Avere vent’anni: NORTHER – Mirror of Madness

In un mondo perfetto tutti conoscerebbero a memoria quel capolavoro di Dreams of Endless War. In un mondo un po’ meno perfetto, ma comunque pienamente accettabile, tutti sarebbero corsi ad ascoltarlo dopo la mia recensione dell’anno scorso e ora lo conoscerebbero a memoria. Purtroppo però immagino che così non sia e quindi mi tocca riassumere il più brevemente possibile il mio giudizio su quel disco: è a mani basse il miglior disco dei Children of Bodom nonostante sia stato scritto da altre mani. Stilisticamente era una specie di Hatebreeder più powerizzato e più incazzato, per dirla in due parole, e sarebbe capace di fare uscire di testa anche chi non è proprio un fan dei Children of Bodom, esattamente come è successo a me.

Potete quindi immaginare la mia attesa per questo secondo disco dei Norther, dopo cotanto debutto. Certo cercavo di tenere le aspettative basse, dato che immaginavo sarebbe stato difficile ripetersi esattamente a quei livelli; ma nonostante tutto le idee di quell’album erano talmente tante, ed erano espresse con una classe così cristallina, che speravo che anche questo Mirror of Madness sarebbe stato un gran disco.

Invece no. Ma non l’ho capito subito, perché le prime due, Blackhearted e Betrayed, sono di gran lunga le migliori del disco. Già i suddetti pezzi lasciano capire la differenza di stile rispetto al debutto: meno powerose, più ragionate, con un uso diverso delle tastiere e molta meno foga. La bocca aveva cominciato a storcersi con l’assolo di tastiera di Blackhearted, quando si ferma tutto e parte ‘sta tastiera barocca che manco i Sonata Arctica, ma vabbè: sono finlandesi, e si sa che i finlandesi spesso hanno qualche problema con le mezze misure. Ma tutto era rientrato con Betrayer, che è un gran bel pezzo ed è anche quello più simile allo stile di Dreams of Endless War.

Poi però cominciano le note dolenti. Of Darkness and Light è una roba troppo cadenzata, troppo ripetitiva e troppo noiosa. Midnight Walker è troppo allegrotta e non va da nessuna parte. E così via. Le influenze dei Dimmu Borgir dell’epoca si fanno sentire un po’ troppo, c’è la tendenza a volersi complicare troppo la vita e contemporaneamente c’è la sensazione che abbiano voluto ficcarci dentro tutte le idee che gli venivano, come se volessero evolversi a tutti i costi ma non sapessero ancora in che direzione. Si potrebbe a questo punto concludere che Mirror of Madness non è null’altro che un disco di transizione, ma così non è, visto che i Norther hanno sempre fatto un disco diverso dall’altro e che già il successivo Death Unlimited avrebbe segnato un ulteriore cambio di direzione (per non parlare dell’ancora successivo Till Death Unites Us, eccetera).

L’ascolto si trascina quindi fastidiosamente fino all’omonima in conclusione, dopo essere passati attraverso le forche caudine della noia e della banalità. In particolare la bruttezza di Everything is an End è davvero ingiustificabile. Alla fine le uniche che meritano sono le prime due, e tanti saluti ai sogni di gloria e alla speranza di aver trovato un altro gruppone in divenire. Per curiosità ho guardato alcune recensioni e molti parlano di Mirror of Madness come del migliore disco dei Norther. Se volete togliervi la curiosità fate pure, ma io non mi assumo alcuna responsabilità. (barg)

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