Recuperone death metal 2025 – Parte 1
Impossibile non essere rapiti già al primo ascolto dal nuovo disco del duo inglese QRIXKUOR, dal titolo The Womb of the World. Le canzoni sono quattro e sono piuttosto lunghe: la più corta dura otto minuti e mezzo, e l’album intero dura 50 minuti. Ma, ripeto, la fascinazione che se ne subisce è immediata. Il loro è un death metal moderno, talvolta dissonante, accompagnato da arrangiamenti sinfonici, mai invadenti, che servono a dare risalto ad alcune melodie. La produzione è tutt’altro che pulita, come si potrebbe pensare. Il suono è cupo, cavernoso, e in parte mi ricorda i Mitochondrion, ma meno articolati. Alla lunga potrebbero mancare momenti di vero pathos, ma ciò non toglie che i Qrixkuor e il loro album siano quantomeno interessanti e meritevoli di ascolto.
I PLASMODULATED non vinceranno il premio per il disco dell’anno, ma due categorie se le aggiudicano: la copertina più fica e il titolo più lercio: An Ocean ov Putrid, Stinky, Vile, Disgusting Hell. La band viene dalla Florida e quello in questione è il loro esordio; il suono è un misto di tante cose diverse, tipo Demilich, primi Blood Incantation e tanti altri piccoli riferimenti ad altri gruppi. Ecco, il risultato è un disco nel quale si sente che i ragazzi hanno studiato e che si ascolta ben volentieri, non risultando mai noioso, tutto sommato. Questo insieme di riferimenti però è anche il suo limite: assomiglia a tante cose diverse senza però essere qualcosa di davvero personale.
I PATRISTIC sono una band italiana all’esordio, progetto di Enrico Schettino degli Hideous Divinity. Suonano un black death che ha i suoi riferimenti negli Ulcerate, nei Deathspell Omega e in quella ricerca di grandiosità epica tipica di questo genere. Niente male come esordio; la parte tecnica e compositiva è già abbondantemente matura, ma per tirar fuori qualcosa che possa emergere, e resistere, in un genere oggi come oggi molto affollato c’è bisogno di un ulteriore sforzo di personalità. Tuttavia, se il genere vi piace, sono sicuro che troverete di che godere con questo Catechesis.
Parliamo ora degli olandesi STRUCTURE, band anch’essa all’esordio. Mettiamola così: questo death funeral doom triste, vagamente atmosferico, malinconico, ma dal retrogusto un po’ dolciastro, non è propriamente la mia tazza di tè, come direbbero gli anglofoni. Devo riconoscere però che, per coloro che godono struggersi con questa musica, Heritage potrebbe essere effettivamente un discone. Lo stile parte da quello anni ’90 del trio Peaceville, ovvero My Dying Bride, Anathema e Paradise Lost, ma si sviluppa con ottime variazioni su tema. Le canzoni sono lunghe, molto melodiche, possenti ma al contempo toccanti, quasi consolatorie, e non arrivano mai a essere ripetitive e ridondanti. D’altronde dietro a questo progetto c’è Bram Bijhout, in passato membro degli Officium Triste, che la materia la conosce bene. La traccia di apertura, Will I Deserve It, potrebbe benissimo diventare un classico del genere e pure una delle migliori canzoni dell’anno.
Per concludere, ecco una vera chicca. Nel momento in cui vi sarete stufati di ascoltare le solite canzoncine di Natale, tutte con lo stesso ritmo, quello shuffle che fa subito festività, ascoltate il disco dei DEPRAVITY e riunitevi col vostro io. Bestial Possession è composto di un death metal violento, ignorante e godereccio, che mischia la vecchia scuola alla Morbid Angel con la nuova alla Decapitated. Chiudetevi in bagno, o in camera, o dove nessuno può disturbarvi, e ascoltate in cuffia, che so, Eunuch Maker o Aligned with Satan a volume talmente alto che, una volta usciti dal vostro luogo di pace, sarete diventati sordi e non riuscirete più a sentire Mariah Carey, Michael Bublé, gli Wham e tutti i soliti cantanti che resuscitano puntuali ogni dicembre. E comunque, scherzi a parte, Bestial Possession non inventerà niente di nuovo, ma quanto pesta, gente! (Luca Venturini)
