DEFTONES – Diamond Eyes (Reprise)

Il solito nuovo disco dei Deftones: i primi ascolti lasciano perplesso, un’altra prova irrisolta, la sensazione netta che non si potrà mai tornare ai livelli “White Pony” (il miglior disco degli anni 00s?). Però bisogna insistere con gli ascolti, perché si sa che con questi il gioco vale la candela. La musica lentamente si fa assorbire. Quindi poi, poco a poco, nei momenti più inaspettati, pezzi sparsi di melodie cominciano a riaffiorare nella mente, ecco arrivare “Royal” mentre si prepara il caffè,“Rocket Skates” durante un’inutile riunione lavorativa (guns, razors, knives…), la title track mentre si fa la fila alla cassa del supermercato. Nel giro di un paio di settimane non si ascolta altro e le giornate passano anelando a tre quarti d’ora di pace nei quali finalmente sia possibile ‘fall in love with the sound’. Questi sono album che è impossibile recensire/apprezzare a cronometro, bisogna applicarsi e capire, non c’è altra maniera; quando poi è il momento giusto, si gode. Vale anche questa volta, e forse ancora di più che nelle ultime due prove in studio, (caso a sé è l’album di b-sides, vero ‘capolavoro per caso’). “Diamond Eyes” non è un disco di stacco, quanto di sintesi e maturità. I Deftones si evolvono ma restano riconoscibili, “Sextape” è anni luce da “7 Words” però è contigua con “Fireal”, forse tutta qui la chiave di un gruppo che conosciuta la notorietà con il crossover (poi degenerato in nu-metal) ha saputo andare oltre un codice che per molti si è rivelato autolimitante quando non proprio deleterio. Per la prima volta dal suo ingresso in formazione è giusto soffermarsi sulla prestazione del dj/tastierista/addetto agli effetti Frank Delgado; se, fino ad oggi, la sua presenza era stata quasi accessoria, in questa occasione il suo contributo si rivela determinante: agendo sul tessuto sonoro e sulle atmosfere aumenta l’impatto emozionale delle composizioni, ovvero di quello che è il cuore della musica della band di Sacramento. Le canzoni ovviamente esisterebbero anche senza di lui ma è suo il lavoro che oggi conferisce la personalità del sound e la cifra stilistica ultima.Tra le gemme più abbaglianti troviamo “You’ve Seen The Butcher”, “Prince”, “This Place Is Death”. Un album coinciso nella durata ma gravido di emozioni; suggestioni che corronoambivalenti sulla dualità amore/morte, sesso/violenza. Fica e coltelli. Pesante e rilassante. Come si dice in questi casi: un serio candidato a disco dell’anno. (Stefano Greco).

11 commenti

Lascia un commento