La “Grande Storia” dell’heavy metal: SAVAGE GRACE – Sign of the Cross
Poi uno dice che la gente non sa cosa si perde a non essere metallari. È vero, e lo sapete benissimo. Sacrosanta verità. E ora ve ne do io un altro esempio, di quelli da far convertire anche il più infedele dei vostri conoscenti. E dire che me lo stavo per perdere questo disco, era uscito in maggio e l’avevo messo in lista, poi l’avevo dimenticato senza manco sentirlo. Per fortuna m’è ricapitata davanti agli occhi la copertina. Inizialmente pensavo ad un bel recuperone NWOTHM, invece col cazzo, questa è Storia. Già, dicevo, la copertina. Con la bionda amazzone, coperta dalle spalle ai piedi da una ferrea armatura ed in posizione equivocabile. Già, se non notaste il ginocchio destro lievemente in secondo piano parrebbe quasi solennemente assisa su di un gabinetto alla turca. Un cesso insomma. Ma la turca è un riferimento al guerriero saraceno sbudellato in secondo piano o all’orda che sta per fare irruzione? Sign of the Cross, il titolo dell’album, è scritto con caratteri inguardabili in inglese e, nella grafica, è anche riportato in una scritta in arabo sopra la soglia presidiata da una specie di crociato. L’abbiamo fatta analizzare al nostro arabista di redazione, che avanza l’ipotesi si tratti di una traduzione automatica, tanto suonerebbe strana la scelta lessicale nella lingua dei saraceni. Nel complesso parrebbe una di quelle inqualificabili copertine create apposta da gruppetti NWOTHM provenienti da luoghi disparati, che so, da Puerto Rico. E invece sapete quale nome campeggia in copertina? Quello dei Savage Grace, una leggenda. Per alcuni.

Nei libri in effetti non ti spiegano come facessero quando gli scappava in battaglia.
Uno dei nomi di quella meravigliosa serie B speed metal statunitense degli anni ’80, di quei gruppi di cui Piero Tola conosce sicuro a memoria pure i testi delle b-side. Famosi, si fa per dire, per le copertine dei dischi storici. Già, le copertine storiche. Conoscete quella di Master of Disguise? Sicuro dai, sennò ve la racconto: c’è un poliziotto baffuto, tipo Chips, che sorride sornione con alle spalle una donna nuda imbavagliata e legata alla sua Moto Guzzi. E l’interno è pure meno corretto politicamente. Pensate. In fondo, in Sign of the Cross le grazie della pulzella son ben celate dell’acciaio, e la spada in mano ce l’ha lei. Legato è quel poraccio che non ho capito se è disegnato o photoshoppato male. Se un feticismo dovevano infilarcelo per forza, per lo meno questo dovrebbe causargli meno problemi, di questi tempi (almeno questo).

Diciamo che erano altri tempi…
Una magnifica storia, quella dei Savage Grace. Anzi, una Grande Storia Heavy Metal. Il nome della band suggerito da Randy Rhoads, fratello del primissimo cantante. L’apparizione sulla compilation Metal Massacre II. Kenny Powell che scazza col mastermind Chris Logue dopo il primo Ep intitolato The Dominatress (immaginate da soli la copertina) e va a fondare gli Omen. Nientemeno che Gene Hoglan in ciccia (tanta) e ossa (non pervenute), nei panni, si fa per dire, di un boia sudato sulla copertina del secondo album, After the Fall of Grace, colto sul punto di decapitare un’altra donzella legata (ma guarda un po’…). Ancora un Ep (in copertina due modelle denudate dinanzi al gruppo schierato), ma poi il gruppo non sopravvive mica all’impatto dei ’90. Si sfalda, Chris Logue (per esteso Christian Maliu Logue) ne tenta alcune per restare a galla. Anche al di fuori dalla professione principale. Ad esempio, nel 2005 è stato arrestato per aver praticato senza titolo la professione legale. In sintesi, praticava cure ai malati di cancro secondo ozonoterapia, pratica controversa. Pare che, perquisendo la casa del chitarrista, la polizia abbia trovato fucili d’assalto e alcune granate, di cui però solo una non già disinnescata. Mi chiedo se non è quello che trovano sempre nel corso di una normale perquisizione, in America. Successivamente, Logue proseguirà la “carriera”, pare aprendo una clinica ai Caraibi (…) e proseguendo con le cure alternative al cancro (vere o presunte). Così almeno riporta Metal Archives. Riguardo alle voci che lo darebbero anche dedito alla produzione pornografica, Logue nega, ma certo ammette: “Non sono un Santo, questo no”). Però vi prego, date un’occhiata alla prima immagine sulla home del sito della band e ditemi se non vi mette certi dubbi pure a voi… Sempre sul sito, l’indaffarato chitarrista vende il Pdf della sua autobiografia, intitolata Christian Logue’s Savage Grace Diary e sottotitolata, con un briciolo di modestia, My life leading the greatest Heavy Metal band you probably never heard of. Settecento pagine che risponderanno ad alcuni vostri impellenti quesiti come (traggo dallo stesso sito):
“Come sono DAVVERO le groupie?”
“Sono state le donne a distruggere la band?”
“È stata la droga a distruggere la band?”
“Cos’è la drunkenomics?”
“Christian Logue è un genio musicale e un innovatore del metal oppure è solo un pazzo debosciato?”
“Cosa lo ha portato all’eccesso, alla degenerazione e alla megalomania?”
“Come fa una band a vivere la vita delle grandi rockstar senza soldi né contratto?”
Tutte cose che lui scrive o fa scrivere sul suo stesso sito. E poi:
“This IS NOT a novel. THIS IS REALITY!”
Leggete per lo meno la rassegna stampa delle recensioni ricevute sul libro riportata sul sito, tanto per capire l’incredibile livello di surrealtà che trasuda da quello che ruota attorno al personaggio di Logue.

Poi, se non sapete cosa regalare ai vostri cari per il Santo Natale…
Però questa sarebbe una recensione, non una di quelle biografie che propone il Messicano (nonostante il personaggio si addica pure…). Visto quanto vi ho raccontato, immaginerete pure che i vecchi membri del gruppo non siano più della partita. Avranno le loro ragioni. Quindi, da qualche parte Logue doveva partire per rimettere in piedi una formazione degna. Girovagando deve essere finito in Brasile, dove pare che sia stato Kiko Loureiro in persona a suggerirgli la sessione ritmica di Fabio Carito e Marcus Dotta. Tosti, precisi ed affiatati, sempre in tandem, loro due. Hanno già supportato Ripper Owens e il compianto Warrel Dane durante la sua ultima avventura carioca. Alle chitarre Logue fa tutto da solo, anche se in foto e video di promozione appare un altro chitarrista per fare numero. Alla voce ha pescato invece un carneade portoricano, segno che dai Caraibi non ha portato con sé solo guai. Si chiama Gabriel Colón e, pure se si concia come uno Steven Tyler fluidamente anni ’80, canta cazzutissimo come Rob Halford. È impressionante, a tratti. Bravissimo, davvero, però è proprio un déjà vu. Spettacolare. Comunque pure i due brasileiri ci mettono del loro, per aumentare la somiglianza con la leggenda di Birmingham. Strumentalmente parlando, il difetto è uno solo: gli assoli, che fanno un po’ pena. I riff no, tutti belli, pure le armonizzazioni. Non pare proprio un disco dei vecchi Savage Grace, rozzi e speed. Pure se la produzione è vecchia il giusto (gran cosa), se chiudete gli occhi questa è tutta un’altra band. E soprattutto, visto che vi scannate su un singolo nuovo dei Priest originali, toh, qui ci sono dieci canzoni e una bonus track in stile che spaccano e magari vi mettono tutti d’accordo. A parte gli assoli, che sono un po’ una chiavica. Eh, sennò qualcosa non tornava, leggevi tutto quel popò di biografia che ho sintetizzato sopra e ti ritrovavi un disco tutto perfetto e pulitino? No, col cavolo, il disco spacca, devasta tranquillamente il 95% dei pivelli NWOTHM in giro (oh, ma ‘st’annata non ho mica capito se è buona o no). Però qualcosa che ti ricorda il livello di surrealtà (e forse disagio) nel suono doveva esserci. Non solo nelle grafiche. Ecco, gli assoli. Pure su un siluro come Automaton, singolo spettacolare, quell’assolo fa un po’ tenerezza.

Ah, a proposito, ecco la copertina scelta per il singolo.
Automotion è una bella bombetta, ma non è l’unica. Davvero, io a questo disco non ne toglierei una. Nemmeno la traccia bonus Helsinki Nights (immaginate che notti…). La prima poi, Barbarians at the Gates, è una grandissima canzone. Se ne leggete il testo, insieme a quello di Sign of the Cross, contestualizzate meglio anche la copertina e il campionamento del discorso nel Nuovo Ordine Mondiale di George W. Bush in apertura di Automaton. Magari Logue poi si butta in politica. Basta che lasci stare le armi semiautomatiche. Ci stanno pure delle semi-ballad, cioè, non ballate vere e proprie, ma pezzi più cadenzati e “romantici”, come si usava una volta. Tipo Stealin’ My Heart Again. Il titolo dice tutto. Non so chi abbia davvero contribuito alla scrittura dei brani, ma sono proprio belli. Star Crossed Lovers è in equilibrio perfetto, melodia, potenza. Poi l’assolo è quello che è, lo abbiamo capito. Guardatevi i video, qua sotto ne riportiamo uno. Tutti uguali, una ripresa frontale del gruppo che suona e via, manco le luci cambiano. O i vestiti. Logue mummificato, cappello, bandana e occhiali da sole. Questa è la Realtà e non potete farci un bel niente. Forse uno dei migliori album heavy metal dell’anno. Almeno per me. E puzza di sfiga lontano un miglio. (Lorenzo Centini)
BREAKING NEWS: interviene nei commenti Rafael Colón chiarendo che Gabriel Colón non ha avuto modo di partecipare alle sessioni di foto e video e che quindi l’improbabile Steven Tyler sarebbe qualcun altro (thanks, Rafael). Quindi, ricapitolando: un secondo chitarrista non accreditato, un figurante al posto di Colón, mentre, anche se non sono un bravo fisionomista, Carito e Dotta sembrerebbero loro in persona, non dei cosplayer. THIS IS REALITY! Il mistero si infittisce…

Sulla chiusa finale manca un link a qualsiasi pezzo del blog dedicato ai Wolfsbane (i campioni eterni della sfiga).
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Lo adoro, come adoro il nuovo di KK che qui sopra fa schifo a tutti.
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Madò, gli assoli di chitarra fanno lo stesso effetto di Satomi nei video di fake tv:
https://youtu.be/2WPxP1WpWbA?si=l2eZ0ebeBTDddzDc
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Too bad they had a guy lip singing for the videos. Gabriel Colón is singing with Lynch Mob and could not do the videos. By the way, Lynch Mob just released their album a few days ago. Gabriel shows a totally different range with them
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Io francamente non so cosa pensare dei gruppi “in stile”. Tutto mi nasce dai Greta Van Fleet, che detesto perche` trovo indistinguibili dai Led Zeppelin. Per coerenza dovrei dunque pure farmi stare sul cavolo pure questi.
Per quanto piacevoli, e` una cosa “artistica” comporre in maniera che un neofita sia totalmente portato a credere che si tratti di pezzi di un’altra band?
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