Pragmatismo olandese: trent’anni di Hate dei SINISTER

Quelle classifiche dei “100 migliori dischi [inserire genere a piacimento]” danno sempre l’impressione che la musica sia una cosa oggettiva, per la quale il canone viene stabilito da un manipolo di “esperti” che calano dall’alto i loro gusti e tanti saluti. Tali liste possono però essere interessanti soprattutto quando uno si approccia a tale genere musicale per la prima volta. Che so, senti Hammer Smashed Face da qualche parte, e vuoi approfondire; ecco che avere sottomano una lista di 100 dischi death metal torna utile.

Se prendiamo in esame questo filone, i nomi che troviamo sono per lo più (giustamente, aggiungo) gli stessi. Ma per arrivare a 100 di solito bisogna inserire anche qualche band che non sia i Morbid Angel, i Cannibal Corpsee i nomi più grossi. Ed ecco che a quel punto comincia un po’ di campanilismo. Se la lista è fatta da qualche europeo continentale troverete più gruppi continentali, appunto. Se è fatta in Gran Bretagna o negli Stati Uniti troverete più band delle parti loro. E scommetto che sulle riviste giapponesi ci saranno gli Intestine Baalism. Ebbene, nei primi 2000, anch’io avevo la mia lista di rapida consultazione per farmi una cultura, giacché avevo mancato di vivere direttamente, per motivi anagrafici, il momento di massimo successo del death. È stato così che ho scoperto i Sinister.

I Sinister nascono nei Paesi Bassi nel 1988. Dopo un paio di demo che circolano bene nell’underground, pubblicano Cross the Styx nel 1992, un debutto gagliardo, pesantemente influenzato dagli Slayer, ancora oggi citato da molti come il loro miglior lavoro. L’anno successivo arriva Diabolical Summoning, più oscuro e pesante, con strutture più articolate. Con questi due dischi la band costruisce una base importante e dimostra già di avere carattere. Nel 1995 pubblicano Hate, terzo full in quattro anni, compiendo un ulteriore passo avanti stilistico e spingendo su tutti gli elementi che li avevano caratterizzati fino a quel momento.

Hate è uno di quei dischi che meglio rappresentano il death metal europeo nella sua forma più grezza. È un lavoro intenso, costruito su riff rapidi e tecnici, una batteria quasi sempre in spinta e una voce profonda, con un growl potente e incazzato per tutta la durata. Il suono è pulito, ma non plasticoso. Si sente ogni strumento, senza perdere in impatto o aggressività. La band sa alternare momenti più veloci ad altri più cadenzati senza forzature, mantenendo sempre una buona dose di cattiveria. Brani come Awaiting the Absu, 18th Century Hellfire e To Mega Therion mostrano bene il livello tecnico e la crescita della band dall’esordio di pochi anni prima.

Nel 1995 il panorama death metal stava iniziando a cambiare. Negli Stati Uniti molte band storiche iniziarono a sperimentare o rallentarono l’attività, mentre in Svezia il suono si stava spostando verso il death melodico. In questo contesto, Hate rappresentò una scelta netta: un disco quintessenzialmente death metal, sullo stile dei Deicide e dei Cannibal Corpse, che ormai cominciava a non attirare più interesse. È un lavoro estremamente pragmatico: non cerca di essere originale a tutti i costi, ma fa quello che deve, con convinzione e caparbietà. Tornando al discorso di apertura, Hate non sarà tra i dischi più citati del genere (anche perché di solito gli viene preferito Cross the Styx) e forse la parola “capolavoro” è un po’ forte, ma merita attenzione e rispetto. Purtroppo, da qui in avanti i Sinister sarebbero diventati una band qualunque, sfornando album che vanno dal mediocre al bruttino. (Luca Venturini)

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