Capire delle cose importanti: BLOOD CEREMONY – Lord of Misrule
All’età di 35 anni ho capito delle cose importanti:
1) qualsiasi cosa facciano i Blood Ceremony è cosa ben fatta;
2) Alia O’Brien è la donna ideale.
E la recensione di Lord of Misrule potrebbe pure finire qui, io potrei tornarmene pacioso ad ascoltare la discografia dei canadesi, voi potreste migrare su altro sito di disinformazione qualsiasi e così via. Invece, il senso del dovere mi impone di argomentare. Prima di tutto, la credibilità: i Blood Ceremony riescono ad essere credibili in ogni cosa che fanno, a partire dagli spintissimi richiami al hard rock occulto degli anni ’70, al fatto che a celebrare questa messa nera vi sia una donna dietro al microfono invece che un Kip Trevor a caso. E arriviamo subito al tema principale: Alia O’Brien. Se i quattro membri dei Blood Ceremony fossero una società per azioni e i singoli membri gli azionisti, Alia deterrebbe oltre il 50% delle azioni con diritto di voto, perché ne è la voce, l’hammond, il flauto, nonché il carisma, e quindi avrebbe il controllo dell’attività. Nella pratica, è precipuamente così: la O’Brien rappresenta di fatto la band e ne determina lo stile, le peculiarità, il carattere. Senza di lei i Blood Ceremony sarebbero senza ombra di dubbio una delle millemila altre band che provano a fare questo genere, che è tanto tornato di moda ma che solo pochi riescono a riprodurre in modo così sfacciatamente revivalistico e senza compromesso alcuno con la modernità, tanto da catapultarti indietro nel tempo di almeno ’45 anni. Lei è la Jinx Dawson dei nostri giorni e allo stesso tempo incarna lo spirito di Zoot Taylor e Ian Anderson.
Non ne faccio una questione meramente estetica, anche perché è carina ma mica tutta questa gran fica, però sa muoversi sul palco con la maestria e la convinzione di una giovanissima regina del rock dei nostri tempi. Visti dal vivo al Roadburn, assiso su una comoda poltrona in velluto rosso, i Blood Ceremony hanno snocciolato i migliori brani tratti dalla loro pressoché perfetta produzione, incluse le hit provenienti dall’ultimo Lord of Misrule. In sé l’album è semplicemente meraviglioso, non immediato affatto ma cresce con gli ascolti al punto da non riuscire a liberarsene più. Sarà l’effetto post Roadburn o sarà il fatto che Lord è un dannato discone, non riesco più a togliermi dalla testa brani come The Devil’s Widow e Half Moon Street. Diciamo che per un buon 70% tutto scorre via quasi in modo perfetto, accusando un lieve rallentamento di tensione solo verso la fine. Se mi dovessero banalmente chiedere se sia meglio questo, The Eldritch Dark o Living with the Ancients (che è l’album che me li ha fatti conoscere e resta un gran disco checché ne dicesse all’epoca Stefano Greco, il quale non ‘ha sempre ragione’ manco per un cazzo), ora direi The Eldritch Dark. Ma ero ancora indeciso fino a dieci minuti fa. Il giradischi sarebbe la più appropriata piattaforma di ascolto, quindi accattatevelo in vinile se volete fare un favore al Diavolo. (Charles)
Non li conoscevo prima di imbattermi nel disco in questione. Bello, apparentemente lineare e semplice ma in grado di rivelare sfumature e sensazioni cangianti ad ogni ascolto. Sul revivalismo non ho nulla in contrario, quando la proposta è competente. In fondo ripetitivi lo sono anche i Vektor e i gruppi che vanno per la maggiore oggi come oggi. Quando c’è qualità…sticazzi…
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in effetti il rock vintage è tornato alla ribalta, ma pochi sanno fare la differenza, il resto è composto da marmaglia insapore..coff coff kadavar..coff coff
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Amo i Blood Ceremony (Canada rules) e voi, ma devo proprio dirvelo: questo blog ha bisogno di rappresentanza femminile tra le file di scribacchini!
Le dichiarazioni d’amore per Alia e Anneke sono fantastiche e non sarebbe male leggere anche la nostra controparte, tipo un compendio sul perché Bill Steer sia il Bon jovi del metallo.
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In effetti Bill Steer è un gran fico
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