente se siete delle brutte persone già tristi di vostro e, nel caso, fareste benissimo), oppure di chiamare qualche altro stronzo e farvi una partita a D&D o a qualche altro gioco simpatico dove poi si finisce sbronzi a fare a sediate sui reni, svoltando una domenica che altrimenti sai che palle. E vedete se King of the Nordic Twilight non è un capolavoro già solo per questo.

Trainspotting: Devo chiedervi di fare un gigantesco sforzo mentale per capire la situazione di vent’anni fa e la conseguente risposta del pubblico al primo disco solista di Luca Turilli. Ora ridete e fate i pizzarroni, ma Luca Turilli nel 1999 aveva una statura difficile da immaginare adesso: con i Rhapsody aveva tirato fuori due dischi che avevano rivoluzionato il mondo del power metal, ponendo l’Italia tra le potenze emergenti del genere; inoltre erano spuntati fuori suoi cloni da tutto il mondo, e per la prima volta eravamo diventati un modello da seguire. Quindi l’annuncio del disco solista del mullet più ardito del Triveneto fu accolto con grandissima aspettativa, anche per la curiosità di capire in che modo avrebbe potuto deviare dal canone rhapsodiano. Anche perché Turilli era considerato la metà “metallara” del gruppo triestino, con di contro Staropoli che ne rappresentava la parte più sinfonica.

Da questo punto di vista King of the Nordic Twilight fu più o meno quello che ci si aspettava: praticamente un disco dei Rhapsody in tutto e per tutto, ma più diretto e incentrato sulle melodie piuttosto che sugli arzigogoli orchestrali. Persino il logo ricalcava quello del gruppo principale, e anche se in copertina non c’erano draghi la matrice era chiara. E si narra che, per tutti questi motivi, Alex Staropoli non la prese benissimo: al tastierista non piacque che queste melodie non fossero state usate per il loro gruppo, e non piacque neanche il concetto stesso di un disco solista con uno stile praticamente indistinguibile da quello dei Rhapsody. Turilli capì l’antifona e, per i successivi dischi, si sarebbe quantomeno sforzato di creare un concept fantascientifico.

King of the Nordic Twilight però non fu il capolavoro assoluto che in molti speravano: certo, c’erano almeno tre pezzi spettacolari (Black Dragon, Legend of Steel e la mitologica The Ancient Forest of Elves), ma il resto era godibile e poco più. Peraltro il cantante, un crucco ciccione mai sentito prima, aveva una vocina impersonale e una pronuncia che faceva sembrare Timo Kotipelto il professor Tolkien quando registrava alla BBC.

La cosa che comunque rimarrà negli annali è il video di The Ancient Forest of Elves, che è entrato nel mito e per definire il quale non esistono aggettivi adatti nella lingua italiana. Vorrei parlarne per giorni, ma non so davvero da dove cominciare. Quindi, se non l’avete mai visto, mollate tutto quello che state facendo e guardatelo. Ma guardatelo tutto, perché dà il meglio alla fine. Wait for it. Fidatevi. (barg)

(PS: e alla luce di questo suo articolo, permettetemi di fare una dedica personale al Carrozzi con il video seguente, ndbarg)

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