Esco dal lavoro alle 16 in modo da arrivare all’ Alcatraz con largo anticipo, così da trovare un posto discreto dal quale innanzitutto godermi il concerto, potermi segnare le impressioni a caldo della serata e prendermi una maglietta degli Immolation prima che finiscano quelle della mia taglia, la M, ovvero quella che indossa il 90% dei maschi italiani. Passo da casa giusto il tempo di lasciare il PC di lavoro, salutare mia moglie e il cane e vado. Attraverso mezza Milano e arrivo in zona Alcatraz, parcheggio e, senza fare coda, entro in scioltezza. Avrei voluto stare esattamente sotto il palco, ma le transenne, ahimé, sono già tutte occupate, e anche le seconde file e perfino le terze, sicché vado a vedere il merch. Allo striminzito banchetto c’è un fracasso di gente, sant’iddio. Mi arrendo facilmente e me ne vado in cerca di un posto. Se è destino che io compri quella maglietta tornerò a fine concerto. Pace. Mi piazzo quindi davanti alla consolle del fonico e do uno sguardo alle varie tipologie di persone presenti: metallari attempati stile Cronos, compagnie di ragazzi e ragazze, coppie di fidanzati e poi loro: i genitori non metallari che hanno accompagnato i figli minorenni. Ce ne sono diversi. Ecco, a loro dedicherei una statua. Altroché metodo Montessori, metodo Ross Dolan.

Cominciano gli
SCHIZOPHRENIA di cui conosco poco, avendoli ascoltati solo ieri sera su Spotify. Sono autori di un thrash/death molto tirato. I belgi, il cui cantante è però italiano, fanno veramente bene il loro mestiere, e il pubblico ci mette poco a scaldarsi e a scatenarsi. Suonano canzoni fatte per divertirsi e per divertire. A metà scaletta, come ogni band di apertura che vuole accattivarsi il pubblico, propongono una cover:
Black Magic degli
Slayer. Chiamano sul palco un assonnato Rob Barrett di cui, con tutto il rispetto, non si sentiva il bisogno, secondo me. I quattro ci danno dentro talmente tanto che la presenza del chitarrista dei Cannibal è totalmente in ombra. Eseguono poi due pezzi loro e chiudono una mezz’ora di concerto fatta veramente coi controcazzi. Band da seguire. Bravi!

A questo punto inizio a palpitare perché gli
IMMOLATION sono uno dei miei gruppi preferiti di sempre e, come è noto a chiunque,
sono il miglior gruppo del mondo. Cambio palco nei tempi previsti, breve intro e attaccano con
An Act of God, dall’
ultimo disco. E si confermano ancora una volta
ingiocabili. Ross Dolan ha una voce mostruosa che, secondo me, non ha eguali nel genere, si muove, tiene il palco in maniera devastante e incita il pubblico che è ai suoi piedi. Sotto al palco si poga nonostante la notoria difficoltà dei brani della band di Yonkers nel concedere momenti adatti allo scopo. Robert Vigna ha un modo tutto suo di muoversi, come ben saprà chi li ha già visti, che esalta tutti i suoi riff contorti. Steve Shalaty suona alla grandissima trainando tutta la band e Bouks, beh, che dire, lui suona. Il set pesca più che altro dagli ultimi quattro lavori. Chiudono con
Father, you’re not a Father dall’album
Close to a World Below e
Into Everlasting Fire. Ringraziano e escono. L’unica cosa che riesco a pensare è che siano veramente il gruppo migliore del mondo. Trentasei anni di pura leggenda, poche chiacchiere e molti fatti che nello specifico vuol dire canzoni grandiose. Band della vita.

L’ Alcatraz comincia a questo punto a riempirsi molto. Ora, io i
MUNICIPAL WASTE sinceramente
non li apprezzo manco per niente, ma cercherò di essere il più obbiettivo possibile. Arrivano sul palco belli carichi,
tutti con la bandana. Sparano una dietro l’altra delle canzoni velocissime, tiratissime, sostenute dallo skank beat del batterista che penso abbia un polso destro robotico per suonare a quella velocità. Il cantante, Tony Foresta, sfoggia tutto il repertorio del manuale base del cantante metal: chiama il circle pit, bestemmia correttamente in italiano ma sbaglia a ringraziare dicendo solo
graz, perdendosi la i e la e da qualche parte, e
lancia bottigliette d’acqua in aria dopo averne bevuto appena un sorso, che manco Corey Taylor. Ricordatevi questa ultima cosa, poi più avanti capirete. Vi mentirei se vi dicessi che riconosco qualche canzone, ma il pubblico apprezza veramente tanto e sotto il palco non stanno fermi. La band sprigiona energia da tutti i pori e Tony ha un bel faccione sempre sorridente, per cui capisco che possano piacere così tanto. Io stesso a un certo punto mi ritrovo a fare air drumming. Poi mi si para davanti la specie peggiore di spettatore: quello che ciondola da destra a sinistra e viceversa, rovinando la visuale a me e ad almeno altre dieci persone. Me la faccio andare bene, tanto, insomma, a me i Municiapal Waste interessano poco. Concludono con quella che capisco essere
Born to Party (lo dice un trio di ragazzi in fianco a me). Simpatici, gran presenza scenica, impatto sonoro notevole.
Tutto sommato mi son divertito.

A questo punto l’ Alcatraz è stracolmo. Dopo il cambio palco, senza troppi complimenti, attaccano i CANNIBAL CORPSE. La gente esce pazza, giustamente. Io non so cosa aspettarmi visto che la scaletta in programma non è proprio il massimo, per i miei gusti, e gli manca Erik Rutan, povero cristo, come già avrete letto in giro per l’internet. Ecco, la combinazione di questi due elementi secondo me ha, alla lunga, reso un po’ noiosetto il concerto. L’assenza della seconda chitarra si sente, ma George Fisher ce la mette tutta e la sua prestazione è superba. Il concerto prosegue ma, dopo un po’, il trio di ragazzi in fianco a me comincia a manifestare noia. Uno alla mia sinistra comincia a giocare a poker online. Mi guardo in giro e ho come l’ impressione che molti si stiano vagamente annoiando. I Cannibal sono rodatissimi e George scherza col pubblico porgendo bottigliette d’acqua chiuse alle prime file. Ecco, notare la differenza con Tony Foresta di cui sopra. La parentesi simpatica dura poco e riattaccano. Arriva infine lei, Hammer Smashed Face, e tutti si risvegliano, si esaltano, alzano i pugni in alto a marcare la ritmica iniziale, scapocciano forsennatamente. Questa canzone sarà per sempre l’inno dei death metal.
Non perdo tempo in contemplazioni estatiche e mi dirigo a grandi falcate verso il banco del merch. È rimasta soltanto una L di quella con solo il logo degli Immolation. Va benissimo anche la large. Allora vuol dire che era veramente destino. Grazie Ross Dolan per averlo fatto avverare. (Luca Venturini)
Per la maglia L. Ti presto mia moglie per fare una lavatrice a 160 gradi. Vedrai che dopo riesci a farla indossare pure al gatto.
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Io cc’ero… E ho ancora i lovidi🤘🤘🤘🤘
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Per la cronaca il batterista dal polso robotico è Dave Witte, che penso stia nei MW solo per la pagnotta, visto che è un supereroe dello strumento che ha suonato con Discordance Axis, Melt Banana e Burnt By The Sun tra gli altri.
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A qquanto pere la mancanza di Erik se è sentita.. L’ultima volta che sono venuti in Italia era il 2017 a Trezzo ed io c’ero e posso garantirti che non c’è stato un solo secondo di annoiamento!! Poi quel tipo che di sicuro non è uno di noi (metalheadz), perché se lo fosse non si metteva a giocare a poker col cellulare 📱 🤘
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Io vvolevo esserci soprattutto per gli IMMOLATION 🤘
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