Frattaglie in saldo #8

Il tizio a sinistra è oggi un deputato della Repubblica

Quando gli chiesero perché avesse riformato gli AUTOPSY, Chris Reifert fu molto onesto. “Perché potevamo farlo” rispose. Una volta andatosene Clint Bower, non c’era francamente alcun motivo plausibile perché lui e i suoi compagni dovessero portare avanti l’avventura degli ABSCESS piuttosto che resuscitare la vecchia creatura e garantirsi così un posto di maggior rilievo nella bill dei festival e qualche copia venduta in più. Insomma, voi cosa avreste fatto al suo posto? Anzi, a Chris va la mia massima stima per aver portato avanti fin quando possibile una band nata per restare fieramente relegata nel limbo del for fans only. Volendo, The Tomb Within (Peaceville) avrebbe potuto farlo uscire anche dieci anni fa, e nessuno comunque avrebbe potuto dirgli nulla. E intelligente si è rivelata anche la scelta di andare per piccoli passi. Dopo il singolo del 2009, Horrific Obsession, ecco un Ep di cinque pezzi, che esce a quindici anni di distanza da quello Shitfun che segnò la fine del gruppo. Cinque pezzi che, qualunque possa essere il nostro punto di vista su questa ennesima riesumazione, funzionano alla grande. E’ il classico, inconfondibile Autopsy sound, il primordiale death/doom che fece entrare nella storia capolavori come Severed Survival e Mental Funeral, destinati a giocare un ruolo seminale nello sviluppo della scena death metal da entrambi i lati dell’Atlantico. Dopo anni trascorsi a maledire il fenomeno delle reunion indiscriminate mi sembra quasi bizzarro scrivere una cosa del genere, ma se gli Autopsy targati 2010 sono in grado di tirare fuori pezzi come My Corpse Shall Rise non vedo l’ora che esca il full-lenght. A questo punto risulta interessante un confronto con Dawn Of Inhumanity (Peaceville), l’ultimo disco uscito a nome Abscess, ormai quasi un anno fa. Le presenze di Fenriz e Nocturno Culto come guest non erano casuali, la filosofia è quasi darkthroniana: restare orgogliosamente calati nell’extreme metal primigenio, fatto di suoni di merda, chitarre minimali, vocal sguaiate, improvvisi guizzi, un approccio di fatto punk. Dawn Of Inhumanity è un oggetto strano e difficile da classificare, come tutte le opere più recenti degli Abscess, talmente autoreferenziale e orgogliosamente passatista da risultare probabilmente indigeribile per una buona fetta di ascoltatori. Ma proprio qua risiede il suo fascino. Perché con gli Autopsy Reifert e Coralles sono tornati a fare quello che ci si aspetta da loro, laddove con gli Abscess facevano il cazzo che volevano, pur consci che il risultato avrebbe interessato quattro gatti.

Un comeback del quale avrei invece fatto volentieri a meno è quello dei MACABRE, che tornano con un nuovo full a otto anni di distanza dal precedente Murder Metal. Ok, sono sempre stati un gruppo programmaticamente demenziale ma non bastano gli intenti cazzeggioni a salvare un insostenibile pasticcio come Grim Scary Tales (Willowtip/Hammerheart), una sorta di concept dedicato ai grandi mostri della storia, da Nerone (che poi in realtà non era ‘sto cattivo ragazzo, c’è un ottimo libro di Massimo Fini in proposito) a Gilles De Rais passando per Lizzie Borden. Non è questione di non apprezzare il loro peculiare stile, è che i brani sono proprio brutti, tra plagi a man bassa (conta poco se voluti o meno), riff talmente elementari da risultare imbarazzanti e ritornelli che vorrebbero essere catchy ma risultano solo lagnosi. Poi per carità, simpatici sono simpatici, ma non è una giustificazione sufficiente a salvare un album come questo. Un lettore un po’ di tempo fa mi aveva consigliato i FACEBREAKER, onesti gregari della scuola scandinava giunti al traguardo del terzo platter. Non li avevo mai sentiti in precedenza, ma questo Infected (Cyclone Empire), pur non facendo sfracelli, è abbastanza divertente. Death svedese classico, cattivo e diritto all’obiettivo, con riferimenti antiquati ma suoni piuttosto moderni, in un discreto compromesso che potrebbe fare contenti sia gli aficionados della vecchia scuola che chi esce pazzo per i The Haunted. Poco più di un valido divertissement per fanatici, ma il tiro e l’aggressività ci sono. La fantasia un po’ meno ma si tratta del classico album dal quale non ci si aspetta nulla di più che un po’ di sano headbanging. Decisamente più interessanti i tedeschi DEFEATED SANITY, autori di un brutal death ipertecnico ma dalla discreta presa, a metà strada tra l’approccio cruento e claustrofobico della seconda ondata Usa (Origin e Devourment, questi ultimi almeno per quel fottuto suono di rullante)  e il dinamismo e la complessità strutturale dei Cryptopsy pre-rincoglionimento, anche se non mancano episodi più classici (Blissfully Exsanguinated) dove i riferimenti ai cari vecchi Suffocation sono molto più espliciti. Chapters Of Repugnance (Willowtip/Hammerheart) richiede qualche ascolto per essere assimilato e può apparire un po’ ostico a un orecchio non allenato ma se siete degli appassionati di efferatezze sonore è un nome che mi segnerei, fossi in voi. That’s all, folks, ci si ribecca tra breve con una multirecensione tutta dedicata alle ultime uscite Relapse. Stay gore & tuned… (Ciccio Russo)

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