Back from the dead: BRUTALITY – Sea of Ignorance

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Nessuno suonava come i Brutality, tra i gruppi più sottovalutati e ingiustamente dimenticati a emergere dalle paludi di quella Tampa che diede i natali a quasi tutti i colossi del death americano. Esordirono sulla lunga distanza nel ’93 con il fenomenale Screams of Anguish, troppo tardi per intercettare il picco di popolarità di un genere ormai in procinto di subire un drastico ridimensionamento commerciale a causa dell’esplosione del black metal norvegese. A tenere lontani i Brutality dalle copertine delle riviste fu inoltre uno stile allo stesso tempo troppo melodico, quando la gara era ancora a chi era più veloce e cattivo, e troppo peculiare per essere incasellato, forse più vicino alla scena britannica che a quella statunitense, in virtù del feeling desolato e delle atmosfere cupe e cimiteriali. Altri due album, l’ancora ottimo When the Sky Turns Black nel ’94  (c’era una cover, peraltro notevole, di Electric Funeral; ricordo che un recensore che da qualche parte scrisse che “il pezzo ricordava i Black Sabbath“) e il leggermente sotto tono In Mourning (oggetto di recente trattazione su Avere vent’anni) e arrivò lo scioglimento, seguito da un primo, fallimentare tentativo di riformarsi nei primi anni duemila.

Bocce ferme fino al 2013, quando, con tre quarti della line-up storica e un chitarrista recuperato dalla primissima formazione, viene pubblicato Ruins of Humans, un singolo autoprodotto di due tracce per il quale uscii abbastanza scemo, auspicando un nuovo full il prima possibile. Full che è uscito lo scorso gennaio. Essendo fondamentalmente un cialtrone, ho però ascoltato solo di recente Sea of Ignorance, prodotto da un’etichetta sfigatissima mai sentita prima, tale Ceremonial Records, che già qua ti viene voglia di ordinare tre copie a scatola chiusa. Il batterista originale, Jim Coker, nel frattempo se ne è andato. Però sono sempre loro, con quella scrittura complessa che privilegia il groove e la melodia, rifuggendo la brutalità fine a se stessa (a dispetto di un moniker che è obiettivamente tra i migliori del mondo), con quegli assoli lunghissimi e pulitissimi, quegli arpeggi e quegli svarioni gothic/doom anch’essi più albionici che floridiani, quelle deliziose reminescenze dei Death, quei riffoni apocalittici alla Bolt Thrower. Sea of Ignorance on sarà un capolavoro, quella dei Brutality non sarà la reunion del decennio ma, considerando quanto poco costoro abbiano raccolto in proporzione ai meriti, è eticamente obbligatorio per ogni deathster che si rispetti ascoltare Sea of Ignorance. Così come è obbligatorio ripercorrere l’intera discografia per coloro che non li avessero mai sentiti nominare prima di oggi. Per qualche bizzarro motivo, c’è una non indispensabile cover di Shores In Flames che copre undici dei trentanove minuti di durata. Che diamine, se non avevate abbastanza pezzi, potevate mettere quelli dell’ep. (Ciccio Russo)

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