L’irresistibile fascino delle statistiche: TYRANEX – Reasons for the Slaughter

Una mia incorreggibile deviazione riguarda le statistiche. Non riesco a prescindere da esse, qualunque sia l’argomento: se un calciatore crossa in prevalenza col sinistro o col destro e la percentuale di traversoni riusciti; quanto fa l’auto con un litro in città e nei lunghi tragitti autostradali; la curva di tenuta alla sensibilità ISO della mia fotocamera al variare di determinati fattori. Puttanate del genere mi mandano in pappa il cervello da sempre. Non a caso in età prepuberale persi la testa per la Fiat Tempra di mio nonno, con quel cruscotto digitale concepito per indicare una miriade di dati riguardanti il veicolo e quella predisposizione così futuristica, che pareva riservare agli stessi dati un’importanza superiore all’offerta delle lancette analogiche.

Una volta metallaro ho scoperto BNR Metal e Metal Archives e ho cominciato a importare una mole mastodontica di dati: anno di formazione e scioglimento dei gruppi, passaggi di etichetta in etichetta, cambi di line-up e via discorrendo. Da puttanate del genere che ti mandano in pappa il cervello, no, non si guarisce.

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In anni recenti ho notato una cosa: una significativa fetta dei gruppi retro-thrash che si sono formati nel nuovo millennio, e che hanno combinato qualcosa, si sono formati fra il 2003 e il 2005. Tutti lì, e qualcuno, come i Municipal Waste, un paio d’anni prima. È come se in quel periodo si fossero accorti all’unisono del bisogno di ritornare alla concretezza e alla semplicità dopo un decennio di sfrenata sperimentazione, evoluzione e caccia al soldo. La grana, inoltre, era palese che di lì a poco non ci sarebbe stata in eguali proporzioni: non che loro fossero meno avidi rispetto alla generazione precedente.

Senza mettermi ora a far liste accennerò al nuovo album degli svedesi Tyranex, crucchi mancati, sul mercato per la quarta volta alcuni mesi fa con Reasons for the Slaughter. Attivi appunto dall’anno 2005.

La storia remota del gruppo indica che hanno avuto una cantante di nome Odilé Paloma Estrada Astudillo, legalmente svedese, la quale ha inciso una demo per poi lasciare microfono e timone alla bionda chitarrista Linnea Landstedt. Quest’ultima percorre due strade: il cantato pulito, con un po’ di abuso di chorus ma tutto sommato di discreta fattura, e uno stile rauco che ci porta pari pari dalle parti degli Holy Moses. Ecco spiegata parte dell’anima crucca dei Tyranex. La suddetta cantante mi piace, ma non ha ancora compreso quali sono i momenti in cui è consigliabile azionare il freno e non la cosiddetta briglia sciolta: nel singolo Rise From the Dead se ne ha prova.

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Rispetto al precedente Death Roll la resa canora di Linnea Landstedt si può definire invariata. Il gruppo si è scrollato di dosso quell’ingenuità caciarona e quell’atteggiamento rivolto al low-fi in favore di una pulizia e maturazione sonora pressoché totali. Sono trascorsi sei anni e pertanto non m’aspettavo una riproposizione ampia di tale proposta, ma sarò sincero, li preferivo in quel frangente. Diretti, aggressivi, scarni.

Purtroppo oggi il thrash metal ha vissuto una sorta di salto mainstream, il che non significa Death Angel, Testament e Exodus in sostituzione dei Big Four di una volta, ma l’esposizione mediatica riservata a Nervosa e affini.

Fatta eccezione per i cori quasi power metal di Do or Die e per l’assalto alla Destruction di Where Light Ceases to Exist, di questo Reasons for the Slaughter non mi è rimasto in testa praticamente niente. Rimandati, quindi, con la speranza che il prossimo album veda la luce presto. (Marco Belardi)

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