Avere vent’anni: COAL CHAMBER – st

Ci sono dei personaggi nel mondo della musica rock del cui successo, o delle cui scelte in carriera, non ho mai capito il motivo. Nel caso di Bradley Fafara, tutte e due le cose.

Si fa chiamare Dez. Il babbo, attore negli anni cinquanta, Tiger Fafara. Capisco quindi perché un nome da persona comune come Bradley lo disgustasse al punto da rimanerne profondamente turbato, e da formare i Coal Chamber. La band ha un culo enorme, da subito. Esce fuori nel momento giusto, anzi può tranquillamente affermare di essere fra le capostipiti del nu metal, formandosi di fatto nell’ anno di debutto dei Korn. I Deftones, che erano in giro da un sacco di tempo, metteranno il primo sigillo ufficiale solo un anno dopo. Ma il gruppo di Chino Moreno era una roba fichissima. I Coal Chamber non proprio.

La relativa gavetta dura fino al 1997, quando i teenager come me accenderanno la TV per guardare Superock e constatare che in ogni-puntata-nessuna-esclusa, viene trasmesso il videoclip di questi tizi che sembrano una versione orrorifica e ancora più strafatta dei Korn, con in mezzo un camioncino dei gelati che assume il significato ben preciso di mostrarci il cameo di qualcuno. La realtà era: contratto sontuoso con Roadrunner, bassista bionda che sarà la prima a mollare presumo dopo un apericristo con Brian Welch (i motivi furono pressappoco i suoi soliti) e -appunto- ritmiche completamente scippate al gruppone che ho nominato poco fa. Per me la band di Fafara visse soltanto di un accettabile album di esordio per poi mollare di brutto con i due sequel del periodo pre-reunion (perché sì, c’è stata anche quella ma ne sparleremo dopo). E visse di tanto martellamento mediatico, come nel caso del video di Loco, loro migliore canzone in assoluto a pari merito con Big Truck. Ozzy Osbourne ricambierà le fondamentali prove cinematografiche offerte in Loco e Shock The Monkey piazzandoli fissi all’ Ozzfest per qualche annetto consecutivo, allungando solo l’agonia di un gruppo dove a mancare erano fondamentalmente gli interpreti, ben truccati, pubblicizzati e chiacchierati (vedi il caos scatenato al concerto di addio dopo il tour di supporto a Dark Days), ma di scarso talento individuale. Le ritmiche sincopate di Mike Cox non saranno mai quelle di David Silveria, punto. E lo stesso valeva per gli altri.

Il debut di vent’anni fa suona di base come i Korn si erano già messi in mostra in Life Is Peachy, passando però l’evidenziatore sul down-tuning e i coglioni girati, e ponendo in prima fila un vocalist con un estro ed un carisma di tutt’ altro livello rispetto a Jonathan Davis. Bradley e Sway sono tutto sommato discrete canzoni, Oddity deruba letteralmente i Sepultura del riff portante di Ratamahatta e nel break centrale ricopia perfino la stessa Loco. Col disco successivo la band cercherà in tutti i modi di assumere una personalità forzata, coverizzando Peter Gabriel e usando il brano come singolo principale in segno di una palese mancanza di contenuti. Volevano -per dirla in poche righe- distinguersi dagli altri facendo i gothic-oriented della scena nu metal, per una questione estetico/attitudinale più che musicale, ma sarà proprio la qualità delle uscite successive al debut a parlare al posto del make-up. Quando uscirà Dark Days le cose andranno addirittura peggio che con Chamber Music, e spesso si attribuisce alla terza uscita una responsabilità non di poco rilievo.

Quello che non capisco, è che dopo cinque anni di pappa scodellata dalla casa discografica o dal cantante dei Black Sabbath i Coal Chamber si erano sì giustamente sciolti, ma dando luogo ad una serie di eventi inspiegabili. Il primo, la formazione dei DevilDriver, un gruppo altrettanto inconsistente che è riuscito ad andare avanti qualcosa come sette album; il secondo la reunion dei Coal Chamber stessi. Un fenomeno che ho scoperto in ritardo, praticamente all’ uscita di Rivals, e che per me assume tuttora contorni misteriosi eccetto per la rossa al posto della bionda.

Parliamoci chiaro: oggigiorno una reunion -in studio- di Josh Homme con John Garcia non funzionerebbe neanche un po’. Ma se dovesse accadere, pur di risentire il californiano suonare note cosparse di grasso di balena anzichè quella roba da hipster che recensirò fra una quindicina di giorni a nome Queens Of The Stone Age, andrei fino a Foggia a trovare il mio non-amico Pio, accompagnato da un maggiorenne che adempia alla funzione di contenere e reprimere le mie forti emozioni (possibilmente il Bargone). Questo solo per dire che non era più il momento del nu metal quando i Metallica ci provarono nel 2003, e che una reunion dei Coal Chamber -oggi- non interessava davvero a nessuno. (Marco Belardi)

9 commenti

  • Ma soprattutto, in che stato erano conciati questi coglioni?!
    Diomio.

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  • “Ma il gruppo di Chino Moreno era una roba fichissima”.
    Ma anche no.

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  • non sono particolarmente un amante del nu metal, ma around the fur e White pony per me erano bellissimi…

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  • White Pony capolavoro assoluto.

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  • Prcmdnn che mese di merda (tranne i borknagar)

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  • Non parlate male dei Deftones, perché mannaggia °ç$£”ç%$£” Concordo, il gruppo di Chino era una roba fichissima. E perché Adrenaline non era una bomba???? White pony non il mio preferito ma godibile, Around the fur solo per avere Be quiet and drive e Damone, Head Up, dai oh pochi cazzi. Non cercherò neanche di fare un discorso serio e coerente, basterebbe anche solo dire be quiet and drive, per negare ogni diritto di replica.
    Parlando dei Chamber, dai ma nella foto vogliono fare i darkettoni e hanno ste faccine alla Hello Kitty con il mascara, che sembra che abbiano spianato la strada alla froceria emo degli anni successivi.. soprattutto quello pelato con la cacata colorata in fronte… Poi c’è la versione di Gollum con le treccine rosse.. Roba che se giravano nel mio quartiere vestiti così..

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  • sergente kabukiman

    che poi ricordo un’intervista ai devildriver su un vecchio MS in cui dez smerdava i suoi compagni nei coal che era una cosa pazzesca. che bella cosa che sono i soldi, rendono tutti più buoni

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