Vattenkrafternas Spel, il gradito e impronunciabile ritorno di VINTERSORG

Non è proprio facilissimo mettere per iscritto che cosa abbia rappresentato per me la musica di Andreas Hedlund aka Vintersorg sin dal lontano 1998, quando l’appena ventenne di Skellfteå se ne uscì dal nulla con l’Ep dal nome più impronunciabile di sempre, Hedniskhjärtad, cinque brani di puro folk viking black metal con una caratteristica precisa oramai stranota: la voce. Quel cantato nasale-baritonale un po’ sgraziato che, alternato al classico screaming, incredibilmente riusciva a incastrarsi alla perfezione all’interno delle sfuriate black degli inizi, timbrica che personalmente ho sempre trovato geniale sebbene a molti abbia sempre suscitato parecchia ilarità. Soprattutto nel già citato primo Ep e nei meravigliosi Tjll Fjälls Ödemarkens Son essa si ergeva ad assoluta protagonista, a tal punto da arrivare a mettere spesso in secondo piano lo straordinario ed evocativo viking folk metal che declamava le bellezze e le asperità del profondo Nord della Svezia.

La cosa buffa è che la “normalizzazione” di questo cantato ha coinciso anche con un quasi totale cambiamento dell’artista svedese a partire da Cosmic Genesis, che resta un disco della madonna con brani da lacrime, ma all’interno del quale Andreas così de botto mette da parte miti del Nord e folk metal a favore di tematiche metafisiche e di uno stile più progressivo e sperimentale, cosa che continuerà più o meno fino a Solens Rötter. Dopo questo è il turno di un trittico di dischi un po’ ibridi (e diciamoci la verità, non proprio indimenticabili) fino ad arrivare al ritorno in pompa magna al suono degli esordi con il bellissimo Till Fjälls Del II del 2017già dal titolo tutto un programma. Di quest’ultimo non c’è una recensione sul blog: purtroppo credo sia uscito quando mi ero preso una pausa, altrimenti ne avrei parlato sicuramente.

Insomma, dopo tutto ‘sto preambolo, alla fine com’è questo nuovo, attesissimo, Vattenkrafternas Spel?  Innanzitutto cominciamo col dire che ha bisogno di molteplici ascolti per essere assorbito appieno, essendo un lavoro sicuramente meno immediato rispetto al precedente, col quale non vedo grandi similitudini. A questo proposito permettetemi un piccolo appunto su alcune opinioni che ho letto in giro, che secondo me sono stati portate un po’ fuori strada dalla copertina (peraltro bellissima) del suddetto disco: non è che esiste una regola per cui, se fai una copertina con foreste e paesaggi innevati, lo stile come per magia torna al folk-viking incontaminato di fine anni ’90, e d’altronde basta ascoltare il disco attentamente anche solo una volta per accorgersene.

Vattenktraftenas Spel infatti si può definire un’opera a 360 gradi che copre l’intero percorso creativo di Vintersorg; certamente lo stile degli esordi è presente eccome, ma si sentono parecchio anche le influenze più progressive e ragionate, alla Visions From The Spiral Generator, per intenderciTrattasi di un’opera piuttosto cerebrale alla quale è evidente che Andreas abbia lavorato sin nei minimi particolari, molto “massiccia” e piena di arrangiamenti e melodie, dove non c’è magari una hit come poteva essere la pazzesca Fjällets Mäktiga Mur dal precedente, ma tutta una serie di canzoni della durata media di 7-8 minuti di medioalto livello tra i quali spiccano le splendide Från Djupet Durnan Stider e Kräftkallan, quest’ultima forse quella che ricorda di più il precedente lavoro.

Paradossalmente sono stati proprio i due singoli di anticipazione a piacermi di meno: non brutti brani, per carità, ma esageratamente melodici e con una sovrabbondanza di coretti un po’ da osteria che ho trovato un po’ fuori luogo, e che non nego mi abbiano fatto approcciare all’ascolto completo con qualche preoccupazione. Parliamo comunque di piccole sfaccettature di un lavoro dalle atmosfere solenni e vecchia scuola che non potrà non piacere a chiunque abbia amato negli anni il percorso musicale dell’artista svedese, su questo ci metto la mano sul fuoco. (Michele Romani)

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