Avere vent’anni: PAIN OF SALVATION – BE
I Pain of Salvation, nel 2004, avevano già alle spalle la pubblicazione di quattro dischi. Entropia già lasciava intravvedere le potenzialità della band, ma riascoltato a distanza di anni mi sembra ne riveli anche l’acerbità degli esordi. One Hour by the Concrete Lake, disco secondo me troppo sottovalutato, soffre, sempre secondo me, di una produzione non all’altezza. Certo è che dopo pubblicarono The Perfect Element I e Remedy Lane che, senza timore di essere smentito da nessuno, rappresentano due delle gemme più perfette in ambito progressive, vette compositive ed esecutive che marcano veramente degli spartiacque nel mondo della musica “estrema”. Dopo una doppietta di dischi del genere, arrivò BE. Riascoltato dopo vent’anni, mi dà l’impressione che il costante trasformismo sia per Daniel Gildenlöw una necessità pressante, ma se i primi quattro dischi mantenevano sonorità molto affini, è con BE che i Pain of Salvation proposero la prima grande ristrutturazione del loro sound.
In linea con i precedenti dischi, anche BE è un concept album, e lo stesso Gildenlöw dichiarò che la prima idea dell’opera venne durante alcuni studi di filosofia durante l’epoca dell’università. Leggendo i testi, quadrando il tutto con la struttura stessa delle canzoni, si può azzardare che le letture che più hanno influenzato il tutto siano in qualche modo relazionate alla concezione monoteistica di Dio, probabilmente i testi della prima gnosi, e quindi studi che approfondiscono in particolar modo la concezione cristiana della divinità tra I e II secolo.
Questo materiale è comunque mescolato alle riflessioni sullo stato della società e del mondo attuale (leggi, del 2004) e la sensazione che se ne ricava è che disco e musica siano più distaccati rispetto ai due precedenti lavori. La riflessione “filosofica” (scusate le virgolette, ma sono obbligatorie) è in questo senso molto fredda, toglie spazio all’emotività esondante che permeava The Perfect Element I e, soprattutto, Remedy Lane. All’interno di questo quadro generale, BE propone a tutti gli effetti una rock opera, meno strutturata di quella presentata, più o meno nello stesso periodo, da The Human Equation (Ayreon), ma che si dipana comunque attraverso l’apparizione di diversi personaggi, alcuni principali e ricorrenti – Imago e Mr. Money –, altri più fugaci – Ms. Mediocrity –, che attraverso le loro “interazioni” aiutano a strutturare meglio la storia che si narra nel disco.
A livello musicale, la novità più grande è la collaborazione dei Pain of Salvation con la Orchestra of Eternity, una vera e propria orchestra da camera che con la sua performance trasforma radicalmente tutto il suono della band. Le parti orchestrali non sono semplicemente un orpello concepito per rendere la musica del quintetto elettrico più pomposa, ma sono concepite per alterare in modo sostanziale stile e forma delle canzoni. Pregevole anche l’iniziativa di pubblicare, oltre alla versione studio del disco, una versione live (in un cofanetto DVD con il video della performance), nella quale si può apprezzare la perfetta esecuzione dal vivo dell’intero lavoro e la carica emotiva che Gildenlöw mise nella sua realizzazione.
Di certo, l’innesto dell’orchestra e la riproposizione delle voci e della loro importanza nella musica dei Pain of Salvation – aspetto, questo, che già si apprezzava tantissimo in Remedy Lane – contribuiscono ad “ammorbidire” il sound generale di un disco che di parti veramente metal ne ha pochissime.
Anche dopo vent’anni, mi sembra giusto dire che BE venne accolto in modo decisamente divisivo. Tutti erano d’accordo nel vedere in The Perfect Element I e Remedy Lane come capolavori del progressive, anche perché dimostrarono che non era necessario essere eccessivamente cervellotici per fare del buon prog e che si poteva coniugare alla perfezione questo stile con tematiche altissimamente emotive. Con BE non furono – e non sono, ancora oggi – in pochi a storcere il naso. Per come la vedo io, accolsi il disco in modo più che positivo e vent’anni dopo le sensazioni di allora vengono riconfermate. Sicuramente, mi colse di sorpresa. Forse è questo, in fin dei conti, il suo aspetto migliore. È proprio questa sensazione di novità radicale, di inatteso, che, oggi, faccio sempre più fatica ad esperire. (Bartolo da Sassoferrato)



il punto per me è che mancano i pezzi. può anche avere molti dei punti di interesse che gli riconosci, ma alla fine non rimane niente se non una generica sensazione di non averci capito una mazza
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Disco che ho sempre adorato alla follia. Sarò strano io, boh…
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i primi due album della band li ho sempre trovati discreti e nulla più, i capolavori per me sono Perfect element, remedy lane e scarsick,tutto il resto va tranquillamente nel cesso
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All’epoca li adoravo, ma capii subito che Be era un disco del cazzo. I titoli in latinorum sbagliato, un concept da filosofia da liceali, testi recitati al limite dell’amatoriale. Le canzoni erano moscissime e ripetitive, quando non proprio vuote (c’era una traccia che era solo un respiro o sbaglio?) un paio di passaggi belli ed emozionanti persi in un mare di ambizione priva di senso. C’erano più idee in una qualsiasi canzone dei primi dischi che in tutta la durata di questo. Per me fu l’inizio della loro fine.
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I titoli delle canzoni non si possono vedere. Concordo sulla questione contenutistica. Non è tanto il concept che è da filosofia da liceali, quanto il modo in cui viene affrontato (per quello, nel mio pezzo, “filosofia” è tra virgolette). Sicuramente inferiore a TPE e RL, ma mi è comunque piaciuto. Nel bene e nel male, che piaccia o no, di sicuro è un tipo di musica inaudita prima.
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ottima sintesi
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