THE OBSESSED // BOTTOMLESS @Legend Club, Milano – 13.06.2023

Tra acciacchi, sfortune assortite e impegni improrogabili, la pattuglia “lombarda” di Metal Skunk, ridotta oggi al solo Barg oltre al sottoscritto, riesce comunque a presenziare alla data milanese di un gran bel pezzo di storia. Contate che la volta precedente che si son visti i The Obsessed in città era il 1994. Io non c’ero, ero forse in quinta elementare e manco volevo venirci a Milano. Tempi lunghi, dilatati. Considerate che la prima incarnazione del gruppo è del 1976, con questo nome poi dal 1980. Monumento del doom del Maryland e del metal tutto, Wino ha circa sessantadue anni. Di quelli che sulla pelle, sul fisico, pesano ciascuno il doppio almeno, rispetto ai nostri. Fa un certo effetto vederlo aggirarsi all’esterno del Legend, tra qualche metallaro lombardo di mezza età (che generosi che siamo) e partecipanti agghindati ed eleganti per una festa di dopolavoro. No, questi ultimi non sono lì per il metallo, quindi ce li lasciamo alle spalle per entrare in sala coi Bottomless già sul palco, forse a metà scaletta. Non sapevo avrebbero aperto loro. Magari avrei pigiato di più sull’acceleratore, ma tanto il traffico sarebbe stato lo stesso. Comunque, almeno metà scaletta ce la godiamo. Di loro abbiamo già parlato in occasione del primo album. Occhio tutti che ad agosto esce il disco nuovo. Da quel che siamo riusciti a sentire stasera, dovremmo sentirne delle belle. Pentagram a manetta, cose belle. Cripte, effluvi pestilenziali e doom all’americana. Sara al basso fa il suo. David Lucido batterista solido. Giorgio Trombino, baffo e crocefisso di legno al collo, credibilissimo cone discendente di qualche Padre Pellegrino a caccia di streghe. Iperattivo il nostro, più di un album l’anno. Assumption, la collaborazione coi Messa. Ora sono ancora in arretrato con l’ascolto dei Thysia e già mi devo preoccupare dei Bottomless ad agosto. Però ne dovrebbe valere la pena, per cui non molliamo.

 

Cambio palco che dura meno della pausa per farsi spillare un’altra birra (e non c’era mica fila), Wino e i tre nuovi sodali, di cui nessuno in formazione da prima del 2016, partono subito. Formazione a quattro, quindi, quasi inedita. Di Wino noto subito il tatuaggio dei Blue Oyster Cult al centro del petto, mentre del bassista Chris Angleberger quello dei Type O Negative sul braccio. Cose che ti mettono subito a tuo agio. La scaletta ha tutta l’aria di un best of, quando forse non si può parlare di greatest hits perché i The Obsessed di hits non ne hanno pubblicate. Perché anche quando sono stati su major sono sempre rimasti un gruppo underground, spirito punk e attitudine. Nessuna voglia di cercare il successo facile (certo, suonando doom e stoner il successo non è proprio una cosa facile). Pezzi quindi tratti dal disco omonimo, da Lunar Womb e The Church Within, più di qualcosa anche dall’ultimo Sacred e persino un paio di anticipazioni dal nuovo, col quale credo che Wino si toglierà qualche sassolino dallo stivale. Ed in tema di Wino sound, essendo i miei preferiti gli Spirit Caravan, ho apprezzato particolarmente Streamlined, nella prima parte della scaletta, che ne anticipava un po’ lo spirito. Così come, più in là, Punk Crusher a serrare il legame, appunto, col punk-hardcore. Mettendoci pure certe articolazioni più complesse (non dico prog, ma quasi), sembrano esserci tutti gli elementi. C’è però una cosa del doom americano, quindi dei The Obsessed, che in Europa non abbiamo: la continuità con blues e country, quindi con la radice sia folk che popolare della loro musica nazionale. Cosa che appunto in Europa manca, tanto più essendo nettamente separato il mondo folk da quello popolare. Un gruppo doom italiano non ha nulla in comune con, che so, Ambrogio Sparagna o Vasco Rossi (e meno male). Se a un gruppo americano togli del tutto il fuzz o l’elettricità, ciò che rimarrà sarà, appunto, country, southern, blues.

 

È questo il genere di seghe mentali che mi faccio a volte durante i concerti dal vivo, poi fortuna che mi riprendo, chiudo gli occhi e mi so godere il concerto senza pensieri anche io. Tipo sul riff di Hiding Mask, da Lunar Womb stasera particolarmente spezzacollo e tra i migliori di un concerto a cui non si può proprio fare appunto alcuno. Scarsa affluenza, mezza sala, manco troppo addensata. Ed era media… che ve lo dico a fare. Rughe ben visibili anche sul volto di Wino, il tempo si fa notare. Non sentire, però. Gli Obsessed sono in grande forma, ora aspettiamo il nuovo album, fiduciosi e curiosi dei testi. Noi usciamo belli soddisfatti, pure il Barg, ben rincuorato e lieto di non essere mancato questa sera. Come me d’altronde. Dopo i Pentagram al Roadburn e i Saint Vitus con Scott Reagers tra le zanzare dell’Idroscalo, con questa sera ho chiuso il cerchio, anzi il triangolo, del doom a stelle e strisce (ah, pure i The Skull sempre al Roadburn, ma mai i Trouble, purtroppo). Son cose da portarsi felici nella tomba. (Lorenzo Centini)

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