OPETH @Alcatraz, Milano – 06.10.2025
Chi non è un habitué del posto deve sapere che l’Alcatraz, che ha forma grossomodo rettangolare, può montare il palco in due posizioni diverse a seconda della quantità di pubblico. Se ci si attende un moderato numero di astanti, il palco viene montato sul lato lungo, mentre in vista di una partecipazione più numerosa lo stesso palco sarà sul lato corto. Tutto questo per dire che oggi c’è davvero tanta gente, circa tremila persone, e che, a differenza delle occasioni precedenti, gli Opeth suonano con il palco sul lato corto. Sinceramente questa partecipazione mi stupisce, anche perché mi sembra che in questi anni il gruppo di Mikael Åkerfeldt non solo non abbia perso ascoltatori, ma ne abbia pure guadagnati. Il che è strano, se ci pensate: gli Opeth hanno cambiato pelle più volte, e il fatto che la gente continui a chiedere esclusivamente pezzi vecchi è diventato quasi un tormentone, un meme si direbbe adesso, tanto che Åkerfeldt stesso ci scherza continuamente su durante i concerti. Charles ci fece un articolo interessante parecchio tempo fa, ma non tenne conto di una cosa molto importante: dal vivo loro suonano talmente bene che riescono a farti piacere anche le peggiori sbrodolate degli ultimi album.
Che poi è tutta qui la questione. Io non sono mai stato uno che si mette di frequente ad ascoltare i dischi degli Opeth a casa, ma dal vivo me li sono sempre goduti benissimo sin dalla prima volta, al Summer Day in Hell nel 2003, quando nei loro confronti non avevo davvero alcuna aspettativa. Negli ultimi anni li ho visti svariate volte, di cui due al Wacken, e sono sempre stati perfetti. E non parlo solo di mera esecuzione tecnica: in qualche modo riescono puntualmente ad avere un suono ottimo, a ricreare l’atmosfera giusta, a trasmettere ciò che vogliono trasmettere molto di più che su disco; inoltre la spiccata verve comica di Åkerfeldt tra un pezzo di dieci minuti e l’altro riesce ad alleggerire l’esperienza.
Ad esempio oggi suonano tre estratti dall’ultimo The Last Will and Testament (nello specifico i capitoli 1,3 e 7), disco che ho sentito forse un paio di volte appena uscito e che non mi è più venuta voglia di ascoltare da allora. Eppure non c’è stato alcun calo di tensione, anzi, ho pure pensato di dare un’altra occasione all’album, pur sapendo che, come sempre, sentito a casa non farà lo stesso effetto. Il resto della scaletta pesca prevedibilmente da roba più datata, da The Night and the Silent Water (Morningrise, 1996) a The Devil’s Orchard (Heritage, 2011). Saltati completamente i dischi successivi, a parte ovviamente i succitati estratti dall’ultimo. Il pubblico si esalta in modo diverso a seconda del sottoinsieme di appartenenza, perché agli Opeth trovi sia il riccardone che il tizio con la maglia degli Iron Maiden, oltre ovviamente alla nutrita schiera femminile da sempre caratteristica dei loro concerti. Ma nessuno è compassato, compreso Åkerfeldt che, da perfetto standing comedian, per intrattenere il pubblico va a braccio e non ripete mai la stessa battuta. Tranne una, che gli ho sentito dire spesso, ovvero che nel primo tour erano di spalla ai Cradle of Filth. Effettivamente la cosa fa ridere ogni volta che la dice, perché è un accoppiamento strano: ve li immaginate a interagire Dani Filth e Mikael Åkerfeldt? E il pubblico dei primi con le maglie delle suore tette al vento mischiato al pubblico degli Opeth? E quindi ogni volta butta giù ‘sta cosa, quasi con nonchalance, “eravamo di spalla ai Cradle of Filth”, con pausa strategica alla fine, e il pubblico che ride. Lui non prosegue, perché appunto, fa già ridere così. Nel frattempo la gente lo chiama a gran voce MI-CHE-LE! MI-CHE-LE!, e lui non capisce. Poi, al momento di presentare gli altri musicisti (tutti ottimi, ma non c’è neanche bisogno di dirlo, compreso il giovane batterista finlandese ex Paradise Lost), il coro si moltiplica: MAR-TI-NO! MAR-TI-NO!; FE-DE-RI-CO! FE-DE-RI-CO!; GIO-AC-CHI-NO! GIO-AC-CHI-NO!; WAL-TER! WAL-TER!, con Åkerfeldt in evidente difficoltà perché pensa che siano nomignoli affibbiati apposta. In ogni caso credo che si diverta anche lui, a venire in Italia.
La conclusione è delle migliori, con il lunghissimo martellamento ipnotico di Deliverance che chiude un concerto che, ne sono sicuro, ha lasciato tutti soddisfatti. Sempre viva Michelino e, se non avete mai visto gli Opeth dal vivo, vi consiglio di provarci almeno una volta. (barg)



Non li vedevo dal vivo dal credo il 2003. Se non ricordo male erano insieme ai Katatonia al Transilvania di Milano. È stato davvero un bellissimo concerto, trovatemi un’altra band coetanea in grado di suonare così bene per quasi due ore. Akerfeldt sontuoso, penso che come cantante sia addirittura migliorato. La scaletta non era proprio tarata sui miei gusti perché un pezzo da Still Life e magari una Under the Weeping Moon le avrei gradite di più ma in ogni caso soldi ben spesi. Il pubblico un curioso campione di umanità
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Eccomi, con la maglietta e lo smanicato Iron Maiden!
A parte ciò, gran concerto, molto sentito, eseguito davvero egregiamente da professionisti ed artisti davvero di caratura elevata. Michele è di un altro pianeta, ha quel “guizzo in più”, quel “nonsochè” che poi alla fine fa la differenza.
Me li sono proprio goduti, gran bella esperienza, sarei stato lì incantato almeno un’altra oretta, se non fosse per il traffico milanese anche vicino alla mezzanotte, qualche cellulare alzato (sempre a sproposito) di troppo da un gruppetto che pareva uscito dalla “rivincita dei nerd” (riusciti malissimo, peraltro).
Comunque gran bella serata e ottimi Opeth!
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