Avere vent’anni: OBITUARY – Frozen in Time

Il mio primo ricordo di Frozen in Time è antecedente all’uscita del disco, e si riferisce a quella data pazzesca assieme a Visceral Bleeding e Master che i cinque di Tampa tennero il 15 ottobre 2004 all’oramai defunto Transilvania Live di Reggio Emilia. L’attesa per il ritorno degli Obituary a otto anni da Back from The Dead era spasmodica; ricordo che ancora postavo sui forum metal dell’epoca e vennero tutti in massa, compresi ovviamente molti scribacchini di Metal Skunk, visto che svariati di noi si sono conosciuti proprio su quelle piattaforme.

Frozen In Time uscì qualche mese dopo, e al concerto se non sbaglio venne data l’anticipazione di un estratto dal disco (perdonatemi, non ricordo quale) che scatenò un totale pandemonio sotto il palco, segno che le premesse erano più che buone. In realtà le recensioni che lessi ai tempi furono tutte un po’ freddine, e francamente faccio fatica a spiegarmene il motivo e a capire cosa ci si aspettasse dagli Obituary dopo otto anni di silenzio.

Ci sono tutti gli ingredienti classici di un disco degli Obituary, la produzione è perfetta (per la maggior parte ovviamente Morrisound Studios, eccetto un paio di brani registrati da Mark Prator ai Pro Tools Studios), le chitarre suonano divinamente, specialmente quella di Allen West alla sua ultima esperienza col gruppo: il suo stile personalissimo e un po’ sinistro non sarebbe stato più replicato (di Santolla eviterei proprio di parlare, Kenny Andrews già meglio). Per il resto parliamo pur sempre degli Obituary, quindi non è che bisogna per forza aspettarsi molte variazioni sul tema, e di conseguenza non si può far altro che giudicare i singoli brani, che per quanto mi riguarda sono una bomba una dietro l’altra, altro che troppo corti, tutti uguali e cazzate varie: dico solo che l’intro Redneck Stomp viene ancora utilizzata oggi in apertura dei loro concerti, Insane è uno dei pezzi migliori mai scritti dagli Obituary, e sono notevolissime anche Back Inside (madò), Blindsided, Slowdeath (un po’ sullo stile di Kill For Me da World Demise, mostruosa) e On The Floor. Certo non è tutto perfetto (Denied e Stand Alone sanno un po’ di riempitivi) ma alla fine ci può anche stare, considerando il disco nella sua interezza.

Frozen in Time rimane per me il loro miglior album dopo la reunion, paragonarlo alle cose passate sarebbe ingiusto perché lì si parla proprio di storia del death metal. Un disco senza pretese in cui gli Obituary fanno gli Obituary, il che per quanto mi riguarda basta e avanza. (Michele Romani)

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