Gente allegra il ciel l’aiuta: nuovi singoli di Amorphis, Trail Of Tears e October Tide
Pare che quest’anno la primavera sia destinata a giungere prima del previsto. In attesa di ricadere sotto il controllo degli ormoni (almeno voi giovani, noi di Metal Skunk abbiamo raggiunto da tempo la pace dei sensi e oramai trascorriamo tutti i weekend sorseggiando brandy e discutendo di filologia romanza), approfittando di un quadro meteorologico ancora plumbeo a sufficienza, ingolliamo una robusta sorsata di mal de vivre con tre gruppi che vi toglieranno definitivamente la voglia di mettere il naso fuori di casa.
Iniziamo con il nuovo singolo degli Amorphis, l’unica band finlandese che non piace a Roberto. Ne avrebbe dovuto parlare Charles, talmente devoto agli autori di Elegy da avervi dedicato uno speciale enciclopedico. Il suo commento a caldo su questa prima anticipazione di Circle, in uscita il 19 aprile su Nuclear Blast, è stato però un secco hanno rotto il cazzo. Io non sarei (ancora) così drastico. Il guaio degli Amorphis è l’essersene usciti nel 2009 con un discone della turbomadonna come il bellissimo Skyforger, il terzo con il nuovo cantante Tomi Joutsen che, nel bene o nel male, è riuscito a dare nuova linfa creativa al combo di Helsinki. Normale che, dopo una prova del genere, un The Beginning Of Times suoni come mera accademia. Hopeless Days (alè) non convince del tutto ma incuriosisce. Il marchio dei finnici è riconoscibilissimo nelle chitarre, ma le linee vocali e le atmosfere, fin troppo cupe e remissive per gli standard di un gruppo capace di insospettabili slanci di solarità, fanno pensare a una specie di versione ipervitaminizzata degli Anathema. Toccherà scoprire quanto questo singolo (del cui lyric video potete fruire qua sotto) sia rappresentativo di quel che sarà Circle:
Il black metal è considerato il primo export culturale della Norvegia. Il secondo è indubbiamente il gotico pipparolo. Tirate quindi fuori merletti e candelabri, che sta uscendo il settimo disco dei Trail Of Tears (in calce la title-track), i quali, nel frattempo, sarebbero saltati in aria un’altra volta. Il primo split avvene nel 2004, quando tutta la band piantò in asso il cantante Ronny Thorsen, reo di aver condotto i compagni in Messico per un tour che in realtà non sarebbe stato manco organizzato. Il simpatico aneddoto è stato ritirato fuori dalla cantante, la carnosa Cathrine Paulsen, che, un paio di mesi fa aveva annunciato l’addio di Thorsen a causa di tensioni interne. A stretto giro, è arrivata la replica del frontman, che, dandole della matta e della ritardata (l’intero, costruttivo scambio di opinioni lo trovate qua, se proprio ci tenete), ha accusato la cinghialona norrena di mentire ai fan, di avergli bloccato l’accesso alla pagina facebook del gruppo (Geoff Tate fa scuola), di scoreggiare in sala prove e di aver fatto alzare lo spread di 200 punti. Si è così creata una situazione un po’ alla Queensrÿche: da una parte Cathrine e il chitarrista Bjørn, suo attuale fidanzatino, dall’altra la sezione ritmica e Thorsen, che ha rinfacciato ai due amanti diabolici la loro relazione, che avrebbe creato un’atmosfera insostenibile all’interno della band. Secondo me si volevano tutti ingroppare la cinghialona e, quando uno di loro l’ha spuntata, gli altri se la sono presa a male. Cose che accadono, nel magico mondo del gotico pipparolo.
Se trovate questo genere di musica insopportabile, sappiate che non siete i soli. Da ragazzino qualcosa mi piaciucchiava, oggi non riesco ad ascoltare più nemmeno i primi dischi dei Theatre Of Tragedy. Anzi, a dirla tutta, ‘sta roba mi fa proprio schifo. E allora perché ne parlo? Così, per cambiare argomento ogni tanto. Per rimediare, vi do il colpo di grazia con un nuovo brano dei sempre interessanti October Tide, tratto dal quarto full Tunnel Of No Light, fuori ad aprile su Pulverised. Il 5 maggio saranno headliner del Roma Obscura Fest insieme ai Negură Bunget. Ci sarà già troppo sole per queste cose ma pazienza:


ETERNAL TRAIL OF TEARS OF SORROW
(è tipo un gioco alla ruzzle, right?)
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Pure noi discutiamo di filologia romanza, ma con il bourbon sul tavolo.
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