L’immobilismo è la parola d’ordine del metallo moderno

Abbiamo pubblicato nei giorni scorsi la recensione dell’ultimo dei Witherfall, Sounds of the Forgotten. Non dovendone scrivere alcunché, direi che all’album mi sono dedicato fra il poco e il niente: un paio d’ascolti distratti, con una bassa soglia di coinvolgimento. Non posso però affermare che lo trovassi brutto.

Eppure nei giorni a seguire mi sono soffermato a riflettere, e non poco, su cosa mancasse a Sounds of the Forgotten o più in generale ai Witherfall e ai gruppi metal delle presenti generazioni. Ho avuto una settimana a dir poco caotica: riunioni sulla fotografia, la temuta festa di fine anno all’asilo, un ventenne che mi ha sfasciato il retro dell’automobile tamponandomi. Nonostante tutto questo, continuavo a riflettere sulla questione in oggetto, in attesa d’afferrare il cosiddetto tassello mancante. Perché, anche se i Witherfall pubblicano un quarto album tutto sommato accettabile, a me non frega niente? Poiché, debbo aggiungerlo, tirando le somme i Witherfall li considero uno dei migliori gruppi metal odierni, certamente secondi ai Vulture, difficilmente terzi a qualcuno.

La risposta me l’hanno in fretta e furia fornita gli Evile, non appena ho rimesso su il loro ultimo album The Unknown.

Dovete sapere una cosa: del metal degli anni Duemila ascolto tantissime cose, ma alla fine non rimetto su quasi niente. È un discorso di longevità ed accatastamento seriale di uscite discografiche che non mi va nemmeno di approfondire, altrimenti finisco fuori tema. Mi dilungo, e Roberto me lo fa giustamente notare.

Ho riascoltato The Unknown degli Evile per il semplice fatto che era differente dagli altri, e oggi nessun gruppo manifesta la volontà di cambiare anche una sola virgola. Neppure nell’arco temporale in cui si pubblicano cinque o sei dischi, nei casi peggiori. The Unknown non scimmiotta i vecchi Metallica bensì i Metallica del cambiamento, quelli del 1991. Non è un album bellissimo, ma l’ho in un certo senso apprezzato e assimilato.

Il punto di forza di The Unknown risiede nel fatto che un gruppo che detiene zero idee ha virato rotta all’improvviso. È quello il tassello mancante.

I gruppi di oggi, cari miei, non sono in grado di improvvisare e tanto meno stabilire a tavolino un percorso. Partono e fanno il verso a qualcuno – e nel 2002 avrei pagato per una scena come questa! – e finiscono producendo grossomodo lo stesso e identico album inciso agli esordi. Non c’è un percorso evolutivo che li vede realizzare il loro disco più melodico, più veloce, più tecnico, più sputtanante. È tutta una comfort zone da cui decidono di non uscire mai.

Si nominano tanto spesso i Nevermore, specie ora in relazione a Ghost Ship Octavius, Communic, Silver Talon e appunto Witherfall. I Nevermore, benché su questo blog non trovino il favore della corrente maggioritaria – ingrati, branco di maiali oltre che di merde – nell’arco temporale che separava The Politics of Ecstasy da Dead Heart in a Dead World hanno cambiato tutto quel che potevano cambiare. Non li hanno uccisi i soli demoni interiori di Warrel Dane, a mio parere li ha uccisi la loro comfort zone, in cui sono sprofondati un attimo dopo Enemies of Reality o proprio a partire da quello.

Ecco il problema dei gruppi odierni: nascono pronti e il loro primo album è un signor album, magari proprio Nocturnes and Requiems. Il secondo lo fanno addirittura meglio, ma sostanzialmente è la stessa cosa. Poi cessano di esistere quanto a idee, e mescolano in parti equali le componenti tipiche del loro suono, fondendole assieme in un insensato calderone. Oggi così fan tutti, gruppi di ventenni che sembrano più pronti dei trentacinquenni di un tempo, magari alla mercé di un manager o di una casa discografica; e gruppi di trentacinquenni che ritroviamo ancora stabilmente sulla stessa mattonella, a non sapere esattamente che cazzo fare della propria musica e della propria carriera. E accade anche ai migliori. (Marco Belardi)

21 commenti

  • Avatar di weareblind

    Verissimo. È un problema? Per me no, per esempio. E va considerato che l’heavy metal ha 55 anni, ha prodotto decine di sotto generi, ha provato di tutto.

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  • Avatar di Simone Amerio

    premesso che capisco lo sbattimento e rompimento di gonadi per la festa di fine anno di asilo/scuola materna (cui penso di presentarmi con la maglietta degli Emperor per scovare padri che ascoltano metallo), la colpa è anche del metallaro medio. Quante volte i fans si sono incazzati per un cambio di rotta della loro band preferita? E non solo per il famigerato Black Album (in quel caso lo sdegno era necessario ed inevitabile) ma mi vengono in mente decine di esempi, dai Dimmu agli Slayer alla prima rivoluzione dei Darkthrone. Molti vogliono lo stesso identico album per poi applaudire in sede live ai vecchi successi. Quindi chi glielo fa fare alle nuove leve di sbattersi?

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    • Avatar di Peacesells92

      Completamente in disaccordo, per me il problema è che la “heaviness” del suono ormai è più importante della figaggine dei riff di chitarra. Anzi in parecchi pezzi i riff servono solo ad accompagnare la voce, a quanto sembra. Per il resto se ti piace il metal alla Load sicuramente ne troverai se lo cerchi.

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      • Avatar di Simone Amerio

        Load mi piace più del black album perché, per assurdo, lo trovo più sincero del black album. Così come per assurdo preferisco un St. Anger a quella cagata con la copertina del Borussia Dortmund.
        Poi sui riff posso anche darti ragione, ma quanti decenni sono che tirano fuori riff?

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  • Avatar di Federico

    “Sono completamente d’accordo a metà col mister” (Cit.).
    Tutto vero, ma anche tutto vero quello che dice il buon weareblind poco sopra.
    Secondo me il problema dell’ultimo dei Witherfall e di tutta una pletora di band è la mancanza d’anima.Ricordo quando i Dark Tranquillity dichiararono in un’intervista che registrare Skydancer era stato un’esperienza mistica perché, fondamentalmente, era al di sopra delle loro possibilità. Ma erano guidati da una forza e da una motivazione non comune. Che poi è quello che rende un’opera d’arte appassionante.
    I gruppi odierni, molto preparati tecnicamente, possono permettersi di fare ciò che gli pare con gli strumenti e finiscono per girare in tondo sulla mattonella dove vogliono stare o poco vicino.
    Potrei dilungarmi, ma andrei fuori tema.

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    • Avatar di TheTraitor

      Ma se di guardano le uscite discografiche non ci si può aspettare altro. Le band sono costrette ad essere pronte appena nate perché la qualità ormai è altissima ovunque, chi cerca un contratto deve proporre qualcosa di vendibile e cosa vende meglio della comfort zone dell’ ascoltatore medio? Ovvio che Napalm, Nuclear Blast e compagnia bella ( ma anche tante etichette minori) producano montagne di spazzatura da operazione nostalgia, tutto a discapito degli artisti e degli ascoltatori che si trovano volenti o nolenti nella spirale dell’ immobilismo e della stagnazione. Poi un giorno salta fuori il gruppo semisconosciuto che “rompe con gli stilemi consolidati” e tutti dietro, così il ciclo ricomincia e nel giro di un anno c’è un nuovo sottogenere da sfruttare. Le band con l’anima ci sono, ma non riempiono i locali (magari nel loro giro, se sono fortunati) e non fanno guadagnare le etichette.

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  • Maurizio Cavagna
    Avatar di Maurizio Cavagna

    Il problema è che bisogna inventarsi cose nuove si,ma vecchie. Il sound di Appetite, di Defenders, di Ride the lightning, di Overkill. In breve,bisogna spaccare batterie,bassi e chitarre. È la fame che manca.

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  • Avatar di Franco

    Mah, è abbastanza ovvio. Troppo tempo dedicato alla digitalizzazione e alle metriche tanto da divenire elettronica e poco dedicato alla stesura delle song. Quello che ha perso il metal oggi è l’essenza stessa. Immediatezza istintivita’, emozionalita’ del suono semplice. Se si ingloba ogni strumento in un unica frequenza avrai un omogeneità tale da poter essere digerito da chiunque, ma avrai essenzialmente dell’elettronica..piu’ campionamenti, meno umanità, piu’ metriche perfette meno istinto e di conseguenza, gli irruenti cambi di tensione emotiva che regalava il metal e solo il metal..amen. Non è un caso che ancora ci sia gente del metal che ascolti album degli’80.. potremo dire lo stesso di gente che nel 2050 si ascoltera’ gruppi del 2020? ..nn penso proprio.

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  • Avatar di Luigi

    Semplicemente l’ascoltatore metal predilige sentire dalle band sempre lo stesso suono o poco più, se sperimenti storcono il naso. Nasci in un modo? devi rimanere più o meno così.

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  • Claudio Luciani
    Avatar di Claudio Luciani

    a occhio e croce mi pare di poter dire che nel metal, tra il 1976 e diciamo il 2006, sia stato codificato tutto il codificabile e francamente è difficile essere originali e magari “uscire dalla comfort zone”. Il problema è paradigmatico, per dirla con K.Popper: agli albori di un movimento di qualche tipo è abbastanza immediato poterne individuare canali da sviluppare. Penso al tragitto dalla canzone “death metal” dell’album “Seven churches” fino “the sound of perseverance”. Il problema, o la “grande difficoltà”, insorge quando il paradigma è saturo. Lì ci vorrebbe un salto stilistico, ovvero pensare a qualcosa a cui non si è pensato prima. Se era “facile” farlo in termini evidenti come la velocità, la brutalità, l’atmosfera etc, oggi ci vorrebbe un lavoro specifico per individuarne almeno degli altri. Non dico che sia impossibile, ma dico che non sia per tutti, trattandosi di un lavoro prettamente intellettuale su aspetti -diciamo- non percepibili ad occhio o intuito. Intendo dire che dopo un Newton, possiamo avere molti von Braun, ma per guardare oltre serve un Einstein che riconcepisca il concerto di gravitazione. Così come poi serve uno che concepisca la gravità in termini quantistici e da lì generi una teoria consistente e pertanto applicabile. Esattamente come per questi passaggi che vanno aumentando il livello di dettaglio dell’informazione, e dunque la difficoltà di trattazione, nel panorama metal accade la stessa dinamica. Ormai il trash, il death o quant’altro possono farli tutti, tanto più che oggi un ragazzo di 14/15 anni si trova di fronte a complete discografie-bibbia da cui attingere ed imparare, che non erano a disposizione dei pionieri che quei generi li hanno ideati e sviluppati attraverso piccoli ma significativi e continui passi. Serve immaginare oltre, e per questo ci vogliono le persone giuste, che si fanno rare. L’heavy metal, come tutta la musica, merita una dignità gnoseologica, piuttosto che la sola venerazione di un branco di ragazzi invecchiati.

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  • Avatar di fabio rossi

    Oggi ,con questo dannato streaming, la gente ha una quantità illimitata di musica a poca spesa e non si mette ad ascoltare intere discografie.Chi fa musica  rispetta il contratto discografico,ma non si spreme le meningi per un disco interessante dall’ inizio alla fine.

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  • Avatar di Bacc0

    Io non credo sia un caso che la spinta creativa nel metal si sia fermata in concomitanza del collasso del mercato discografico, nei primi duemila. Penso che molto dipendesse dalla voglia di crearsi un proprio spazio, differenziarsi dal passato anche prossimo e cercare nuovi mercati. I trend duravano mediamente cinque anni, dopodiché diventavano archeologia, un disco del 1988 molto spesso nel 1995 era considerato acqua passata. Trent’anni fa non era pensabile che esistessero eserciti di band cloni dei Sabbath per dire. C’erano i Cathedral certo, ma lo facevano a modo loro.i Saint Virus ce li cagavamo in quattro gatti, era roba che sapeva di vecchio e nessuno ne voleva sapere fondamentalmente. Una volta che ci si è accorti che questi mercati nuovi non c’erano più o erano chimere, più o meno quando i Paradise Lost si sono suicidati con il pur bellissimo Host, il metal ha cominciato a ripiegarsi su se stesso. Poi sono arrivati i gruppi retrò, il cosplay metal, i dischi storici risuonati dal vivo per intero, reincisi, la masturbazione ossessiva. Le case discografiche non hanno più sganciato picci per le produzioni, tanto c’è il programmino del cazzo sul pc. I produttori stessi si stanno estinguendo e via, avanti con dischi tutti uguali, piatti e fatti in serie che tanto alla gente van bene così. Tanta della merda che esce oggigiorno viene spacciata per oro, salvo poi finire nel dimenticatoio la settimana dopo. E di autentica merda devo dire che ho letto lodi sperticate pure qua. Poi ci sono i Witherfall, onesti artigiani del copia e incolla. Anche gradevoli ma dubito che tra due decenni ci sarà qualcuno interessato a celebrare il ventennale di Nocturnes and Requiems.

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    • Avatar di Luigi

      Credo un buon 95% del metal nato dopo il 2000 nel 2050 sarà dimenticato, paradossalmente ci sarà roba più vecchia di cui se ne parlerà ancora.

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  • Avatar di Fucktotum

    Diciamo che un terzo della roba che esce é inutile,un altro terzo fa cagare.Il resto sono ristampe e qualcosa di buono.

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    • Avatar di Luigi

      Non è più il periodo storico del metal, i tempi odierni non c’entrano nulla col metal e secondo me ormai non c’è più nulla da dire (forse qualche piccola sfumatura è rimasta).
      Azzardo anche a dire che molti dei musicisti metal moderni fanno metal perchè nel pop o nel rap/trap non avrebbero possibilità, come seconda scelta perchè vedono un mercato più facile da raggiungere.

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  • Avatar di nxero

    Tutto vero. Comunque resta chiaro che diventa sempre più difficile trovare qualcosa di nuovo da dire… comunque per cose fighe chiedere agli High on fire, l’ultimo vero gruppo metal degno di questo nome.
    Detto questo forrtunatamente alcuni generi limitrofi vanno alla grande. Pensate ai Messa nei quali l’evoluzione è assolutamente evidente, agli Stormo, alla scena noise rock tipo LLeroy, Carmona Retusa, Turin horse o Strebla. Io mi son sempre guardato in giro e fortunatamente le soddisfazioni non mancano, soprattutto in Italia.

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  • Avatar di spaceorochi

    Paradossalmente per salvare il metallo, dobbiamo farlo quasi morire. Dovrebbe rimanere solo chi è affamato e motivato. E poi serve un nemico forte e oppressivo, come fu la religione. Sembra un ragionamento del cazzo, ma pensateci. Detta così, il futuro è nelle scene metal dei Paesi in via di sviluppo, meglio se sotto dittatura islamica fondamentalista.

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    • Avatar di Simone Amerio

      per assurdo alcune delle cose migliori negli ultimi anni sono uscite in Asia o in Africa.

      E sì, rispetto molto di più i Wrust coi loro cappelli da cowboys che l’ennesimo gruppo clone della scena thrash tedesca ottantiana

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  • Davide Terranova
    Avatar di Davide Terranova

    Io ho scoperto gli Amenra di recente e gli Ufomammut 1 anno fa.

    A me danno dipendenza, soprattutto i primi…

    Gli “Ufi” vado a vederli sabato sera qui a Torino.

    Detto tra noi, ‘tutto il resto è noia’😂✌️

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  • Avatar di ipercubo

    Le solitecazzate di chi non ha voglia di cercare.

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