BLIND GUARDIAN @Alcatraz, Milano – 03.10.2023
Amici del vero metal, presenziare oggi ai Blind Guardian è un atto di grandissimo valore simbolico. Sono fisicamente spezzato in cinquantasei pezzetti a causa dei bimbi, non c’è nessun altro che viene con me al concerto, mia moglie mi guarda con rancore perché vorrebbe venire pure lei ma non può lasciare il neonato, e tutto quello che il mio corpo avrebbe desiderato sarebbe stato mettere a letto il bimbo grande alle 8, finirmi l’amatriciana che mi aspettava in frigo e scaraventarmi sul divano a vedere la Champions League. E invece no, perché suonano i Blind Guardian, praticamente il mio gruppo preferito, e a non andarci mi sarei sentito come l’io narrante di Imaginations from the Other Side. Più o meno il discorso fatto per il concerto del 2010: la pigrizia, la stanchezza, la necessità di riposarsi e dormire non possono avere la priorità quando si parla del metallo. Che avrebbe detto il me stesso quindicenne se gli avessi detto che mi sarei perso un concerto dei Blind Guardian a venti minuti da casa perché ero stanco? Di sicuro avrebbe commentato qualcosa riguardo le mie inclinazioni sessuali che, ahimè, ora non potrei più ripetere. Ognuno ha bisogno di una voce interiore che gli ricordi cosa è giusto e cosa non lo è: per me è il me stesso quindicenne. Cerco di non scontentarlo mai, e so che quando inizierò a farlo troppe volte vorrà dire che sarò morto dentro.
Quindi appena arriva la baby sitter saluto quella santa martire di mia moglie che continua a guardarmi in tralice, entro in macchina e mi dirigo all’Alcatraz ripassando l’ultimo The God Machine, che per la cronaca non è cresciuto granché dal tempo della sua uscita. Disco dignitoso, diciamo, ma solo considerando l’abisso fognario in cui erano scivolati: di pezzi bellini ce n’è due, forse tre, e per il resto sempre viva il tasto skip. Ad ogni modo piazzo la macchina nel punto meno illecito che riesco a trovare ed entro all’Alcatraz. Per colpa del traffico e delle difficoltà di parcheggio non riesco ad ascoltare neanche una nota del gruppo di supporto, che peraltro non ho la minima idea di chi siano e di che musica facciano. Avrei voluto parlarvene, o potenti ventiquattro seguaci, ma è un mondo difficile.
Il locale mi sembra decisamente pieno, anche se magari non proprio tutto esaurito (per gli Emperor credo ci fosse più gente). Io mi infilo fin dove riesco ad arrivare ma ovviamente di fronte a me c’è uno di quei freak che mi si piazzano regolarmente davanti ai concerti: stavolta non è il solito giocatore di pallacanestro o il darkettone/blackster con quaranta centrimetri di zeppa ai piedi, ma un tizio dall’altezza diciamo normale che però ha in testa ha uno chignon perfettamente verticale, tipo il ciuffo di un ananas. Nel frattempo, con perfetta precisione tedesco-ambrosiana, i Bardi salgono sul palco puntuali alle 9 e dopo una breve intro attaccano con Imaginations from the Other Side. Beh dai, si comincia bene. L’uomo-ananas però prende il telefono e inizia a registrare un video tenendolo ben alto sopra la testa, giusto per essere sicuro che io non riesca a vedere nulla. Ci sarebbe qui da fare un ragionamento sul perché cazzo la gente continua a fare i video col telefono ai concerti, che poi viene una roba in cui non si vede niente, non si sente niente, presumibilmente non la riguarderai mai e poi, sia detto en passant, spacchi i maroni a quelli dietro, che la mia unica speranza è che un giorno qualcuno sbrocchi tipo Michael Douglas in quel film e gli faccia saltare a fucilate il telefono e pure le mani che lo reggono. Ma, purtroppo, non è questo il giorno.
Nel frattempo i Nostri iniziano il secondo pezzo, Blood of the Elves, un’inoffensiva tamarrata blastona tratta dall’ultimo disco. Noto che Hansi è sempre più in affanno; io l’avrò sentito cantare una dozzina di volte dal 1998 ad oggi e ho imparato a tenere le aspettative molto basse. Certo ci mette tutti i trucchetti e le scappatoie imparati in un quasi quarantennio di carriera, però ormai spesso non bastano neanche più. Poi un pensiero a Fredrik Ehmke: per tanti anni ci siamo andati leggeri con lui, perché non era Thomen ma comunque era bravo, perché non è colpa sua, perché l’altro era insostituibile, perché questo e perché quell’altro. Tutto giusto: di sicuro non è colpa sua se non è Thomen. Però ora si può dire che è una palla al piede? È bravo, per carità, ma non c’entra nulla con lo spirito dei Blind Guardian: troppo pestone, senza grossa personalità, poco fantasioso, si accontenta del compitino e picchia sempre invariabilmente forte.
Finita la prima marchetta per il nuovo disco si passa a Nightfall e Script for my Requiem, e tornano le vecchie atmosfere dei concerti dei Blind Guardian. Poi arriva Violent Shadows, secondo estratto da The God Machine, e io ne approfitto per andare a prendere una birra. Mentre sono in fila mi trovo costretto ad ammettere che dal vivo il pezzo è meglio che su disco, a parte Hansi che ormai va praticamente fisso in screaming. Quando torno a prendere posizione sto attento a tenermi lontano dall’uomo-ananas, preferendo piazzarmi dietro al classico capellone standard che scapoccia e si passa le mani nei capelli come Kelly LeBrock ne La signora in rosso. Hansi annuncia la ballata Skalds & Shadows, con grande giubilo dell’udienza, ma purtroppo un pezzo di questo genere finisce con l’esporre senza pudore tutte le sua difficoltà vocali. Poi c’è Time Stands Still (at the Iron Hill), al termine della quale un tizio davanti a me si gira con la faccia affranta verso i suoi amici dicendo “Devo andare a pisciare, so già che me ne pentirò amaramente”, bestemmiando come uno scaricatore di porto livornese che si è appena frantumato il mignolo del piede contro uno spigolo vivo. Fortunatamente per lui parte invece Deliver us from Evil, sempre dall’ultimo disco, e quando subito dopo inizia The Bard’s Song (in the Forest) il Nostro ritorna con un sorriso a trentadue denti tutto gongolante per non essersi perso nulla. Sempre bestemmiando come se la Vergine Maria gli avesse sterminato la famiglia davanti agli occhi, certo, ma questa volta erano bestemmie felici.
Dopo c’è Majesty, e non so come commentare perché cantavo troppo forte e sentivo solo la mia voce. Stesso discorso per Traveler in Time e pure per Sacred Worlds, unica canzone memorabile da At the Edge of Time. Ormai siamo nel momento più alto del concerto, coi classiconi che si susseguono uno dopo l’altro. I tizi intorno a me invocano a gran voce Bright Eyes, che non faranno, però sinceramente arrivati a questo punto un pezzo vale l’altro. Hansi ormai non fa neanche più finta di cantare, ma non c’è alcun problema, perché ci pensiamo noi. Il fomento è altissimo, sento che potrei trasfigurarmi da un momento all’altro e mi arriva pure la notifica che ha segnato Thuram. Che seratona, amici del metallo tetesco fiabesco.
Poi vanno via. È passata poco più di un’ora, quindi vorrà dire che non suoneranno due ore e mezza come erano abituati a fare. Non credo proprio che il motivo sia la voce di Hansi, perché tanto ci abbiamo messo tutti una pietra sopra e non ci aspettiamo mica che diventi Jorn Lande; anzi, se dalle prossime volte suonassero tre ore con lui che muove semplicemente le mani per dirigere il coro del pubblico andrebbe benissimo. Insomma, quando tornano sul palco Hansi cita involontariamente Jason Statham nel primo Expendables con la grande verità you can never go wrong with the old stuff, e attaccano con Lord of the Rings. Dal 1998 in poi, ogni volta che la sento ad un loro concerto, devo assolutamente saltellare durante la parte finale: è tradizione. Lo faccio anche adesso, anche se ho la schiena rotta in più punti a causa di mio figlio che pesa quattrocento chili e vuole stare in braccio al papà. La serata si chiude con le ovvie Valhalla e Mirror Mirror: solo un’ora e mezza, forse qualcosina di più, ma incredibilmente intensa. Penso sia la prima volta che non li sento suonare Welcome to Dying; ma in generale sono rimasto veramente sorpreso dall’assenza di estratti dal loro periodo brutto. La prossima volta mi porto anche mio figlio per saltellare insieme su Lord of the Rings. E durante il ritorno a casa rimetto su Nightfall in Middle-Earth, che ci sono rimasto male quando dopo la mia recensione certi mi hanno detto che quel disco non mi piace. (barg)






Voci hanno riportato che Hansi fosse raffreddato o comunque non al top causa malanni di stagione.
Biglietto caro per un’ora e mezza di Bardi più trasferta e tutto, ma come si fa a mancare signora mia: poi chi le canta le canzoni? Decisamente meglio la volta precedente al rock the castle
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Eh comunque avvisa quando sei da solo, cazzo, che uno dei 24 lettori può anche farti compagnia e condividere i cerotti al voltaren
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Hai ragione, la prossima volta organizziamo sul gruppo Telegram
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Io c’ero e ne è valsa la pena anche se l’acustica demmerda dell’Alcatraz ed i vari fischi dovuti al ritorno delle chittare uniti al volume troppo alto (specialmete della batteria di quel pestone di Emhke) ce l’han messa tutta per farmi perdere il buon umore inizialmente. Di Hansi che dire? Io non riesco a criticarlo, gli voglio troppo bene. Gli Scardust hanno suonato bene. La loro cantante, oltre ad essere davvero gnocca, ha anche una gran bella voce. Dal vivo le tracce del nuovo disco funzionano meglio di quanto pensassi.
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Anch’io condivido le pene fisiche dell’essere padre con la differenza che ho dovuto dire a mia figlia che tardavo al lavoro (non proprio una bugia dato che ho perso le prime due canzoni per aver finito tardi al lavoro…) se no mi avrebbe rinnegato. Hansi era palesemente giù, ma neanch’io riesco a criticarlo, gli si vuole troppo bene. Ho portato un ragazzo super fan degli Slipknot e comunque è rimasto molto soddisfatto in generale!
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tipo quando ho portato un blackster a vedere i Running Wild e anche lui era rimasto parecchio contento 🙂
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Toglimi una curiosità, Barg: ho recentemente recuperato i tuoi live report sui Bardi. In occasione del Battlefield Metal Fest sostieni di averli visti “cinque volte” (misteriosamente convertito in “sette volte” nelle ultime ore). Qui scrivi invece di aver sentito Hansi cantare “una dozzina di volte”. Sono passati ben 6 anni dal Battlefied, ma considerando i vari annullamenti causa pandemia mi sembra un bel recupero! In quali altre occasioni hai assistito ai loro live?
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Se mi conoscessi non useresti questo tono derisorio. Hansi l’ho sentito anche due volte con i Demons & Wizards, il resto è colpa del fatto che ho cattiva memoria e dimentico i concerti a cui assisto (oltre a parecchie altre cose). Al momento di scrivere il report ad esempio non ricordavo assolutamente di averli visti nel 2015 né nel Battlefield metal fest: il primo l’ho “scoperto” andandomi a rileggere il report, per il secondo me lo ha ricordato mia moglie che era con me.
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Non c’è nessun tono derisorio, al massimo un poco provocatorio. Immaginavo che ci fossero di mezzo anche i Demons & Wizards, ma volevo tue conferme. Take it easy!
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Figurati. Pensa che agli inizi di agosto sono venuti i Russian Circles a Milano, e io ho lasciato mia moglie a casa praticamente al termine di gravidanza (avrebbe partorito dopo meno di una settimana) perché “non li ho mai visti e non posso assolutamente perderli”. Ovviamente non solo li avevo già visti, ma avevo anche il biglietto di quel concerto attaccato esattamente sulla scrivania davanti al PC
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Dire che Sacred Worlds è l’unico pezzo decente di At the Edge of Time dimostra che dovresti trovarti circondato da tipi-ananas.
Porcodio.
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