Solo voglia di piangere

Il mese scorso ho assitito ad uno dei concerti più belli visti negli ultimi anni. Il posto era davvero un buco the trasudava umidità e che puzzava di piscio. La compagnia era delle migliori, visto che il buon Bargone venne a trovarmi in Polonia e ci incotrammo a Varsavia proprio per andare a vedere i Manilla Road. Per me era già la seconda volta in un anno, visto che l’anno prima era il trentennale di Mystification che mi portò ad affrontare la trasferta di 400 km dalla regia città di Cracovia sempre nella capitale attuale del paese. E fu un evento memorabile anche quello, ovviamente.

Mai e poi mai avrei immaginato di dover scrivere queste righe oggi, in preda allo sconforto più totale, su di un uomo la cui devozione alla causa del nostro amato genere musicale non aveva forse eguali. Sembra una frase fatta e la solita menata da necrologio, eppure in pochi possono dire di esserci stati fin dall’inizio e avere lottato con le unghie e con i denti per portare avanti un ideale, non un semplice stile musicale, seppure anche questo inconfondibile e non replicabile. 

Potrei spendere milioni di parole sull’importanza dei Manilla Road e sul loro status di culto tra coloro che negli anni non hanno voluto fermarsi all’ascolto delle quattro o cinque band che il metal ha donato alle classifiche di tutto il mondo, invece mi soffermerò solo sull’ uomo che incontrai immediatamente prima del concerto di supporto all’anniversario di Mystification, e cioè una persona sorridente e entusiasta di abbracciare tutti i suoi ammiratori, una vera leggenda desiderosa solamente di fare felici tutte quelle persone che lo hanno seguito durante gli anni e che con lui condividevano non solo l’idea musicale, ma un vero e proprio stile di vita. Perché difficilmente riesco ad immaginare un lutto più grave nel nostro “mondo” dai tempi della dipartita di Lemmy. Due personalità diverse eppure due facce della stessa medaglia, una assurta al rango di “rockstar” di fama intercontinentale e l’altra rimasta a rappresentare quella parte dell’heavy metal fatta di passione pura che ha dovuto fronteggiare molte più difficoltà, ma la cui dignità non è mai venuta meno nemmeno per un secondo, una mente sempre in constante movimento. Una fucina di idee e di emozioni che trasparivano dall’unicità della sua vasta opera.

L’annuncio che arriva oggi da Bryan Patrick è inaspettato e devastante, tanto che mi ha portato a scrivere queste righe di getto, senza sapere nemmeno quale possa essere la causa di questa immensa perdita, ammesso che sia già pubblica. Vorrete quindi perdonarmi, spero, eventuali sbavature o strafalcioni che, credetemi, sono causati dall’emozione e dal fatto che il metal da oggi è veramente più povero e perde un punto di riferimento come pochi ce ne sono stati per tutti coloro che hanno voluto approfondirne i meandri e capire uno stile di vita che davvero si incarnava in Mark “The Shark” Shelton. (Piero Tola)

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