BLOOD CEREMONY – Living With The Ancients (Rise Above)

La misoginia, in maniera più o meno latente, è un sentimento che alberga nello spirito di qualsivoglia metallaro. Tutta quella paccottiglia ideologica manowariana dalla quale razionalmente ci si cerca di emancipare attraverso ripetuti ascolti forzati di P.J. Harvey, ritorna subdolamente ogni volta che la componente femminile si manifesta preponderante in ascolti più tipicamente heavy. Perché il sangue, il demonio e i sacrifici umani non possono appartenere all’altra metà del cielo.

I Blood Ceremony hanno una cantante donna: tutto qui, in sostanza, il loro problema.

Una band che nonostante un monicker fichissimo, un contratto Rise Above, un suono ultra vintage, l’organo hammond e titoli di canzoni tipo “The Great God Pan” “My Demon Brother” e “Coven Tree” non riesce ad essere mai del tutto credibile.

Qualcosa arriva ad essere al livello delle aspettative, davvero eccezionale ad esempio “Morning Of The Magicians” un mix perfetto di melodie oscure, flauti evocativi, riff seventies, e break bucolico; un vero gioiellino in cui tutto funziona a meraviglia, purtroppo è solo un episodio isolato che non trova il suo contraltare in parti più rozzamente fallocentriche (come accade ad esempio nell’ultimo bellissimo Black Mountain).

Prendete una canzone come “Oliver Haddo”, è onestamente un pezzone… Però quando sento roba del tipo your blood I sacrifice mi aspetto che dietro al microfono ci sia qualcuno che strilla davvero, serve Phil Anselmo. Mi dispiace, ma quando fai il rock satanista la potenza è tutto.

I Blood Ceremony cercano la loro dimensione collocandosi a metà tra la forma impenetrabile di Jex Thoth e il passatismo degli Witchcraft senza riuscire ad ottenere lo straniamento dei primi né la classicità pura dei secondi.

“Living With The Ancients” dipinge un mondo di streghe che fanno sì paura, ma non quanto basta da volerle bruciare in piazza. E i Blood Ceremony rischiano di rimanere un gruppo incompiuto. (Stefano Greco)

PS: a mesi di distanza posso tranquillamente ammettere di aver scritto una cazzata. Il disco è stupendo, anzi per me il migliore del 2011. (sg)

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