Il report dei Rammstein al Campovolo (ma avrebbero dovuto essere i Maneskin)

La storia del mio biglietto gratuito per i Rammstein è un qualcosa a metà fra la barzelletta e il fantascientifico, e pertanto merita di occupare l’intero prologo. Quanto segue non è romanzato nella benché minima parte. Una parte del racconto non è chiara neppure al sottoscritto, e al momento opportuno vi esporrò i dubbi che ho a riguardo.

Mia moglie lavora come chimico presso uno studio di ingegneri. Uno di questi ha un conoscente, o amico, che prende online due biglietti per un concerto dei Maneskin: l’idea è quella di fare un regalo alla moglie. I biglietti gli arrivano a casa e si accorge di avere scambiato i Maneskin per un gruppo tedesco di nome Rammstein. Mi è del tutto oscuro come sia stato possibile. Se li abbia scambiati per un’assonanza pressoché minima – con quella n finale poteva capitare anche ai Sabaton – o se sia stato ingannato dalle voci che volevano i Maneskin al Campovolo dopo l’incredibile successo riscosso dai Pinguini Tattici Nucleari, io questo non lo so e probabilmente non voglio saperlo. 

Il tizio tenta in qualche modo di rimediare persuadendo la moglie: non sono mica male, perché non andiamo a vederli. Presumendo che si sia incazzata come una bestia, l’ipotesi Campovolo al cospetto di codesti Rammstein tramonta. A quel punto i biglietti finiscono in mani altrui: uno va al metallaro dell’ufficio, uno che si è visto i Ramones negli anni Ottanta e che pertanto non è certo un novellino nell’ambiente delle arene e dei palazzetti. L’altro va al marito metallaro della loro collega: io. Incredulo, mi preparo all’evento in una settimana in cui mia figlia, nemica del vero metal, ha in tutte le maniere provato a trattenermi a casa manifestando un febbrone più unico che raro.

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Il Campovolo è davvero un bel posto. Per i concerti, s’intende. Tutto attorno non mi ci trasferirei nemmeno in virtù di quegli annunci comunali del tipo case a un euro. L’organizzazione ha una sola e unica falla di cui narrerò più avanti, per il resto si rasenta il concetto di impeccabile, e ritornare sull’argomento delle bottigliette che non si possono portare all’interno con la scusa dei tappino, o dell’utilità dei token, è un qualcosa che non farò oggi. Badate bene che per il sottoscritto son tutte novità: all’epoca in cui frequentavo con cadenza trimestrale concerti del genere i token non esistevano, potevi entrare con un lanciarazzi di costruzione afghana e il biglietto si aggirava sui quaranta euro.

Mi trovo in zona gialla, ossia subito dietro alla rossa, quella sotto al palco. Diciamo a metà strada fra i primi e gli ultimi. Numerose e ampie sono le zone ristorazione, e sull’immenso parcheggio inizialmente non ho alcuna riserva, ma scoprirò più avanti che ho appena detto una puttanata. È a pagamento, nonostante il costo esoso del biglietto, e un numero imprecisato di giovani steward ci accompagna alla fila libera più vicina: tutto organizzato benissimo, mi dico.

Il gruppo spalla fortunatamente me lo perdo. Suonano gli ultimi rintocchi di lagna mentre ci dirigiamo dal suddetto parcheggio all’area concerti. Si chiamano Abelard, un toccasana per uno col mio cognome, e sono due tizie casualmente bellocce che altrettanto casualmente rifanno al piano i brani dei Rammstein.

In pratica all’apertura cancelli alle 15.30, se ho capito bene, hanno cominciato a pompare a oltranza la musica dei Rammstein. Intorno alle 19.00, o più tardi, mentre la gente s’ingozzava di salamella, si sono presentate queste due in stile gli Apocalyptica senza i violini, e più tardi i tedeschi hanno suonato un set di oltre venti canzoni. Se i presenti non hanno iniziato a odiarli nel giorno in cui avrebbero dovuto amarli, è un miracolo.

Il palco dei Rammstein sembra la centrale elettrica di Piombino: lunghe e minacciose torri, fumo nerastro, uno stile minimale che evoca all’istante il termine industrial. È tutto quanto bellissimo nella sua manifesta decadenza, e la presenza di due gigantesche palle alla base dell’imponente torre centrale qualche dubbio sull’incombente non-sobrietà lo mette. E così dev’essere.

Scendono giù per la torre su un montacarichi e attaccano con una canzone che riservano alle scalette dal vivo, Ramm 4, ritornello inedito e testo che è un collage dei loro titoli più celebrati. Poi Links 2, 3, 4 e io, che non li vedevo dal vivo da due decenni, quasi ho i lucciconi agli occhi.

I suoni sono pressoché perfetti: limpidi, potenti, dai volumi giusti e con una bellissima batteria. Keine Lust ci presenta le uniche imperfezioni sonore con i bassi che fanno vibrare tutto quanto per qualche istante. Il trio SehnsuchtAsche Zu AscheMein Herz Brennt rispolvera tre classiconi dai primi tre capolavori. Il calo fisiologico arriva subito dopo con Wiener Blut e Puppe che, oggi, proprio non mi prendono.

Il pubblico c’è e non c’è: canta a menadito i ritornelli, ovvero mente spudoratamente circa le proprie conoscenze della lingua tedesca, e partecipa in maniera attiva all’alternarsi delle canzoni. Ma è oggettivamente un po’ fermo e non l’avrebbe smosso neanche una Feuer Frei!, l’avessero mai fatta. Io li capisco: tornate sopra di qualche riga e leggerete di nuovo che ‘sta gente si sentiva la musica dei Rammstein in tutte le salse da metà pomeriggio.

Rifletto e stabilisco che il concerto dei Rammstein è pensato per accontentare coloro che stanno distanti dal palco: due monitor verticali laterali per i più sfortunati nella zona rossa, e uno centrale che alternerà le immagini dal palco al logo cruciforme; luci mutevoli e spettacoli pirotecnici che variano canzone dopo canzone; una scenografia in costante evoluzione impreziosita dalle gag e dalla maestria con cui i tedeschi sanno anche prendersi delle pause, incendiando il tastierista col lanciafiamme o giocherellando con una action cam. Christian Lorenz sta sul tapis roulant, Richard Kruspe e Christoph Schneider sono invecchiati benissimo mentre Till Lindemann si è arreso ed è completamente imbiancato: è anche il membro più anziano del gruppo, di anni sessantuno.

Mi rendo conto di quanto sia bella la title track di Zeit, già un classico. Radio, dal penultimo album, rende meglio dal vivo che su disco, poiché acquista potenza, mentre Auslander fa un po’ il processo inverso. Du Hast vent’anni fa mi fece l’effetto della canzone più attesa, oggi quello della canzone che tanto avrebbero fatto per forza: ed è giusto così. Sonne i lucciconi agli occhi presagiti a inizio scaletta li fa apparire davvero.

Le pause non sono sempre gestite bene. Richard Kruspe sale sulla torre e remixa Deutschland, anticipando a tutti gli effetti il brano vero e proprio che sarà eseguito in seconda battuta: sembra d’essere a un concerto dei Daft Punk e il brodo si allunga a dismisura. Poi tocca alle imprescindibili Abelard che stuprano Engel: non sarà eseguita in seconda battuta come Deutschland ed è un male. Perché i Rammstein si portino in tour queste due è perfettamente comprensibile: è tutta pubblicità, non è un gruppo spalla che all’occasione potrà farti sfigurare, poiché esegue la tua stessa musica ammosciata del 500%, e quel verro di Till Lindemann ci avrà fatto un pensierino ancor prima di sapere che esistevano.

La pausa che è gestita a meraviglia è quella in cui, a ridosso dell’encore, la regia comincia a inquadrare soggetti isolati nel pubblico: il 20-25% delle donne esce clamorosamente le tette, suscitando boati tali e quali a quelli di San Siro su un gol di Stefano Eranio da sessanta metri. Il pubblico presente comincia a desiderare lenitivi impacchi di latte materno o, in alternativa, il soffocamento con la faccia schiacciata su quella materia soffice, calda e grassa. Alcune coppie sposate si separano, stabilendo in loco chi terrà lo scooter e chi potrà vedere la figlia in quali giorni della settimana. Le tette si prendono il maxischermo di Campovolo. Inquadrati, alcuni maschi single tentano di sdrammatizzare alzando la maglietta pure loro. Nessuno li fischia e nessuna li cincischia. I capezzoli hanno il predominio totale sulla regione Emilia Romagna. Palazzuolo sul Senio viene finalmente annessa, in virtù della riproduzione fisica del videoclip di Dicke Titten, in una sorta di morboso e blasfemo Presepio fuori stagione. Le panne cotte nei frigoriferi dell’area ristorazione iniziano autonomamente a ballare e esplodono sul vetro come in Poltergeist.

Si somma a tutto questo il fatto che i Rammstein debbono ancora eseguire Pussy e inondare le prime file col cannone fallico. Badate bene: le persone non perdono la ragione in questa turbolenta mezz’ora a carattere ormonale. Lo faranno più tardi, nel parcheggio.

Comincio a incamminarmi in direzione dello stesso subito dopo l’esecuzione – aggiungo, magistrale – del classico Ich Will da Mutter. Mancano all’appello poche canzoni che avrei voluto sentire a tutti i costi: Benzin, Mann Gegen Mann, Haifisch e quella divertente coglionata di Amerika. Chiudono tuttavia con Rammstein o almeno mi pare di capire che è lei, mentre guadagno metri in direzione dell’uscita e un temporale pare venire addosso al palco, come per restituirgli l’energia sprigionata.

A mezzanotte in punto sono alla macchina insieme al collega di mia moglie. Si sono formate otto o dieci file di automobili che confluiscono in due uscite dal primo settore, che, a loro volta, confluiranno in un unico accesso alla strada. O almeno dal mio punto d’osservazione, al buio, l’ho dedotta così. Gli steward sono scomparsi. Le code non scorrono nella maniera più totale e un elicottero sorvola la zona per rendicontare la viabilità. All’una e mezzo ci troviamo ancora nello stesso e identico punto e suggerisco di cambiare fila, perché ce n’è una che pare assottigliarsi.

In un attimo, e non grazie alla mia deduzione, arriviamo alla confluenza di quattro o cinque rigagnoli d’automobili in una delle due uscite dall’area “calda”, quella i cui abitacoli si sono riempiti di gente che si è messa a dormire o ad ascoltare gli Amon Amarth a tutto volume per ore, scaricando le batterie.

E vedo questo.

Quattro tizi senza pettorina da steward, in pantaloncini corti e anfibi, all’apparenza ma non con certezza quattro spettatori del concerto, si sono messi a dare una mano e gestiscono in autonomia l’uscita e l’alternanza del flusso delle quattro o cinque file spettanti. È esclusivamente grazie a quei quattro se, dopo un’ora e cinquanta minuti di bestemmie, siamo usciti di lì e abbiamo potuto abbracciare l’asfalto in direzione del Modenese, e poi dell’autostrada del Sole. E non ho la benché minima idea di chi siano, ma, al novanta per cento, non erano dello staff. Non c’era più nessuno dello staff ammirato all’andata – peraltro giovanissimi e riconoscibilissimi – ad occuparsi del parcheggio, e le volanti delle forze dell’ordine sfrecciavano in strada senza che nessuno avesse preso posizione all’uscita del parcheggio per dirigere sensatamente tutto quell’acerrimo baccano: con quattro presunti volontari ce ne siamo tornati a casa.

Alle tre e cinquanta ero a Firenze, con un viaggio di ritorno estenuante sul groppone, e la memoria di un grandissimo concerto firmato da un gruppo che è assoluta garanzia e che da trent’anni fonda il suo successo sulle stesse e identiche sei persone: Lindemann, Kruspe, Landers, Riedel, Lorenz e Schneider. Grazie Maneskin, per questa volta e per questa soltanto. (Marco Belardi)

16 commenti

  • Avatar di Cattivone

    Bellissimo report, adesso aspettiamo quello dei Måneskin.

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  • Avatar di Amedeo Zitti

    ho rivissuto il concerto una seconda volta. Grazie per questa stupenda descrizione. Hai vissuto tutto esattamente come l’ho vissuto io. Utilizzerò questo testo per descrivere il concerto agli amici nei prossimi giorni. Sei riuscito a lenire i sentimenti di odio per l’ultima ora e mezza in quel parcheggio. Se sei fra quelli a cui ho dovuto tagliare la strada me ne scuso. Ma era diventato un tutto contro tutti. I tizi che dirigevano il traffico erano palesemente ubriachi quindi non parte delle staff certamente 😂 ma una volta li li ho ringraziati di cuore. Hanno apprezzato.

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  • Avatar di Valerie Combi

    Io e il mio fidanzato nella feuerzone neanche ci siamo accorti che le Abelard suonavano dietro di noi, col dovuto rispetto. 4 persone le applaudivano, seppur comunque brave.. ED ENGEL CHE ERA LA CANZONE CHE AVREI VOLUTO SENTIRE TANTISSIMO DAL VIVO NON NE HO ANCORA COMPRESO IL PERCHÉ. Delusissima……..

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  • Avatar di Alessandro

    Se in zona gialla il pubblico era “fermo” era probabilmente dovuto al caldo ed alla ressa più che ad una presunta assuefazione, giacchè nel settore arancione i mosh pit spuntavano in maniera piú o meno regolare e spontanea, animati da giovani e meno giovani.

    Di brodo allungato non ne ho visto, né ho sentito chicchessia lamentarsi per il protrarsi dello spettacolo. Non era un festival, (il ruolo delle Abélard si é rivelato essere introduttivo e non aspirava adnessere un “gruppo spalla” vero e proprio, ed i 40 minuti circa di esibizione sarebbero stati piacevolissimi se non ci fosse stato tutto ilmfermentonche c’era per il “main act”) ed uno spettacolo di due ore e spiccioli é esattamente quello che ci si auspica da una band che si esibisce, de facto, in solitaria.

    Piccolo inciso: non riesco ad immaginare un solo gruppo che avrebbe potuto supportare i Rammstein senza fallire miseramente nell’intento di scaldare il pubblico. Sarebbe stata fuori luogo qualsiasi altra band. La gente era lì per i Rammstein ed i Rammstein solamente.

    Un’ultima considerazione va al fatto che ci si sia dilungati sull’argomento mammario tralasciando quello che, a mio avviso, é piú genericamente caratterizzante del popolo metal, e cioé la goliardia. Quella degli uomini che “escono le tette” ma ancor di più quella di chi si porta la marionetta (un papero?) ed il pupazzo di Kermit col quale verrà diretto il boato del pubblico durante la pausa. L’ho trovato molto più suggestivo e rilevante, ai fini di cronaca, ma sono punti di vista.

    Essendomi risparmiato i 25€ per il parcheggio “organizzato”, a fronte di 25 minuti di passeggiata, non posso che felicitarmi della mia scelta.

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  • Avatar di RM

    Per dovere di cronaca, per chi non avesse vissuto gli anni che furono o per chi magari nel frattempo non ha più ricordi nitidi, è sempre bene ricordare che il mondo sonoro ante 1994 – in questo specifico contesto – aveva già partorito Ministry, Godflesh, Die Krupps, Laibach, Pitch Shifter, Skinny Puppy, Swamp Terrorists, Einsturzende Neubauten, Die Krupps, KMFDM, Suicide, The Young Gods, Nine Inch Nails, Treponem Pal, ecc., ecc., ecc.. Poi si può parlare di chi venne dopo, esplicitamente debitore nei confronti di tutti questi signori.

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  • Avatar di PT

    Il concerto è stato tecnicamente già commentato e sono d’accordo: uno spettacolo imperdibile. Io nella fruerzone mi sono divertito parecchio, anche nel contemplare con affetto e simpatia la grande ‘varietà’ umana presente! Grandissimi Rammstein!!!

    Del parcheggio è già stato detto… ma non posso non commentare: una grande fregatura! Dopo averlo prenotato online il giorno prima (25 euro…. 25 EURO!!) e aver trovato posto, con mia grande soddisfazione giungo a destinazione piuttosto agevolmente e vedo davanti a me un enorme campo dove parcheggiare. Entrata veloce, tanti steward, buona assistenza… di cui sono rimasto piacevolmente colpito, essendo la mia prima volta al Campovolo.

    Ci inchiamminiamo verso l’arena RCF apprezzando l’organizzazione.

    Dopo il concerto: deflusso a piedi ‘regolare’, piuttosto veloce (non so se qualcuno è stato e ricorda il ‘dopo concerto’ di Bruce Springsteen a Ferrara nel 2023…).

    Saliamo agevolmente l’auto, e civilmente, come tutti i presenti in quell’area, tentiamo di creare una colonna….

    Da qui parte il dramma: 2h…. 2 ore… DUE ORE fermi!! Fermi vuol dire fermi. Immobili.

    Qualcuno, preso dalla disperazione o da visioni mistiche inizia a disegnare traiettorie improbabili e colonne d’auto alternative…

    Dopo 2h (DUE ORE), magicamente la colonna si muove… in pochi minuti raggiungiamo un cancello che divideva il primo e il secondo settore dove vediamo dei simpatici ragazzotti molto allegri a petto nudo che ‘dirigono’ il traffico, o comunque probabilmente lo avevano ‘gestito’ nel deflusso dei due settori.

    In pochi minuti raggiungiamo la strada, attraversando il primo settore che era già completamente vuoto!

    Steward volatilizzati!!! Gestione deflusso zero! E lasciata a quattro simpatici avventori di cui nutro qualche dubbio sulle capacità cognitive e orientamento spazio-tempo in quel momento.

    C’è un film che si intitola ‘Prendi i soldi e scappa’… ecco.

    Prendi 25 euro e… “Adieu, Goodye, Auf Wiedersehen…’, anche i buoni Rammstein lo avevano preannunciato poco prima.

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  • Avatar di Michele

    ero nel gruppo di ragazzi che “gestiva” traffico al cancello(quello con la divisa della lidl, tanto per intenderci) ero parcheggiato praticamente di fianco all’uscita, ma reduce di esperienze simili sapevo di dovermi mettere il cuore in pace e aspettare.

    i quattro ragazzi lo ho conosciuti prima del concerto, erano nel posteggio di fianco al mio, e quello a petto nudo aveva già li iniziato a dirigere auto per divertimento, non sapendo ancora cosa lo aspettava la sera stessa.

    Da persona che ha partecipato solo successivamente in maniera attiva, posso dire tranquillamente che senza di loro probabilmente saremmo ancora tutti bloccati in quel prato.

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    • Avatar di Marco Belardi

      Da parte mia posso solo dirvi grazie, la prossima volta credo parcheggerò a un paio di chilometri. Era un pezzo che non capitavo a eventi del genere e ho peccato di inesperienza in un certo senso

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  • Avatar di Ste Nic

    Chi è la ragazza tettuta a metà articolo?

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  • Avatar di Daniele

    Sono di Reggio ma vivo da un’altra parte. Da metallaro vecchia scuola e da Reggiano sono orgoglioso che finalmente la mia città possa ospitare concerti come questo e come quello a cui ho portato mio figlio (AC/Dc).

    Molto meno orgoglioso di sentire cose come quella del parcheggio che capisco benissimo perché l’ho vista succedere ( io ero in bici con mio figlio ma perché i miei stanno ancora lì quindi sono un privilegiato). Mi dispiace e mi fa incazzare poi vedere sulla stampa locale di Reggio articoli come questo: https://www.reggionline.com/nessun-problema-uscita-reggio-emilia-fan-dei-rammstein/
    che palesemente raccontano un sacco di balle…. Mi spiace.

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    • Avatar di trainspotting

      In realtà dice la verità:

      “Il concerto è iniziato alle 21 ed è terminato intorno alle 23.30. Positivo il deflusso: entro le 2 tutte le macchine avevano lasciato i parcheggi ”

      Il problema semmai è che per lui uscire dal parcheggio dopo due ore e mezzo è “positivo”

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  • Avatar di lucaciuti

    credo che la memoria dei grandi concerti non restituisca mai il ricordo di un deflusso rapido, dai vecchi Monsters Of Rock agli AC/DC.

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