KORPIKLAANI // METSATOLL @Orion, Ciampino 2013.02.18

Io e Charles entriamo nell’Orion durante il soundcheck dei Korpiklaani. Charles avrebbe voluto sentire anche i Metsatöll, ma purtroppo abbiamo sbagliato l’uscita del raccordo anulare e abbiamo vagato per mezz’ora intorno alla Borghesiana. Quindi niente Metsatöll. Io però rassicuro il mio fido compare di merende, perché i Korpiklaani li ho visti già due volte e non hanno mai deluso. Anzi ricordo che all’Agglutination riuscirono a far ballare la quadriglia pure alla gente venuta per vedere i Cannibal Corpse, quindi di sicuro oggi ci si diverte.

E un po’ mi smentiscono, perché stavolta non andrà come le altre volte. Il motivo principale è la scaletta totalmente sballata, che lascia fuori parecchie cose che uno si aspetterebbe di sentire; quindi niente Hunting Song, niente Pine Woods, niente Happy Little Boozer, niente Fields in Flames, niente Mettanpeiton Valtialle etc e neanche Kunnia, l’opener del (trascurabile) ultimo disco. Il pubblico però è in visibilio lo stesso, sin dall’attacco con la mediocre Tuonelan Tuvilla, e addirittura richiede a gran voce Rauta, l’ultimo, incomprensibile singolo della band (quello che sembra dica bischerata bischerata). L’età media è molto bassa e la presenza femminile è insospettabilmente folta, e qualcuna di queste disinvolte tipette mi guarda pure un po’ male quando con Charles critico le scelte di scaletta. Un altro problema è che Jonne Järvelä ha delle movenze un po’, uhm, gaie; e stasera non suona la chitarra, quindi è più libero di compiere ampi e ambigui gesti con le mani. Il che ci porta all’altra considerazione della serata: e cioè che, ogni volta che vado da solo con Charles a un concerto, lui mette in dubbio l’ortodossia sessuale della band. Con gli Alcest vabbè, era troppo facile perché Neige è francese e canta di cose intime sussurrando con sensibilità preraffaellitica, quindi ci siamo fatti quattro risate e abbiamo fatto finta che fosse tutto vero. Coi Korpiklaani invece abbiamo riso di meno.

Rispetto agli ultimi concerti all’Orion si sente meglio. La sensazione comunque è che oggi i sei finlandesi siano troppo sobri, facendo mancare quell’atmosfera di devasto necessaria per entrare meglio nello spirito. Se fosse stato un concerto all’aperto avremmo portato un barbecue per cucinare costolette e salsicce, ma invece. A proposito, da oggi bisognerà essere abbastanza cauti nel parlare di salsicce in riferimento ai Korpiklaani. Jonne JärveläSaranno anche d’accordo i due tipi baffuti in canottiera che presenziavano alla serata, uno dei quali, probabilmente fraintendendo una pacca sulla spalla da parte mia, cercherà per tutto il tempo di strusciarsi su di me, nient’altro rimediando che qualche calcio in culo e un paio di spintoni strategici per farlo finire nel punto più violento del pogo a prendere mazzate in faccia dagli immancabili diciottenni di un metro e novantacinque che ti ritrovi puntualmente affianco nel pit. Ma niente, poi ritornava davanti a me. Grazie a episodi del genere l’emaciato Charles inizierà a parlare dei Korpiklaani come di un’icona gay, facendomi notare anche il faccione di Freddie Mercury che campeggia tatuato sull’avambraccio di un tizio coi baffi.

Il primo sussulto ce l’abbiamo quando parte Juodaan Viinaa, un pezzo da birreria alla Dropkick Murphys (da Karkelo) fatto apposta per far zumpare tutti dal vivo. Gli altri picchi della serata sono per la maggior parte i pezzi con gli alcolici nel titolo: Vodka, Tequila, Beer Beer, poi Wooden Pints, Metsalle e qualcos’altro sparso; non molto altro, perché, come detto, la scaletta era totalmente sballata. Senza considerare le due cover: Ievan Polkka e Iron Fist, di cui la seconda ha molto meno senso della prima. Se mai Järvelä dovesse leggermi, gli darei tre consigli precisi:

1.portati sempre la chitarra sul palco
2.chiedi consiglio per scegliere la scaletta
3.bevete di più prima di suonare

Ora aspettiamo il prossimo album, che sarà sicuramente meglio di Manala. Del resto i Korpiklaani fanno uscire un disco all’anno e non ne hanno mai sbagliati due di fila. Un saluto a chi c’era, tranne a quello che cercava di strusciarmisi addosso. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)

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