Cordoni, spaghetti & caproni: la rassegna stocastica dei bassisti metal italiani #1 – Andy Marchini
C’è uno strumento che è nel cuore di tanti, nel mio di sicuro: il basso. È uno strumento che ha sempre fatto parte della maggioranza degli insiemi musicali e di certo è sempre stato usato nel nostro genere. Dall’indubbia funzione ritmica, di rado appariscente, ma al tempo stesso fondamentale a livello armonico e per l’equilibrio sonoro di un brano. Ci sarebbero intere biblioteche di trattati da consultare a questo proposito, fra saggi e manuali che analizzano nel dettaglio il ruolo del basso nella musica, per cui sarebbe decisamente volgare riproporre qui ciò che potete già trovare in pubblicazioni molto più complete e autorevoli. Quindi, saltando eventuali velleità accademiche, farò quello che è meglio per tutti: portarvi esempi pratici, perché alla fine il modo migliore per capire il vero valore del basso è ascoltarlo in azione. Come avrete capito, inizia così una nuova rubrica, con il solito metodo indefinito e spontaneista che ci contraddistingue, dove io in particolare cercherò di diffondere questo semplice concetto:
IL BASSO È LO STRUMENTO PIÙ IMPORTANTE DELL’UNIVERSO.
Se non siete d’accordo con questa affermazione iperbolica, perché evidentemente non siete bassisti, né lo siete stati in passato, posso comunque tentare di condurvi attraverso una serie di esempi di artisti e musicisti che si sono espressi con il loro basso e che hanno fatto molto anche per lo sviluppo del nostro genere. Se pensiamo a personaggi famosi come Geezer Butler, Lemmy, Steve Harris, Joey Di Maio, Alex Webster o Steve Di Giorgio, vediamo che sono tutti musicisti che hanno fatto una grande differenza rispetto ad altri proprio esprimendosi con il loro basso, e non è soltanto questione di bravura o di tecnica strumentale: è anche un certo modo di accompagnare i brani, scegliere un certo tipo di suono, oppure di uscire fuori dagli schemi e ridefinire il ruolo stesso dello strumento all’interno di un gruppo.
Visto che però si rischia di navigare troppo a lungo, anche su consiglio di qualche amico che ne sa molto più di me, penso sia meglio se ci circoscriviamo la nostra indagine, per cui, in particolare, mi occuperò dei bassisti metal italiani, che con la loro arte e la loro tecnica hanno reso onore a questo strumento e anche all’heavy metal, genere nel quale i musicisti spesso hanno rotto gli schemi, usando i loro strumenti in modo innovativo, spostando avanti i confini della tecnica e della creatività. In questa storia si sono distinti molti bassisti talentuosi che sono stati capaci di suonare in modo caratteristico e unico, riuscendo così a creare un proprio stile e, contemporaneamente, forgiando quello dei gruppi in cui hanno suonato.
Tra i più rilevanti bassisti italiani che hanno contribuito all’elevazione del proprio strumento nel metal troviamo Andy Marchini. Attivo dagli anni Ottanta, è diventato famoso per essere stato fra i membri fondatori dei Sadist, uno dei gruppi nostrani che non hanno bisogno di essere presentati. Dopo i primi tempi dei demo, tra il 1992 e il 1994 ci ha svolto il doppio ruolo di bassista e cantante ed è così che il mondo l’ha conosciuto su Above the Light (1993), disco in cui i genovesi si fecero già notare per il loro elevato livello musicale e per la loro proposta innovativa. Andrea uscì dal gruppo per qualche anno e non fu presente sul secondo album Tribe (1995), per poi ritornare nel 1996 come bassista di livello decisamente superiore, grazie a un periodo di studi approfonditi e alla frequentazione di altri generi musicali. Così, quando nel 1997 uscì Crust, il terzo lavoro dei Sadist, il suo stile risultò profondamente cambiato, arricchito dall’uso di fraseggi complessi e di tecniche come lo slap, oltre ad una scelta di suono molto particolare, profondo e personale.
Proprio a partire da Crust si iniziò a distinguere la sua capacità di spaziare tra accompagnamenti aggressivi e perfettamente in linea con i momenti più death metal dei Sadist, ad altri dove diventava più variegato e creativo, particolarmente adatto alle divagazioni progressive provenienti da Tommy Talamanca. Questo stile gli sarà proprio in tutti gli album successivi e diventerà uno degli aspetti più caratteristici del gruppo genovese, nel quale il basso provvede a un accompagnamento efficacissimo e trascinante, riuscendo nel contempo a mostrarsi competente e personale. È un approccio al basso che oggi associamo quasi automaticamente a un certo tipo di metal estremo, come il tecnical death, il quale in realtà ha richiesto tempo per affermarsi: ha iniziato a sentirsi su dischi come Human (1991) dei Death ed è stato proseguito in seguito da molti altri gruppi, a partire da Disharmonic Orchestra, Cynic e Atheist, nei quali il ruolo del bassista iniziò ad ampliarsi molto rispetto alla funzione di accompagnamento, contribuendo ad aumentare l’ampiezza compositiva dei brani e rendendoli ancora più estremi per l’ascoltatore.
In un genere musicale sempre più a rischio di tecnicismi fine a sé stessi, l’arte di Marchini rimane un esempio di equilibrio tra complessità, espressività e sostanza bassistica. Oltre all’attività con i Sadist, dove il suo apporto è indubbiamente più significativo ed evidente, Andy Marchini ha collaborato con altre formazioni metal italiane, ad esempio in Weaver of Forgotten (2010) dei Dark Lunacy, gruppo death melodico, e in Rose of Jericho (2011) dei Morgana, gruppo heavy, insieme a Tommy Talamanca. In seguito alla lunga esperienza come bassista, ha anche aggiunto un’attività di insegnante del suo strumento. A titolo di esempio del suo stile si può ascoltare l’album Hyaena (2015) dei Sadist, uno dei massimi capolavori di progressive death metal mondiali e dove il lavoro di Andy Marchini è al suo apice: il basso qui è particolarmente irrequieto e sembra influenzato direttamente da bassisti fusion come Jaco Pastorius, Alfonso Johnson e, per alcuni aspetti, al funky-continuo di Francis Rocco Prestia dei Tower of Power:
A latere, per approfondire la storia dei Sadist vi consiglio di leggere il libro di Massimo Villa, Sadist – La melodia del male, Tsunami Edizioni 2022. Appuntamento alla prossima puntata, con un nuovo bassista italiano. (Stefano Mazza)




Gino Palombi unica via possibile.
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E aggiungiamo enormi complimenti alla redazione tutta. Ragazzi, che gran livello qualitativo questa avventura di Metal Skunk.
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