Lettera aperta ai rocchettari da Facebook

dislikeSono vari giorni che su Facebook leggo commenti iperbolici sul concerto di Bruce Springsteen. Cari amici di fb, volente o nolente sono anni che leggo i vostri post online: parlate di politica, di Obama, di Mario Monti e dell’AS Roma con molta più cognizione di causa di me. La maggior parte delle volte probabilmente sono anche d’accordo con voi, quello che non sapevo è che in voi bruciasse il sacro fuoco del rock and roll e che poteste essere in grado di spararla grossa su quale sia il più grande intrattenitore da palco di tutti i tempi e quale sia ancora oggi la valenza sociologica di un raduno intorno alla musica del Boss.
Ecco, quando vi lasciate andare a questi commenti mi fate rosicare, perché io non mi permetterei mai di essere così perentorio sul gioco praticato da Luis Enrique (o chi per lui) o sulla politica estera intrapresa dalla signora Clinton. Semplicemente me ne sto zitto e lascio parlare voi perché su queste cose ne sapete di più. Allo stesso modo però mi rode il culo a vedere i vostri giudizi saccenti, categorici e assoluti su di una roba della quale sostanzialmente non capite un cazzo.
Che poi a me Bruce il truce piace pure parecchio, mi ha traghettato dall’infanzia fino alla maturità (di ascoltatore, ovvio), ho tipo tutti i dischi fino a The Ghost Of Tom Joad anche se l’unico che ascolto oggi e ancora mi fa venire la lacrima è Nebraska (il disco della gente che sbaglia, perde tutto, uccide e scappa, quello privo di tutta quella fanfara che piace tanto a voi), ma ora non starò qui a giustificarmi perché preferisco insultarvi e basta. Voi siete quelli a cui piace il servizio di Mollica al TG1, vi piace la musica di qualità, siete quelli che vanno alle Lezioni di Rock la domenica mattina all’Auditorium. Siete il male.
Caro amico, l’ultima volta che sei stato ad un concerto è stato cinque anni fa all’Olimpico sempre per vedere Springsteen. Nel frattempo sei stato a casa, a lavorare, a leggere il giornale e crescere tuo figlio. Tutte cose belle e nobili, però ora non me la menare con il vero spirito del rock and roll che poi sono costretto a mandarti affanculo. Ho visto più volte i Doomraiser negli ultimi cinque anni che tu concerti in tutta la tua vita. In tutti questi anni non ti ho mai incontrato al Sinister Noise, non ti ho mai visto all’Init, al Frontiera, al Traffic o in qualsivoglia di questi buchi merdosi col soffitto basso e gli amplificatori gracchianti. Non ti ci ho mai visto e quindi ora non mi devi cacare il cazzo con ‘la storia’, anche perché se la storia vuol dire aver ricevuto una qualche patente di validità da un paio di critici incartapecoriti che sono arrivati al 2013 senza aver manco ascoltato i Radiohead allora meglio lasciare stare. Perché, sia chiaro, Lou Reed e Bowie erano fichi anche prima che qualcuno decidesse di indottrinare signore quarantacinquenni che una mattina si sono riscoperte  ribelli e piene di vita.
Caro amico di Facebook, questa cosa non la posso condividere direttamente con te, non mi capiresti, penseresti a me solo come ad un talebano degli Slayer che beve coppe di sangue la mattina e non come ad un tizio che sta in mega fissa per gli Arcade Fire (che infatti non sai manco chi siano, perché l’ultima cosa che ricordi dell’evo moderno sono i Red Hot Chili Peppers). Caro amico, mi piacerebbe farti capire che un concetto come ‘il migliore’ è sbagliato quando applicato a questo campo. Quando parli del r’n’r non ha senso essere il migliore, non è X-Factor, Amici o una gara in cui si assegnano voti e si elargiscono premi. Per come la vedo io, il migliore è Bon Scott. Tu pensi di essere andato al concerto ma sei stato a messa, assisti ad una liturgia che non ti permetterai mai di mettere in discussione. Tu Metallic K.O. degli Stooges non sai manco cosa è.
Sì, sono uno snob e un elitista. E tu mi stai sul cazzo.

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