KATATONIA // EVERGREY @Alcatraz, Milano – 27.11.2025

Il 27 novembre Metal Skunk si è divisa in due. Una parte, quella intrisa di mascolinità tossica anni ’90, è andata a vedere i Sacred Steel a Erba nel tentativo di sconfiggere i nemici del vero metal. L’altra parte, quella decostruita, è andata a vedere i Katatonia all’Alcatraz, alla ricerca di qualcosa che forse non esiste più.

Io ho deciso di fare parte dei secondi, poiché non vedevo i Katatonia dal vivo dal lontano 2012, quando girarono per l’Italia e per l’Europa accompagnati da Alcest e Junius a supporto di Dead End Kings. Questa volta l’album da supportare è Nightmares As Extensione of the Waking State e di spalla ci sono i loro connazionali Evergrey e gli italiani Klogr.

Il lavoro e la necessità di nutrirmi mi impediscono, purtroppo, di arrivare in tempo per vedere questi ultimi, gruppo di Carpi che apre la serata. Anche loro probabilmente erano interessati alla promozione del loro quinto e ultimo album, Reborn, uscito quest’anno per Zeta Factory. Il genere è comunque molto in linea con la serata: una sorta di alternative metal molto melodico cantato con voce pulita. La loro tendenza è più spiccatamente radiofonica (senza che questo aggettivo abbia alcun connotato negativo) rispetto ai due gruppi svedesi che li seguiranno nella serata. In altre coordinate spaziotemporali – ovvero quindici anni fa e in un altro Paese – avrebbero probabilmente avuto tutti i crismi per finire in rotazione in radio e in TV.

Gli Evergrey, che fortunatamente riesco a godermi, hanno invece tutti i diritti di essere definiti “storici”. L’unica colpa che hanno – e che probabilmente è ciò che non gli ha permesso di raggiungere la fama di altri gruppi con una carriera altrettanto lunga e prolifica – è venire da Göteborg e non suonare melodic death metal come il resto della scena della città affacciata sul Kattegat. Io stesso ammetto di non averli mai seguiti moltissimo, più che altro perché i primi album a metà tra power e progressive non sono mai stati nelle mie corde. Tuttavia, anche loro si sono pian piano spostati verso un genere più vicino a quello dei Katatonia, pur partendo da premesse completamente diverse. Il pubblico, ad ogni modo, apprezza molto e l’Alcatraz – utilizzato per così dire “a metà”, sfruttando il palco più piccolo laterale – è già abbastanza gremito. I saluti finali sono calorosissimi e il pubblico continua ad applaudirli molto a lungo.

Tempo di un veloce cambio di scenografia e strumentazione e salgono sul palco i Katatonia. La doppietta che apre la loro esibizione mi ha improvvisamente palesato le ragioni per cui non riesco ad apprezzare appieno le loro ultime uscite – ovvero da Night is the New Day in poi, momento dopo il quale per me c’è stato un declino lento ma costante. Quando ascolti alcuni gruppi, infatti, hai la netta sensazione di capire da quale strumento sono partiti per la composizione di quella canzone. In merito ai Katatonia, si sapeva già del peso specifico quasi totale che Jonas Renkse ha sul processo creativo e compositivo della band di Stoccolma, ma ascoltando dal vivo la prima traccia, Thrice, estratta dalla loro ultima fatica, mi è apparso chiaro come tutto parta dal testo e dalla linea vocale, sulla quale vengono poi aggiunti a strati tutti gli altri strumenti. L’epifania vera si è compiuta con la seconda canzone della serata, Soil’S Song, una delle migliori tracce di The Great Cold Distance, a sua volta uno dei migliori album della fase di mezzo della loro discografia, dove un paio di riff semplici ma ben fatti fanno tutto ciò che deve essere fatto.

Altre due tracce dagli ultimi album, Rein da City Burials e Austerity da Sky Void of Stars, seguite da un’altra estratta da The Great Cold DistanceLeaders, rincarano la dose e mi fanno sembrare gli ultimi componimenti una serie disarticolata di riff senza un vero capo né una vera coda o, quando va leggermente meglio, un arpeggio pulito alternato a un breakdown distorto e artificiosamente pesante. Mi diventa così anche palese di quanto abbia influito l’allontanamento di Anders Nyström prima dal processo compositivo e poi direttamente dal gruppo; anche qui, forse ci si poteva arrivare prima, ma sbatterci la testa, vederlo coi propri occhi e sentirlo con le proprie orecchie dal vivo è sempre diverso.

La serata viene comunque salvata da qualche bella traccia sparsa qua e là, come Nephilim, annunciata come una delle loro tracce più pesanti (“do you like heavy stuff?”). Questo mi fa invece riflettere su come effettivamente Nephilim abbia un riff estremamente lento e pesante e, in questo senso, doom come non sono mai stati neanche ai loro esordi, ma come effettivamente Brave Murder Day risulti più pesante nonostante abbia a tutti gli effetti una struttura dei riff e delle canzoni niente affatto metal. Le altre canzoni che riesco ad apprezzare sono Old Heart Falls, l’unica traccia di The Fall of Hearts che riesce ad avere un certo piglio, The Longest Year e Forsaker, proposta come bis in chiusura.

L’ultimo paragrafo potrebbe far pensare a una brutta esperienza, ma non è stato del tutto così in realtà. Sicuramente però è stata una di quelle esperienze che ti fa dire “ok, mi sono divertito ma non credo lo rifarò”; l’equivalente di una sbronza presa a una festa la sera prima (e allora potevi venire a vedere i Sacred Steel, stranosessuale che non sei altro, ndbarg). Così come con la sbronza, probabilmente ci ricascherò e sicuramente non smetterò di bere per avere sboccato un pochettino una volta. Andrei per esempio molto volentieri a rivedere i Katatonia dal vivo se facessero uno di quei tour celebrativi che con altri gruppi non sopporterei ma che nel loro caso mi renderebbe molto felice – purtroppo si sono persi l’occasione dei venti anni di Viva Emptiness, ma l’anno prossimo potrebbe essere il turno di The Great Cold Distance. Se invece vi piacciono gli ultimi album del gruppo di Jonas Renkse, non rimarrete certamente delusi. (Edoardo)

Un commento

  • Avatar di nevernow

    A conti fatti sembra pìù probabile che facciano un tour in cui entri gratis se firmi una dichiarazione secondo la quale il primo disco dei Katatonia è Viva Emptiness.

    La speranza è Nyström faccia qualcosa di nuovo e nei concerti apra la mezz’oretta di parentesi Katatonia, come fanno i New Order.

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