Epic Metal barbaro e selvaggio dalle steppe dell’Est: VENDEL – Out in the Fields
Non mi è capitato spesso di aspettare così tanto l’esordio di una band. Parlo di aspettative pure, come già successo però di recente coi Savage Oath. Ma anche di tempo vero e proprio. Perché, se l’Ep con cui avevo conosciuto i miei nuovi beniamini epic americani era solo dello scorso anno, le prime e uniche (fino ad ora) testimonianze dei moscoviti Vendel risalgono invece al 2017 e al 2019. Due semplici, piccolissimi Ep, di cui ho già fatto cenno anni fa, ormai, quando diedi notizia dei nuovi passi dei colossi Scald (a proposito, dovrebbero farsi vivi pure loro a breve, un singolo uscito pochi giorni fa). Solo che i Vendel sono una band minuscola, non dei “colossi” come gli Scald (minori, reietti, colossi per quelle poche centinaia di persone interessate a questo suono che hanno avuto il culo di ascoltare il loro unico disco). Dal 2019 al 2024 è passato un mucchio di tempo e la notizia, la migliore, è che i Vendel ci sono ancora. Sappiamo che in questi anni di cose in Russia e dintorni ne sono successe, so nulla delle opinioni e delle vite dei cinque ragazzi di Mosca, ma quando mi ero addentrato nell’underground della terza Roma avevo in serbo anche un capitolo sulla capitale dello Zar Pietro I e lì volevo parlare di una band, i Mystic Storm, che suonava una sorta di thrash epico e occulto e magnifico, ma che però si sono sciolti proprio a causa del conflitto, con tre membri emigrati fuori confine. Dei Vendel, ripeto, delle loro idee e delle loro vite, so nulla e mi limito ad essere felice che ci siano ancora, come individui e come gruppo. E che siano arrivati a pubblicare nuova musica, un disco intero, bello, battagliero, fiero. Ah ecco, dimenticavo quasi, parliamo di Epic Metal, con le maiuscole. Non power, non doom, non NWOTHM. Epic. Punto. Spade, asce e lance. In sostanza: vi mancano i Doomsword? Disperate che possano presto uscire di nuovo allo scoperto per una nuova battaglia? Godetevi i Vendel. Ne avete di che placare i vostri istinti guerreschi.
E io come ci ero arrivato ai Vendel? Ci ero arrivato grazie ad un’intervista del chitarrista/pensatore degli Atlantean Kodex, mica cazzi, che ne parlava come di una bella speranza per il genere. Così ho scoperto il suono stramegaselvaggio dei due Ep sopra citati. Suono che in Out in the Fields sembra più… non addomesticato, ma ordinato. Meno istintivo. Confrontate Dirge, anche qui presente, con la versione del 2019 e noterete che questa qui, quella del 2024, è sicuramente meno selvaggia. Ma con questo credo di esaurire subito le lamentele che posso tirare fuori su Out in the Fields, io che sono sempre un rompicoglioni che non mi sta mai bene niente. Perché Dirge resta comunque una canzone eccellente, una mazzata, e Out in the Fields è un album coi controcazzi. Ed è pure un esordio, pensate voi. La cifra, come vi dicevo, è un metallo epico che è solo guerriero. Non leggiadro, non evocativo. Non c’è praticamente nessun ricamo, o intarsio. Non c’è un momento contemplativo, ma solo pugna. Pugna condotta con batteria tosta su tempi, se non sempre medi, certo non velocissimi, e chitarre proprio sulla scia dei Solstice. Che nello stile credo siano, musicalmente parlando, un riferimento ingombrante con cui non si può non confrontarsi, nel genere, e per delle ottime ragioni (ovvero avere sfornato solo capolavori). I Vendel quindi suonano più su quella scia, quella di Solstice e Doomsword, piuttosto che rifarsi alla magniloquenza degli Atlantean Kodex o alla sacralità sepolcrale degli Scald. E va benissimo così, intesi.
Anche perché il valore di un disco lo capisci dagli ascolti che si guadagna da solo coi giorni, uno dopo l’altro. Ascoltando a ripetizione Out in the Fields si esalta tutta la pesantezza di un disco che è per davvero una roccia monolitica, un bastione di pietra, fiero, barbaro. Se nessun solista svetta, bello il lavoro d’insieme delle chitarre (una delle due in comune proprio coi Deathwind). Ottima la presenza dietro al microfono di Alexey Goryachev. Non un tipo da falsetti svolazzanti, voce quasi sempre piena, non tecnicissima, ma con carattere da vendere. Out in the Fields è un disco breve e a titoli come Defender, Never Surrender e Vengeance rende pienamente giustizia la musica dei vari brani. Quanto ci vorrà prima di un prossimo disco o, meglio ancora, prima che i Vendel abbiano la possibilità di suonare sui palchi d’Europa (che magari qua ripiombiamo in una specie di Guerra Fredda, se va bene) non so dirlo. Intanto Out in the Fields conferma che facevo bene a aspettarmi gran belle cose dai Vendel. (Lorenzo Centini)

Insieme a Savage Oath, Ironsword (vabbè EP) e Sentry si infila dritto dritto tra i top album di quest’anno. Occhi puntati sui connazionali scaldici che a fine mese pubblicheranno il tanto atteso ritorno sulle scene, il singolo pubblicato mi lascia ben sperare ma non è esattamente la bomba che speravo. Noi in ogni caso ci faremo trovare pronti, ancora una volta, out in the fields, a fare punti valhalla.
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