Avere vent’anni: ENSLAVED – Isa

Per quanto mi riguarda c’è un “prima e un dopo” Isa nel contesto della musica estrema intesa a 360 gradi. Pochi dischi, infatti, sono riusciti nel corso degli anni a convincermi e a segnarmi come l’ottavo album degli Enslaved. Vuoi perché è il risultato, la summa di un percorso ben preciso che i norvegesi hanno portato avanti quantomeno da Monumension, affinandolo con lo splendido Below The Lights e perfezionandolo con il presente Isa che, in un certo senso, funge anche da perfetto viatico per le future evoluzioni della band. Vuoi perché è un album che è uscito nel 2004, nella piena epoca d’oro dei forum e delle comunità online, in cui c’era una certa “fame” di scoprire nuove realtà e capolavori moderni, e il vero colpo di genio è arrivato da una band che esisteva già dal 1991 e che aveva già pubblicato i suoi dischi “fondamentali”. Vuoi perché Isa è un disco che non tradisce di una virgola l’identità degli Enslaved e quello che sono sempre stati, sia a livello musicale sia identitario, ma è un qualcosa di completamente diverso al tempo stesso, capace di piacere anche a chi non si sia mai approcciato ai loro album. 51HRFM4M4NL._UF1000,1000_QL80_ Una sensazione che si percepisce sin da subito, sin dai primi ascolti di Lunar Force, quando si intuisce che parlare di viking o di black metal è solo un tentativo di affibbiare una facile etichetta a qualcosa che non è altrettanto facilmente catalogabile. Perché anche un brano apparentemente “semplice” come l’omonima, impreziosito dalla presenza di un gigantesco Nocturno Culto, non è così lineare, come dimostra un’apertura melodica non affatto comune in un contesto del genere. Una sensazione di trovarsi di fronte a un’opera fuori dagli schemi – e dal valore immensamente superiore alla media – che aumenta in modo esponenziale con l’ascolto di brani come Ascension e Violet Dawning, quest’ultimo tra i meno celebrati del lotto, che lasciano davvero senza parole anche a distanza di vent’anni, e che fanno comprendere quale sia la vera anima del disco, se davvero se ne può individuare solo una. Ed è quella “progressiva”, ma non nel senso stretto del genere, ma di una proposta di ampio respiro, in costante evoluzione e in perenne equilibrio su generi e atmosfere diverse. Perfetto paradigma di questo concetto è una canzone come la conclusiva Neogenesisnomen omen – che rende ancor più semplice la comprensione di Isa: è una finestra su un futuro quasi utopico per quanto perfetto, proveniente da artisti che hanno radici ben ancorate nel loro passato e nella loro identità e che hanno riferimenti e influenze provenienti da un passato ancora più remoto. È quasi l’equivalente in musica del recente Megalopolis di Francis Ford Coppola, musica del futuro che viene dal passato, con uno sguardo figlio del passato. E proprio come lo straordinario film di Coppola – ovviamente incompreso e sbertucciato da un pubblico lobotomizzato – Isa si dipana attraverso passaggi contraddistinti da una libertà e da una fluidità impareggiabili. Non ci sono passaggi bruschi come in certe uscite “pazze geniali follette” dell’epoca. Si passa dalla psichedelia al black metal, dai miti nordici ad una vera e propria neo-genesi futura, dal progressive al viking, con una naturalezza che ha pochi eguali in epoca contemporanea, con Grutle e Larsen che fraseggiano tra loro con movimenti “automatici” e sempre in perfetta sincronia, come due persone che non hanno bisogno di parlare per comunicare. Enslaved-band-2006 Questa commistione/fusione di generi è riscontrabile, con risultati eccelsi, in tutti i frangenti: a livello strutturale, tematico, di atmosfera: si passa, all’interno di singoli brani, dalla furia cieca alla stasi (Return To Yggdrasil), da partiture intricate a quelle il più possibile lineari (Bounded by Allegiance), dai riferimenti più alti a quelli più intellegibili, come se fosse la cosa più semplice del mondo. Quasi tutti i brani sfumano in quello successivo, come i movimenti di una singola ed irripetibile sinfonia, una di quelle che riesce una volta nella vita, circostanza, questa, che rende ancor più incredibile il percorso degli Enslaved, in quanto ai norvegesi era già riuscito in passato di pubblicare opere imprescindibili per tutta la musica estrema, così come sarebbero riusciti a fare altrettanto in futuro (per quanto mi riguarda, soprattutto con gli splendidi RIITIIR e In Times). Come accade solo ai grandissimi, ai giganti, perché questo sono gli Enslaved. Isa, in conclusione, resta per me il miglior disco dei norvegesi – personalmente anche sopra altri lavori imprescindibili come Frost o Eld – ed è uno dei dischi che ho ascoltato di più in questi vent’anni e che continuerò ad ascoltare per la più semplice delle ragioni: perché, nonostante si faccia un grande abuso del termine, Isa è realmente un capolavoro. (L’Azzeccagarbugli)

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