The BRUTAL TRUTH and nothing but – intervista a Dan Lilker (prima parte)

Quando si ha a che fare con uno come Dan Lilker non si rischia certo di rimanere a corto di domande. Intervistare il bassista dei Brutal Truth significa infatti rivivere quasi tre decadi di storia del metal estremo. I giorni eroici del thrash lo videro protagonista nella prima incarnazione degli Anthrax, dai quali venne buttato fuori due secondi dopo le registrazioni dell’esordio Fistful Of Metal. E’ il 1984. Un anno dopo Scott Ian e Charlie Benante, terminate le registrazioni di Spreading The Disease, si rendono conto di avere ancora lo studio a disposizione per una settimana. Richiamano Dan per una rimpatriata all’insegna del puro cazzeggio, buttano giù qualche brano e piazzano dietro il microfono un panzone italoamericano del Bronx amico loro, tale Billy Milano. Ne esce fuori un album che entrerà subito nella storia: quello Speak English Or Die che vede thrash e punk-hardcore fare a sprangate in brani brevissimi e fulminanti, caratterizzati da un sarcasmo corrosivo che non risparmia nessuno. In una realtà caratterizzata da forti tensioni sociali e razziali come la New York degli anni ’80, dove prima della cosiddetta ‘cura Giuliani’ venivano commessi in media oltre duemila omicidi e seicentomila crimini violenti l’anno, gli S.O.D. sfanculano lo sfanculabile, dalle minoranze etniche alle donne, con il solo scopo, dirà lo stesso Lilker in seguito, “di far incazzare più gente possibile”. Un’esaltante parentesi che si chiuse subito, per riaprirsi solo nel ’99 per l’obbligatoria, e altrettanto effimera, reunion. Dan farà comunque tesoro dell’esperienza fondando i Nuclear Assault, fautori di un suono ancora pesantemente influenzato dall’hardcore e radicalmente diverso da quello della Bay Area. Il debutto Game Over è il successivo Survive sono ancora dei classici. Poi la band scenderà progressivamente la china con l’esaurirsi del movimento thrash, reso obsoleto da decine di band giovani e agguerrite che stavano riscrivendo il significato della parola violenza in musica. Ma Dan ha un retroterra troppo hardcore per darsi al death metal e preferisce guardare oltreoceano, dove era nata una mostruosa creatura chiamata grindcore. Inizia così l’avventura dei Brutal Truth. Extreme Conditions Demand Extreme Responses è ancora oggi una delle vette più alte mai raggiunte del genere. La spasmodica apoteosi di violenza del seguente Need To Control farà ancora più male. Il gruppo si scioglierà nel ’98, dopo un altro paio di release. Il loro recente comeback ha finora fruttato un album, il dignitoso Evolution Through Revolution, che avrà un successore quest’anno. Ma il ritorno sulle scene dell’act newyorchese è stato soltanto uno dei numerosi argomenti trattati in questa lunga conversazione dove abbiamo ripercorso l’intera carriera dell’iperattivo bassista…

Partiamo proprio dall’inizio. Quale fu il tuo primo approccio alla musica quando eri bambino?

“Il mio vero primo incontro con la musica fu a cinque anni, quando iniziai a prendere lezioni di piano. Saper suonare le tastiere non mi ha aiutato chissà quanto per il genere di musica per il quale la gente mi conosce ma mi permise di imparare la teoria di base, come le note e la struttura degli accordi. Quando, più grande, cominciai ad ascoltare rock presi in mano la chitarra, che ancor oggi mi torna assai utile quando scrivo i pezzi”.

Ma non hai ripiegato sul basso perché così sarebbe stato più facile entrare in una band?

“No, mi diedi al basso dopo aver ascoltato Whole Lotta Love, mi piaceva molto quel tono profondo quando entra all’inizio.. . Abbastanza buffo se pensi che sono conosciuto per la mia tonalità distorta! Sì, è vero che per i bassisti c’è sempre stata più domanda ma non è stato quello il motivo. Ho formato quasi tutte le band dove ho suonato, quindi non avevo bisogno di cercarne”.

Gli Anthrax nel 1982 (Dan è il primo da destra)

Quali bassisti ti influenzavano all’epoca?

“Jack Bruce dei Cream e John Paul Jones degli Zeppelin. Poi, un po’ più tardi, Lemmy e Steve Harris. Non molti altri, da allora sono andato avanti più o meno da solo”.

Come entrasti in contatto con gli altri ragazzi degli Anthrax? E cosa ricordi delle registrazioni di Fistful Of Metal?

“Scott era mio compagno di liceo, così come Neil. Gli altri ragazzi li trovammo nel giro metal newyorchese, man mano che la cosa si faceva più seria. Il thrash metal allora era un fenomeno ancora nuovissimo, la scena era piuttosto piccola e si finiva per conoscersi tutti abbastanza in fretta. E’ difficile ricordare molto a proposito delle registrazioni di Fistful… Sono passati 27 anni! Ma ricordo che fu molto eccitante fare un disco, peccato che fui buttato fuori dalla band tre giorni dopo la sua uscita…”

Nel 1985 uscì “Speak English Or Die”. Come nacque? E come ti senti oggi che un disco nato per scherzo è considerato uno degli album metal più influenti di quegli anni?

“Nell’85 mi telefonò Scott per chiedermi di partecipare a un progetto hardcore che stava mettendo su con Charlie e Billy, che allora conoscevo già. Credo che Scott e Charlie fossero dispiaciuti per il mio allontanamento dagli Anthrax e volessero tornare a suonare con me in qualche modo. Stavano registrando Spreading The Disease ai Pyramid Sound a Ithaca, New York, e andai ad aiutare Scott a scrivere i pezzi. Vedere quel disco diventare così popolare è stata per me fonte di estrema soddisfazione e anche di un po’ di divertimento. Dopotutto era nato come uno scherzo, almeno dal punto di vista lirico, quindi vederlo andare così bene fu un po’ buffo”.

Gli S.O.D. erano destinati sin dall’inizio a durare per lo spazio di un disco o qualcosa andò male?

“Sapevamo benissimo che gli S.O.D. non erano una priorità per nessuno dei suoi membri, erano giusto un progetto ma c’era l’obiettivo di registrare un altro album subito dopo il primo. E poi, sì, qualcosa andò male. Gli altri ragazzi degli Anthrax divennero gelosissimi dell’improvviso e sorprendente successo degli S.O.D. e chiesero a Scott e Charlie di lasciar perdere. E ovviamente gli Anthrax erano la priorità di Scott e Charlie…”

Perché la band si sciolse di nuovo dopo la reunion del ’99? Si è parlato di gravi problemi personali tra Billy e Scott…

“Tutto quello che posso fare è confermarti che sì, c’erano dei problemi personali tra Billy e gli altri due ragazzi ma non ne voglio parlare in pubblico. Dal mio punto di vista voglio solo dire che è un vero peccato che sorgano certi fraintendimenti quando si è lì per suonare e divertirsi”

Dan ai tempi dei Nuclear Assault

Ritorniamo agli anni ’80. Conclusa l’esperienza con gli Anthrax, desti vita ai Nuclear Assault…

“Formai i Nuclear Assault nell’84, subito dopo che mi fu chiesto di lasciare gli Anthrax. Per chi non lo sapesse, mi buttarono fuori perché stavo sul cazzo al cantante originario, Neil Turbin, che aveva minacciato di andarsene se non fossi stato allontanato. Gli altri decisero di tenersi lui, dato che era il frontman. Mi trovai all’improvviso senza una band e decidi di utilizzare questa inattesa opportunità per suonare un thrash metal più veloce e influenzato dall’hardcore. Così nacquero i Nuclear Assault. Mi piace ricordare di allora soprattutto quanto era eccitante suonare un genere di musica che era ancora molto fresco, perché ognuno suonava a modo suo e non c’erano regole riguardo a come avrebbe dovuto suonare. E con loro girai il mondo e visitai tanti paesi che non avevo mai visto, tra cui anche l’Italia, ho tantissimi ricordi”.

E anche per i Nuclear Assault è stato tempo di reunion… Cosa ne pensi di tutte ‘ste resurrezioni di gruppi degli eighties? Le band attuali non offrono abbastanza emozioni?

“In realtà quella dei Nuclear Assault è una reunion molto estemporanea, gli altri membri hanno tutti un lavoro regolare. John Connelly adesso fa l’insegnante in una high school! Credo che la ragione del ritorno di tutte queste band degli anni ’80 sia il successo di gruppi come i Municipal Waste, che riproducono fedelmente il suono di allora e sono popolari tra ragazzi troppo giovani per aver vissuto la nostra epoca. Queste band nelle interviste sono molto corrette nello spiegare esattamente quali siano le loro influenze, quindi i loro fan ora hanno voglia di venirci a vedere!” (Continua…)

(Leggi la seconda parte dell’intervista)

(Ciccio Russo)