Avere vent’anni: PERSUADER – Evolution Purgatory

Vent’anni orsono rimasi seriamente folgorato da Evolution Purgatory. Sul Metal Shock cartaceo lo elevai ad album del mese con il massimo dei voti, e tuttora lo considero uno dei più bei dischi power metal uscito dopo il Duemila. Uno dei cinque, forse, anche se non mi sono mai messo a fare una classifica. Magari all’epoca qualcuno avrà pensato che tutto ciò fosse una conseguenza del mio amore per i primi Blind Guardian (pur se nel 2004 non sentivo ancora la necessità di specificare “primi”) e del fatto che l’essenza stessa dei Persuader è di ricreare la magia e le atmosfere di quei dischi dei bardi di Krefeld.

Tempo fa, a proposito della deriva orchestrale dei Blind Guardian, scrissi che una delle cause del declino del gruppo era stato il malinteso secondo cui la loro caratteristica principe è l’essere sinfonici. Questa infatti non è che una delle loro caratteristiche, e infatti nell’ultimo album Olbrich e soci sono corsi ai ripari, recuperando una struttura più scarna e diretta; hanno però esagerato da quest’altro punto di vista, come una coperta troppo corta che funziona solo se in perfetto equilibrio. Per converso, i Persuader puntano anch’essi sul lato più diretto della musica dei Maestri, ma mischiando le carte in tavola. Evolution Purgatory infatti (come del resto il precedente The Hunter, molto bello ma imparagonabile a questo) cerca di rielaborare quelle influenze in un modo nuovo: pur essendo un disco di chiara derivazione Blind Guardian, non assomiglia in particolare ad alcun disco dei Blind Guardian. Ciò che riporta alla vita sono quelle sensazioni, quelle atmosfere, quel modo di aprirsi nelle melodie; allo scopo aiuta ovviamente tantissimo la voce di Jens Carlsson, scopertamente ispirata a quella del giovane Hansi Kursch.

Nel suo voler ricreare determinate sensazioni senza però abbassarsi a copiarne la struttura in cui sono incastonate, Evolution Purgatory è per assurdo un disco formalmente imperfetto. Il suo fascino sta proprio nel suo essere un diamante grezzo, che rifulge a tratti, con lampi di bellezza abbacinante che stordiscono per il loro essere discontinui. Il disco vive di questi momenti, ne è sorretto, e alla fine ti ricordi solo di questi ultimi. E questo accade perché i Persuader hanno un proprio stile, indipendente da quello dei Blind Guardian, dal quale, voce a parte, riprendono solo le sensazioni. Per il resto strumentalmente siamo su piani molto diversi: chitarra solista e batteria, così peculiari nel gruppo tedesco, qui seguono percorsi indipendenti dal modello; Efraim Juntunen è molto bravo e il suo modo di suonare molto azzeccato, ma non c’entra nulla con Thomen né prova a imitarlo; e la sei corde di Emil Norberg non si prende la scena come faceva Olbrich ai tempi, restando sullo sfondo per dare semplicemente spessore al muro sonoro. Stesso discorso può farsi per l’impianto lirico, che non ha nulla di fantasy.

Quindi è impossibile parlare di Evolution Purgatory senza parlare dei Blind Guardian e allo stesso tempo è parimenti impossibile individuare dei riferimenti diretti a una particolare fase dei Blind Guardian. Rimangono le canzoni, splendide più o meno tutte, di cui rimangono massimamente, come detto, alcuni lampi, ritornelli o aperture melodiche. I Persuader hanno raccolto molto poco rispetto a quanto meritassero, ma basterebbe un singolo ascolto del loro capolavoro per rendersi conto del valore del gruppo svedese. Forse anche per questo la discografia dei Persuader è così scarna. L’ultimo Necromancy è di quattro anni fa, e per quanto riguarda il suo eventuale successore tutto tace. Veramente un peccato. (barg)

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