Celebriamo la primavera con i SAUROM (e il Piccolo Principe)
È arrivata la primavera e sono tornati pure i Saurom. Ve li ricordate, sì? Per chi non è un lettore di vecchia data, un breve ripasso: gli Immortal rappresentano l’inverno, gli Agalloch l’autunno e i Saurom la primavera. Per l’estate ci stiamo ancora pensando, forse i vecchi Karma to Burn o qualcosa del genere, ma vi faremo sapere. Ad ogni modo il gruppo andaluso è rimasto grossomodo uguale a sé stesso rispetto all’ultima volta che ne parlammo, anche nella formazione, ormai stabile da una ventina d’anni. El Principito è il loro dodicesimo album e, come si può intuire dal titolo, è un concept sul Piccolo Principe. Paura, eh?
I loro punti di forza sono sempre due: le atmosfere appunto primaverili, speranzose e insieme malinconiche, gonfie di una gioia di vivere in qualche modo ingenua e infantile; e dall’altra la voce di Miguel Franco, unica, immediatamente riconoscibile e meravigliosamente teatrale senza mai, o quasi, risultare stucchevole. Per il resto, come al solito, non c’è alcun particolare guizzo tecnico: le canzoni si strutturano sulle melodie e solo quelle ti rimangono in testa. L’ascolto in cuffia può rivelare qualche particolare inaspettato a livello di arrangiamenti, ma gli strumentisti sono praticamente intercambiabili, senza uno stile granché personale. Quel che è certo è che meriterebbero ben altra fama, e l’essere riusciti a scrivere un disco del genere dopo quasi trent’anni di carriera ne è una dimostrazione pratica.
El Principito arriva accompagnato da una batteria di ben CINQUE videoclip più due lyric video, roba che manco i Linkin Park dei tempi d’oro. Lo stile, come detto, è sempre quello, però in quest’album ci sono alcune influenze un po’ strane, che al primo ascolto (ma anche al secondo o al terzo) fanno storcere la bocca: Baobabs rimanda pesantemente ai Nightwish di Once, altrove sembra di sentire un qualche giro piratesco in stile Alestorm, El Rey que no Sabia Mandar pare un pezzo alcolico dei Korpiklaani, seppur col freno a mano tirato, e poi El Mordisco de la Serpiente sgrava in una tamarrata power metal con tanto di interventi di voce femminile in growl. Dopo qualche ascolto però ci fai l’abitudine, anche perché, a rifletterci, derive del genere non sono poi così assurde, per un gruppo come i Saurom.
Detto questo, i pezzi migliori sono quelli più immediatamente riconducibili al loro stile personale, come l’omonima, Mil Estrellas, El Vanidoso o El Aviator. Non mancano le solite ballate che sembrano canzoni di Sanremo e che però, per qualche motivo, si lasciano ascoltare; e in questo la voce di Franco ha un grande ruolo. Abbiamo quindi il sottofondo perfetto per le prime scampagnate nei campi fioriti del 2025, con annessi pic-nic e pomiciate con la fidanzatina. Se poi proprio vi fa ribrezzo l’idea di ascoltare un disco “metal” basato sul Piccolo Principe, potete sempre ritornare a sentire gli Slayer dopo aver lasciato la fidanzatina a casa. Tanto alla fine si ritorna sempre a sentire gli Slayer. (barg)


